V DOMENICA DI PASQUA
10 maggio 1998
1. “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato,
e anche Dio è stato glorificato in Lui”.
Queste parole Gesù le pronuncia, “quando Giuda fu uscito dal
Cenacolo”. L’uscita di Giuda per andare a consegnare Gesù all’autorità
religiosa, pone in essere il fatto decisivo della sua morte: in quell’uscita,
Gesù vede la sua morte come un avvenimento già accaduto.
Ed allora il Signore si pone col suo spirito oltre quella morte, e ce ne
svela l’intimo significato, la sua intera verità. Parla usando già
i verbi al passato: “ora il Figlio dell’uomo…”. Il significato intimo
della morte di Cristo ci è svelato: essa è la suprema glorificazione
di Dio e di Gesù stesso.
Forse, fratelli e sorelle carissimi, proverete un certo malessere
sentendovi dire che la morte di Gesù costituisce la sua suprema
glorificazione e la glorificazione del Padre: come può una morte
“glorificare” Dio? Il malessere cessa, se comprendiamo appieno il significato
che nella Rivelazione biblica ha il termine “GLORIA”. Essa è la
proprietà del Padre che si manifesta; è lo splendore del
suo Essere divino che rifulge agli occhi dell’uomo; è la luminosa
trasparenza della sua Vita divina che si fa presente all’uomo. Perché
Dio si è manifestato nella morte di Gesù sulla croce? Perché
in quella morte l’uomo ha potuto vedere, contemplare l’Amore del Padre
verso l’uomo: “Dio ha tanto amato il mondo, da consegnare alla morte il
suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma
abbia la vita eterna” (Gv. 3,16). Lo splendore dell’Essere divino rifulge
nella morte di Gesù, perché in questa morte all’uomo è
dato di entrare fino al cuore di Dio e vedervi solo misericordia: “uno
dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì
sangue ed acqua” (19,34). Volgendo lo sguardo a Colui che è stato
trafitto, l’uomo può dire: "Dio nessuno l’ha mai visto: proprio
il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato
(1,18), e quindi “noi vedemmo la sua Gloria” (1,14). Davvero, il
Figlio dell’uomo è stato glorificato, perché in Lui noi possiamo
vedere l’Amore del Padre. Ecco, fratelli e sorelle, che cosa ci è
dato di vivere durante questi cinquanta giorni pasquali: l’incontro con
la Presenza del Risorto nel quale risplende l’Amore illimitato.
Ed infatti, la Parola di Gesù continua e dice qualcosa
che ci riguarda in un modo unico: “Dal momento che, poiché Dio è
stato glorificato in Lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua”.
Qui, come avete sentito, si descrive un avvenimento che accadrà
dopo la morte-risurrezione del Signore: nel tempo della Chiesa, nel nostro
tempo, in questi cinquanta giorni pasquali. Il Signore risorto sarà
ora glorificato, perché rende partecipe ciascuno di noi alla stessa
vita divina del Padre; ci porta fuori dalla nostra corruttibilità
che ci distrugge dal di dentro ogni giorno, trascinandoci con Sé
nel movimento di comunione col Padre, che fino ad allora era esclusivamente
suo. Egli è glorificato perché manifesta nella nostra povera
esistenza la potenza del suo Amore: nel nostro vivere mortale fa dimorare
la sua vita eterna, nei nostri istanti il peso della sua Eternità.
E come si irraggia nella nostra persona questa gloria che è
propria del Signore risorto? Ancora una volta, la Parola di Dio non cessa
di stupirci: “vi do un comandamento nuovo… gli uni gli altri”. Dio sulla
croce si glorifica, cioè ci manifesta che il suo Essere è
Amore che si dona; Gesù sulla croce è pieno della grazia
della Verità, perché in Lui noi vediamo l’Amore giunto alla
sua perfezione: ora il Signore risorto manifesta in noi la sua Gloria,
rendendoci capaci di amare col suo stesso amore. “Come io vi ho amati”:
non significa in primo luogo la proposta di un modello da imitare. Significa
che accade nel cuore dell’uomo un miracolo, l’unico vero miracolo che può
accadere: nell’amore dei discepoli è presente lo stesso Amore con
cui Cristo ha donato se stesso sulla croce. E’ iniziato in questi cinquanta
giorni pasquali un tempo nuovo: attraverso i credenti, la Gloria di Dio,
cioè l’amore rivelato è ormai presente nel mondo. Più
che e prima che un’esigenza morale, questo amore è un dono ricevuto,
il segno che noi abbiamo incontrato il Risorto.
2. La Parola di Dio veramente ci illumina: svela a noi stessi
il nostro mistero più profondo. L’uomo infatti resta a se stesso
un enigma insolubile, fino a quando non conosce e non vive la verità
dell’Amore “Vi dono un comandamento nuovo”: incontrando il Signore risorto
presente veramente in questa nostra assemblea liturgica, noi – se lo vogliamo
– scopriamo il senso del nostro esistere e siamo pienamente reintegrati
nella nostra verità più profonda. Siamo resi capaci di amare
come Cristo ha amato.
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