DOMENICA XV per Annum (B)
16 luglio 2000
1. "In quel tempo, Gesù chiamò i dodici, ed incominciò ad inviarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi". Ciò che il Vangelo secondo Marco narra circa l’invio in missione degli apostoli, significa e prelude ciò che accadrà dopo la Risurrezione del Signore, nel tempo in cui anche noi viviamo.
Lo stesso evangelista ci aveva già ricordato che Gesù all’inizio della sua attività pubblica aveva scelto e stabilito dodici persone "perché stessero con Lui e per mandarli a predicare col potere di scacciare i demoni" (Mc 3,14-15). Quando poi Gesù risorto apparirà per l’ultima volta a queste persone, Egli dirà loro: "andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo a tutte le creature" (Mc. 16,15). Appare dunque chiara una cosa: Gesù associa a Sé alcuni uomini perché siano in un certo modo corresponsabili di quella salvezza per la quale Egli venne nel mondo. Il Figlio di Dio cioè non intende portare a compimento la sua opera da solo: Egli chiama alcuni a cooperare con Lui.
La pagina evangelica appena letta descrive e sottolinea i requisiti essenziali che questi "cooperatori di Cristo" devono possedere ed anche, in maniera molto sintetica, il contenuto della loro missione. Prima però di riflettere su questo, credo sia assai importante che ci domandiamo: perché il Figlio di Dio nel compimento della sua opera ha voluto associarsi altre persone, ha voluto aver bisogno di altre persone?
In primo luogo questa decisione si inscrive coerentemente nello "stile di governo" con cui la Provvidenza divina conduce la nostra storia. Essa non governa senza il concorso libero e responsabile delle sue creature ragionevoli. Mentre nelle nostre cose umane, uno si dimostra tanto più sapiente, potente e grande quanto più dimostra di poter fare senza degli altri, Dio dimostra la sua sapienza, potenza e grandezza chiamando l’uomo a cooperare con Lui nel governo dell’universo. Questo, che ho chiamato lo "stile del governo divino", da una parte dimostra la profonda considerazione e rispetto che Dio ha dell’uomo e dall’altra rivela la più grande dignità dell’uomo: essere cooperatore di Dio stesso.
Ma la pagina del Vangelo, alla luce di questa legge fondamentale della divina Provvidenza, ci invita ad una riflessione più profonda. Questa pagina è un primo e fugace schizzo o abbozzo del mistero della Chiesa. Che cosa è, carissimi fratelli e sorelle, il mistero della Chiesa? Sentendo la parola "mistero" non pensate a chissà quale oscura ed enigmatica realtà. La Chiesa è la continua presenza di Cristo e della sua azione dentro alla nostra storia, alla nostra vita quotidiana. In che modo Cristo oggi si rende presente? Il Vangelo appena letto ci dona una prima ed essenziale risposta: attraverso la persona e l’attività di uomini da Lui stabiliti perché predichino la sua parola con autorità, e guariscano la dignità umana deturpata dal peccato col potere ricevuto da Cristo. In questo modo, è donata ad ogni uomo, in ogni tempo, la possibilità di ascoltare, di incontrare Cristo dentro all’incontro con una altra persona umana. Questo è il mistero della Chiesa: Cristo contemporaneo ad ogni persona umana attraverso i suoi apostoli. Cristo, ho detto: la sua persona stessa, non il suo ricordo semplicemente: o il suo insegnamento.
2. "Il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: "va’ profetizza al mio popolo Israele"". La pagina profetica che avete ascoltato nella prima lettura ci dice che cosa sta all’origine di quell’associazione all’opera divina di cui vi ho parlato. "Il Signore mi prese", dice il profeta. All’origine sta una decisione divina che sceglie coloro che vuole perché siano suoi profeti. Il ministero apostolico non è un fatto ereditario: "non ero profeta, né figlio di profeti". Non è cioè una professione scelta a nome proprio: è il Signore che chiama.
Quest’origine divina fonda una completa autonomia e libertà nella persona che Cristo associa alla sua opera: nei confronti in primo luogo dei potenti di questo mondo. Quando – come avete appena sentito – Amasia impone al profeta, in nome del re, di andarsene, egli gli oppone l’esclusiva dipendenza del Signore nell’esercizio della sua missione. Le istruzioni poi date da Gesù nel Vangelo sottolineano ancora più i requisiti essenziali del compito apostolico: la libertà piena, e la totale disponibilità.
Concludendo, carissimi fratelli e sorelle, dalla parola di Dio oggi ricaviamo due grandi insegnamenti. Il primo riguarda tutti: Cristo compie la sua opera di salvezza attraverso la cooperazione di uomini da Lui scelti. Cioè: il luogo o mezzo della nostra salvezza è la Chiesa. Il secondo riguarda in particolare noi apostoli, associati da Cristo alla sua opera: siamo richiamati all’origine divina della nostra missione e pertanto ad essere sempre uomini liberi di fronte ai vati potenti di turno di questo mondo.
Sia dunque in tutti i discepoli del Signore la fede per poter sempre percepire nella Chiesa la presenza di Cristo; sia in noi apostoli la totale disponibilità al compimento fedele del nostro servizio: per la vostra gioia.
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