EPIFANIA 1999
“Dopo aver celebrato da poco il giorno nel quale la Vergine immacolata
ha dato alla luce il Salvatore del genere umano, ora la veneranda festa
dell’Epifania, carissimi, ci dona di prolungare la nostra gioia, sicché
nella partecipazione ai misteri così ravvicinati di solennità
fra loro congiunte non si affievolisca la forza del nostro fervore né
l’ardore della fede” (S. Leone Magno, Discorso 12,1; ed. Nardini, pag.
225). Quale mistero oggi celebriamo? Quale opera della divina misericordia
lodiamo? Ascoltiamo ancora una volta quanto ci ha appena detto l’apostolo
Paolo nella seconda lettura.
1. “Questo mistero non è stato manifestato (…) per mezzo del
Vangelo”. Oggi noi celebriamo la decisione del Padre di chiamare ogni uomo
alla partecipazione di quei beni che ci sono donati in Cristo Gesù.
Di chiamare ogni uomo ad un incontro con Cristo, nel quale l’uomo possa
raggiungere la pienezza della vita. L’opera della divina misericordia che
oggi celebriamo è la rivelazione che il Padre oggi ci fa di “averci
scelti prima della creazione del mondo … predestinandoci ad essere suoi
figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,-5). Il fatto narrato
dal Vangelo significa precisamente questo, e manifesta per la prima volta
questa universale volontà salvifica del Padre. Anche se il Figlio
di Dio “aveva scelto il popolo di Israele e una famiglia di quello stesso
popolo per assumere la natura propria di tutta l’umanità, Egli tuttavia
non volle che gli albori della sua nascita restassero nascosti nei ristretti
spazi della casa materna, ma volle subito farsi conoscere a tutti, Lui
che si è degnato di nascere per tutti” (S. Leone Magno, ibid.).
Pertanto, ciò che è narrato oggi nel S. Vangelo non deve
solo essere ricordato. La forza dell’azione divina compiuta allora per
la prima volta a favore di alcuni magi non è esaurita. Il dono di
Dio e la rivelazione che il Padre ha fatto dei suoi pensieri sull’uomo
permangono anche oggi. Anche oggi rivive ciò che ebbe allora il
suo inizio: la chiamata da parte del Padre ad incontrare Cristo vivente
nella Chiesa.
E’ allora assai importante verificare come nella pagina evangelica
appena proclamata viene descritto e la chiamata del Padre a Cristo e la
risposta dell’uomo invitato dalla grazia alla salvezza. La vera storia
di ogni persona umana è costruita precisamente come «incontro»
o «dialogo» fra la grazia del Padre e la risposta dell’uomo.
Quando questo «incontro» o «dialogo» viene interrotto
dall’uomo [Dio non lo interrompe mai!], questi inizia il cammino che lo
porta alla distruzione eterna! E la pagina del Vangelo non parla solo di
chi accoglie l’invito divino, alcuni magi; parla anche di chi si rifiuta
il re Erode. Vedete dunque, carissimi fratelli e sorelle, come la pagina
del Vangelo sia piena di grandi significati.
2. “Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti ad adorarlo”.
In questa semplice descrizione è racchiuso tutto il mistero del
cammino dell’uomo verso la salvezza.
«Abbiamo visto sorgere la sua stella». La vera storia
dell’uomo comincia quando egli comincia a «vedere» con serietà
dentro alla realtà: la realtà che lo circonda, la realtà
che è il suo “se stesso”. Senza pregiudizi, senza preconcetti. Alcuni
magi, fra i tanti dell’Oriente, hanno visto un “segno”, un’indicazione:
l’indicazione di un Mistero che li invitava, significato da una stella.
Se perdiamo questa capacità di leggere in profondità la realtà
nella quale siamo immersi; se ci accontentiamo di subirla senza tentarne
mai un’interpretazione radicale, non partiremo mai per incontrare Cristo.
E’ necessario liberarci da quel preconcetto, quel pregiudizio che ci viene
imposto come una inconfutabile ovvietà: ridurre tutta la realtà
alla sua apparenza misurabile, rifiutando di vedere ciò che essa
significa. C’è il mondo, c’è il rapporto colle cose, si capisce
che bisogna lavorare per vivere, che c’è da sposarsi ed avere figli.
Ma si preclude alla capacità della nostra ragione di addentrarsi
nella ricerca del significato, di ciò che in fondo l’apparenza significa.
Quei magi non si accontentarono di costatare l’esistenza di una stella
e di misurarne eventualmente il percorso; essi videro che essa era “segno
di un Mistero”. Uno scientismo assai pericoloso, ha estenuato e spesso
estinto in noi questa capacità umana innata di capire tutte le cose
come segno del Mistero.
«E siamo venuti». La ricerca vera muove la nostra
libertà. Senza paura; senza tentennamenti; con la generosità
che non fa sentire la fatica del cammino; con l’umiltà di chi sa
interrogare quando si oscura la percezione della realtà. Gli uomini
– è stato scritto giustamente – si distinguono in tre classi, in
ordine alla ricerca di Dio: alcuni lo cercano e lo trovano; altri lo cercano
e non lo trovano; altri infine né lo cercano né lo trovano.
I primi sono ragionevoli e felici; i secondi sono ragionevoli ed infelici;
i terzi non sono né ragionevoli né felici.
«Per adorarlo e prostratisi lo adorarono». La ricerca si
conclude nell’incontro con Cristo. E l’incontro è essenzialmente
adorazione. E’ riconoscimento umile e gioioso che Lui è il Figlio
di Dio nel quale è posta ogni pienezza, e che noi siamo nulla, ma
un nulla desideroso di divenire pienezza. E’ confessione piena di gratitudine
che solo Lui è Parola che dona la vita eterna. L’adorazione dei
magi si esprime nel dono. L’uomo che incontra Cristo non si appartiene
più, ma è di Colui che è morto per noi, perché
non vivessimo più per noi stessi.
Carissimi fratelli e sorelle, il Vangelo termina con questa annotazione:
«per un’altra strada fecero ritorno al loro paese».
Ecco che cosa succede all’uomo che ha accolto la rivelazione fattagli
dal Padre di essere chiamato a Cristo: la vita cambia strada; la vita è
trasformata. L’uomo si rende conto che la strada finora seguita era sbagliata.
Ha visto che Cristo è la vita che porta alla vita, poiché
è la verità nella quale il Padre ha rivelato il suo mistero.
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