INCONTRO MONS. MORI
S. CHIARA 17 febbraio 1996
1. “Cristo ci ha liberati, perché restassimo liberi”.
L’evento cristiano è un evento di liberazione poiché
la grazia di Cristo ci libera. Da che cosa? per che cosa? Vi è ben
noto quale è il nucleo essenziale della lettera ai Galati da cui
il brano letto è tratto. La questione era di sapere se ciò
che costituisce alla sua origine il rapporto uomo-Dio è un contratto
oppure una libera e gratuita decisione di Dio. Ho detto “ciò che
costituisce alla sua origine”. Si tratta infatti di sapere non come il
rapporto uomo-Dio una volta costituito, possa permanere, ma come si costituisca.
L’Apostolo usa l’immagine del testamento: una decisione incondizionata
che l’erede può solo accettare o rifiutare. All’origine sta la sola
misericordia. E tutto ciò che seguirà a questa disposizione
di sola misericordia dovrà essere comunque capito ed interpretato
in modo da non “aggiungere” nulla alla sola misericordia. Cristo ci ha
rivelato pienamente questa disposizione e ci ha concesso di divenire partecipi.
In questo consiste la nostra liberazione. Da che cosa? ma precisamente
dalla convinzione e dalla preoccupazione di essere noi gli autori della
nostra salvezza. E qui ancora una volta la Parola di Dio diviene spada
che penetra nelle nostre esperienze più intime.
L’uomo vive ogni momento l’esperienza della sua costituzionale
fragilità, della mancanza di un “fondamento in se stesso”. Donde
la necessità di radicarsi nella solidità di un fondamento
incrollabile. Come? la libertà dell’uomo deve scegliere fra due
strade. O è l’uomo stesso che colle sue opere intende costruire
la propria salvezza o è Dio che chiede all’uomo di “lasciarsi” salvare.
La prima strada è la schiavitù: l’uomo diventa schiavo precisamente
di ciò che reputa necessario per la sua salvezza e beatitudine.
Di esso ha bisogno, ad esso affida se stesso: lega se stesso. Può
essere la ricchezza, può essere il prestigio professionale; in una
parola, l’agire umano, Cristo ci ha liberati dalla preoccupazione (errata)
di essere affidati a noi stessi, poiché siamo affidati all’amore
di Dio, Dio è la nostra salvezza.
“...perché restassimo liberi”. Le parole dell’apostolo
ci avvertono che questa liberazione è fragile e precaria. Non dal
punto di vista di Dio: la sua misericordia rimane in eterno. Dal punto
di vista umano: l’uomo è sempre tentato a ritornare a se stesso,
a confidare più in se stesso che in Dio, e così a rimettersi
sotto il giogo della schiavitù.
L’evento di liberazione riguarda così profondamente la
persona umana, da cambiare tutta la sua esistenza. E’ l’architettura stessa,
lo stile dell’esistenza che cambia, a seconda che l’uomo affidi a se stesso
o a Dio la propria salvezza.
Se ogni uomo affida a se stesso la propria salvezza, è
pressoché inevitabile che prima o poi si scontri con l’altro. Infatti
se affida la propria salvezza a beni materiali, questi non possono
essere posseduti da più persone contemporaneamente; se affida la
sua salvezza a beni spirituali, inevitabilmente apre il suo cuore all’orgoglio,
al confronto di se stesso con gli altri, come il fariseo della parabola.
L’apostolo descrive tutta questa situazione con un’immagine impressionante:
mordersi a vicenda.
Se l’uomo affida se stesso alla sola misericordia di Dio, che
cosa vive se non l’esperienza di sentirsi solo perdonato ed amato? Come
potrà non vivere poi questa stessa esperienza nei rapporti con gli
altri? L’uomo non ha bisogno di niente se non di credere alla misericordia
di Dio, cosa può esigere da un altro? C’è solo un legame
possibile: amarsi.
Ma oggi è accaduto un fatto assai grave, per cui il ritorno
sotto il giogo della schiavitù avviene in un modo più subdolo.
L’interpretazione secolarista dell’annuncio cristiano, non ha risparmiato
neppure l’annuncio della libertà cristiana. Non è questo
il luogo per ripercorrere tutto il cammino di questa interpretazione. Basterà
ora riflettere sul suo esito, dentro il quale dimoriamo. Chiamo interpretazione
secolarista ogni tentativo di capire e vivere il Vangelo eliminando Gesù
Cristo. Che cosa resta del messaggio cristiano della libertà? L’ipocrita
permissivismo contemporaneo. Cioè: la libertà che diventa
pretesto per vivere secondo la carne. Che cosa significa? la pura formalizzazione
della nostra libertà. La libertà è intesa come possibilità
di tutte le possibilità. Che è la definizione di disperazione.
E così non è mancato chi ha affermato che la libertà
è una condanna dalla quale gli uomini alla fine accettano di essere
liberati (cfr. la leggenda del grande inquisitore). Allora che cosa significa
oggi l’avvertimento di S. Paolo: “State saldi”? Ascoltiamo il Vangelo.
2. “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.
La libertà si radica nella verità. Ma di quale verità
parla il Signore? Sappiamo che nel quarto Vangelo, il termine ha un significato
molto preciso e ricco. La Verità è la Rivelazione che il
Padre fa di se stesso nel suo Figlio Unigenito, interiorizzata nel cuore
dei fedeli dallo Spirito Santo. Dunque la radice che produce in noi la
libertà di cui parla S. Paolo è l’interiorizzazione della
Rivelazione che è Cristo, compiuta dallo Spirito Santo. Rimanere
fedeli alla sua Parola, divenire suoi discepoli, essere liberi, è
la stessa cosa. Così come la misura della nostra libertà
è determinata dalla misura della nostra fedeltà alla Parola
di Cristo.
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