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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XVI DOMENICA PER ANNUM (A)
18 luglio 1999

Domenica scorsa, colla parabola del seminatore, Gesù ha cominciato, a narrare la sorte che tocca al suo Vangelo annunciato all’uomo, la storia della sua proposta di vita quando viene ascoltata dagli uomini.

La pagina del Vangelo di oggi suppone dunque che l’annuncio evangelico sia già avvenuto dentro al mondo, e si chiede: in quale condizione viene a trovarsi dentro alla storia ed alla società degli uomini? E risponde con tre parabole: una più sviluppata, le altre due più brevi.

1. "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon grano nel suo campo". Se avete seguito attentamente, avrete notato che la parabola di Gesù si basa su una serie di antitesi: il proprietario del campo ed il suo avversario, il grano e la gramigna, il tempo presente della semina dei due e il tempo futuro della mietitura, infine il granaio dove finisce il grano e il fuoco dove è bruciata la gramigna.

Attraverso questo procedimento letterario, il Signore ci guida ad una precisa comprensione della storia umana. Essa è come un tessuto intrecciato da tre libertà: la libertà del Padre che in Cristo propone all’uomo il suo progetto di salvezza: la libertà del Satana che menzognero ed omicida fin dal principio propone all’uomo il suo contro-progetto; la libertà dell’uomo che è chiamata a rispondere alla proposta evangelica e alla contro-proposta satanica. La storia umana è dunque una vicenda drammatica [non comica! non tragica!] narrata e rappresentata da tre attori: Cristo, Satana, l’uomo.

Quale è il "luogo" in cui queste tre libertà si incrociano? Il "palcoscenico" in cui questo dramma viene recitato? Leggendo con molta attenzione la pagina evangelica, possiamo dire- almeno a prima vista – che sono tre.

E’ il cuore di ciascuno di noi: il cuore di ciascuno di noi è abitato dalla luce del Cristo "che illumina ogni uomo" ed è sollecitato dalle suggestioni e dall’inganno della propria concupiscenza, del mondo in cui vive, e dalle tentazioni sataniche. Questa condizione dell’uomo è ben descritta dall’apostolo Paolo nella lettera ai Romani: "io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto … Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Rom 7,15-19).

Gesù dice: "il campo è il mondo", indicandoci così un secondo luogo in cui le tre libertà si incrociano. Esistono persone che seguono il Cristo nella loro esistenza; esistono persone che si chiudono al messaggio evangelico [ricordate, domenica scorsa, le varie classi di persone]. Esse convivono, non nel senso di una contiguità fisica: in un senso più profondo! Esse convivono nel senso che assieme – cioè nello stesso campo che è questo mondo – costruiscono due civiltà o culture che pur mescolate inestricabilmente, sono essenzialmente diverse. L’una infatti è frutto del buon seme seminato dal Cristo, l’altra della gramigna seminata nel cuore umano dal Satana. E il mondo è questo incrociarsi, questa profonda coabitazione della cultura della verità e dell’amore colla cultura dell’errore e dell’egoismo, in conflitto fra loro. "Ma non immaginiamo una simile opposizione come un’opposizione visibile tra due gruppi di uomini o di popoli … Ognuno di noi può essere di volta in volta abitante dell’uno o dell’altra città? In ognuno di noi le due città si combattono" (H. De Lubac).

Ma è anche vero, e l’evangelista Matteo ha compreso la parabola di Gesù anche in questa prospettiva, che anche la Chiesa è il luogo in cui convivono buon seme e gramigna. E’ questo un punto che dobbiamo chiarire bene.

Quando facciamo la nostra professione di fede, noi diciamo: "Credo la Chiesa una, santa…". Ed infatti, la parola di Dio al riguardo non lascia adito a dubbi: "Cristo" dice l’apostolo "ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei per renderla santa … vuole che la Chiesa compaia davanti a Lui tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché, ma santa ed immacolata" (Ef 5,25-27).

Ma se la Chiesa è santa, non ne deriva che chi ne fa parte sia sempre senza debolezze e senza peccati: al riguardo ancora, la parola di Dio non lascia dubbi. Forse, fratelli e sorelle, vi chiederete: "come fa ad essere santa, una società umana che si compone di uomini che sono tutti, più o meno, peccatori?"

La prima risposta data a questa domanda è la proposta fatta dagli apostoli: "vuoi dunque che andiamo a raccoglierla?" cioè: è la proposta di chi pensa che la vera Chiesa sia solo quella dei "santi", dei "puri". In fondo, chi si scandalizza per i peccati degli uomini della Chiesa e non tollera – nel suo riguardo – che ciò avvenga, ha nel suo cuore la più antievangelica delle eresie.

La seconda risposta è di chi pensa e dice che la Chiesa non è santa, ma peccatrice, per cui si dovrebbe dire: "Credo … la comunione dei peccatori".

In realtà "tutte le contraddizioni scompaiono, se si comprende che i membri della Chiesa peccano, ma in quanto tradiscono la Chiesa: la Chiesa non è senza peccatori, ma è senza peccato. La Chiesa come persona prende la responsabilità della penitenza [per i suoi figli peccatori], non prende la responsabilità del peccato [dei suoi figli peccatori] ". (Ch. Journet, Théologie de l’Eglise, Paris 1958, pag. 235, […] aggiunta mia).

2. Ecco questa è la condizione in cui versa l’avvenimento cristiano dentro alla storia. Per concludere, come dobbiamo vivere questa condizione?

- Nessuno di noi si senta sicuro! Né il buon grano è assicurato di non tradire, diventando gramigna né la gramigna rinunci alla conversione. Nessuna frontiera invalicabile fissa per sempre una persona, prima della morte, in una parte o nell’altra: essere mescolati nello stesso campo significa paradossalmente poter cambiare nel cuore, convertirsi o pervertirsi (cfr. Agostino, PLS2,422: hic in agro fit aut de zizaniis triticum, aut de tritico zizzania).

- La pazienza magnanima è attitudine fondamentale in questa situazione: di chi sa che il giudizio di Dio sta già operando, poiché nei cuori di ogni vero credente "lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili … perché Egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio".