TRIDUO PASQUALE: domenica di risurrezione
Concattedrale e Cattedrale 15 aprile 2001
1. "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato". Il rimprovero fatto dai due angeli alle donne di cercare in una tomba uno che è vivo non ha perso la sua attualità. Esso può essere rivolto a quanti lungo i secoli hanno pensato, ed oggi ancora pensano, che Gesù il Cristo è uno dei tanti maestri dell’umanità la cui importanza, dopo la sua morte, è legata esclusivamente alla sua dottrina religiosa e morale. Questi sono coloro che cercano tra i morti uno che è vivo. Vivo non solo perché lungo i secoli ed ancora oggi ci sono persone che ne hanno custodito il ricordo; non solo perché il suo insegnamento continua ad essere seguito e creduto da una comunità umana, la Chiesa. Ma vivo nel suo corpo, nella sua umanità in tutto simile alla nostra, vivo di una vita ormai incorruttibile. Egli non va collocato fra i morti, poiché Egli è vivo oggi tra noi, come persona unica, irripetibile, singolare, così come lo era prima della sua morte per le persone che lo incontravano lungo le strade della Palestina: vivo oggi tra noi con tutta la pienezza di vita immortale.
Ciò che le donne la mattina di Pasqua vissero per prime nella storia dell’umanità è stata la certezza che quello stesso Gesù morto crocefisso due giorni prima ora era risuscitato.
Quale è stata la reazione di coloro a cui per primi comunicarono la loro scoperta, la loro esperienza? Quale è la reazione dell’uomo in ogni tempo, oggi anche? Sono possibili tre reazioni.
La prima reazione: "quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ed esse". Quando Paolo testimoniò davanti a Festo governatore della Giudea lo stesso fatto, si sentì rispondere: "Sei pazzo, Paolo, la troppa scienza ti ha dato al cervello" []cfr. At 26,24. E’ la reazione di chi ritiene che tutto possa anche essere accettato nell’annuncio cristiano, ma non che Gesù sia risorto e vivo oggi nel suo corpo. "Vaneggiamento" viene qualificato, o "pazzia": cioè un’affermazione irragionevole.
Da che cosa nasce questa reazione? Dal pregiudizio che debba essere la nostra ragione a giudicare ciò che è ultimamente possibile/impossibile [elevazione della ragione umana a misura suprema della realtà]; dall’amara e sconsolata certezza che comunque sull’uomo l’ultima parola da dica la morte, e che niente e nessuno possa vincerla.
La seconda reazione: "Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a cada pieno di stupore per l’accaduto".E’ la reazione propria di chi non ritiene per preconcetto falso l’annuncio cristiano, ma vuole verificare la verità dell’accaduto. Non è certo ancora la fede, ma lo stupore di fronte ad un sepolcro vuoto già occupato da un morto: stupore che porta alla ricerca. Carissimi fratelli e sorelle, è stato anche l’atteggiamento di Tommaso.
Da che cosa nasce questa reazione? Dal giusto desiderio di "sapere come stanno le cose"; dal giusto desiderio che la propria adesione all’annuncio cristiano della risurrezione sia un’adesione ragionevole.
La terza reazione: è la risposta della fede. E’ l’adesione certa all’annuncio cristiano di cui abbiamo sentito una sintesi perfetta nella prima lettura: "Essi lo uccisero appendendolo ad una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno…. Chiunque crede in Lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome".
2. Carissimi fratelli e sorelle, quale è l’intimo significato di questo annuncio? Che cosa crede chi crede nella risurrezione di Gesù? Il contenuto della fede riguarda la persona di Gesù e riguarda la nostra persona.
Riguarda la persona di Gesù. Chi crede nella sua risurrezione sa con certezza e senza alcun dubbio che Egli è morto, ma che non ha subito la corruzione che nel sepolcro subisce ogni cadavere: è stato risuscitato da Dio. Non è stato un ritorno alla vita stessa di prima, che comunque sarebbe ancora terminata colla morte. E’ stato l’ingresso in una vita che senza perdere nessuno dei suoi connotati propriamente umani, è una vita che non può più essere soggetta alla morte: è vita incorruttibile, eterna. Un uomo, nel momento della risurrezione, è entrato in possesso della vita stessa di Dio. Questo crede chi crede nella risurrezione.
Riguarda la nostra persona. Quanto è accaduto a Gesù e in Gesù è destinato a ciascuno di noi: lo stesso avvenimento può accadere in ciascuno di noi. La Pasqua ha quindi cambiato il destino dell’uomo [o meglio: ha reintegrato l’uomo nel suo originario e felice destino], e lo costringe a cambiare la comprensione che egli ha di se stesso. E’ quanto ci ha insegnato l’apostolo nella seconda lettura.
Ha cambiato il destino dell’uomo: se questi si unisce a Cristo, non ha più come meta finale la morte. Egli cessa di "essere – per – la morte", perché entra nel possesso reale della stessa vita divina.
L’uomo in forza della sua fede nella Risurrezione di Gesù deve cambiare la comprensione che ha di se stesso. La fede nella Risurrezione genera una nuova creatura, e quindi genera nell’uomo una nuova coscienza di sé. L’uomo non deve considerarsi soltanto un frammento della natura, un individuo da sacrificarsi alla perpetuazione della specie. "Dio infatti ha chiamato e chiama l’uomo ad aderire a Lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con l’incorruttibile vita divina. Questa vittoria l’ha conquistata Cristo risorgendo alla vita; liberando l’uomo dalla morte mediante la sua morte" [Cost. past. Gaudium et Spes 18,2]. Dalla nuova consapevolezza che l’uomo ha di sé nasce una nuova cultura; la Risurrezione di Gesù ha generato la cultura cristiana.
"Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli [oggi] ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" [1Pt 1,3-4]. E’ l’eredità di una vita eterna già fin da ora donataci.
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