SOLENNITA’ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE
Cattedrale di Ferrara
6 gennaio 1998
“E’ una seconda nascita che noi oggi celebriamo, fratelli miei. Essa
sembra derivare dalla prima come un effetto deriva dalla sua causa. La
nascita infatti che noi abbiamo celebrato fino ad oggi, è quella
di Cristo; oggi invece noi celebriamo la nostra propria nascita. Nella
prima è Cristo che è nato; in questa (che oggi celebriamo)
è il popolo cristiano che nasce. Tre cose difatti ci costituiscono
cristiani: la fede, il battesimo e la partecipazione all’Eucarestia. Questo
giorno che celebriamo ha dato inizio alla fede” (Guerrico d’Igny, Discorso
quarto per l’Epifania 1; SC166, pag. 288). Domenica prossima celebreremo
il grande mistero del Battesimo di Cristo e nostro; la domenica successiva
celebreremo il grande mistero del banchetto eucaristico prefigurato nelle
nozze di Cana. Ma oggi la parola di Dio ci illumina sull’inizio della fede.
1. “Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle
precedenti generazioni come al presente è stato rivelato”. Fratelli,
sorelle: la fede è risposta ad una Rivelazione che Dio stesso ha
fatto, e non semplicemente un’interpretazione che l’uomo dà di se
stesso, della sua esistenza. La Rivelazione a cui noi assentiamo è
– ci dice l’apostolo – la manifestazione di un “mistero”. Quale? “che i
gentili” (cioè noi che non apparteniamo al popolo ebreo) “sono chiamati
in Cristo Gesù a partecipare alla stesa eredità, a formare
lo steso corpo”. Ecco che cosa ci è rivelato, quale è il
contenuto essenziale della rivelazione cristiana: la chiamata di tutti
gli uomini, di ciascuna persona umana, ad essere in Cristo partecipi della
stessa vita divina, senza più nessuna distinzione fra le persone
chiamate. Al centro dunque della rivelazione sta la persona di Gesù
Cristo in quanto in Lui e per mezzo di Lui viene svelata e realizzata la
decisione piena di grazia e di misericordia presa dal Padre nei nostri
confronti: renderci partecipi della sua stessa vita, vivere in comunione
eterna con ciascuno di noi per una beatitudine senza fine. Fratelli, sorelle:
noi oggi celebriamo questa divina rivelazione che tenuta nascosta per secoli,
ci è stata ora pienamente manifestata. “Oggi in Cristo luce del
mondo tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza, e in Lui apparso
nella nostra carne mortale ci hai rinnovati con la gloria dell’immortalità
divina” (Prefazio dell’Epifania).
Posto di fronte a questa Rivelazione l’uomo come reagisce? Sono
possibili tre reazioni, tre tipi di risposte. Esse sono accuratamente descritte
nella pagina del Vangelo: l’incredulità di Erode, l’indifferenza
dei sommi sacerdoti e degli scribi, la fede dei magi. Incredulità,
indifferenza, fede sono le tre possibili risposte che l’uomo può
dare.
2. L’incredulità di Erode nasce dalla paura di trovare in Dio
un pericoloso concorrente al proprio potere, al proprio prestigio. E’ l’origine
di ogni opposizione alla Rivelazione di Dio, quella di contrapporre la
fede alla piena realizzazione dell’umano. E’ una falsa concezione della
propria autonomia che porta a vedere Dio invidioso della libertà
umana. La tragedia della cultura moderna, dentro alla quale ancora siamo,
è di aver pensato che l’uomo può essere soltanto se stesso,
e che pertanto ogni richiamo ad una Rivelazione che lo trascenda, è
anti-umano. E’ di avere tentato di sradicare l’uomo da ogni rapporto con
Dio in base al presupposto che esso “alieni” l’uomo.
Questo tentativo di far morire Dio nel cuore dell’uomo ha di
fatto sortito l’effetto di far morire l’uomo nel cuore dell’uomo. “L’ideologia
della «morte di Dio» nei suoi effetti dimostra facilmente di
essere, sul piano teoretico e pratico, l’ideologia della «morte dell’uomo»”
(Lett. Enc. Dominum et vivificantem 38)
Ma forse oggi più che la risposta dell’incredulità,
è frequente la risposta dell’indifferenza, ben incarnata negli scribi
di cui ci parla il Vangelo. Essi di fronte all’interrogativo più
intenso che l’uomo possa sentire dentro (“dov’è il re dei giudei
che è nato?”), già conoscono la risposta, ma li lascia assolutamente
indifferenti. E’ una questione accademica la cui soluzione è già
stata scritta e che quindi non interessa la vita. A questi scribi è
estranea sia la lotta di Erode contro la salvezza cristiana sia la ricerca
appassionata dei magi. Le giudicano ambedue inutili o al massimo un lusso
da concedersi dopo cose ben più urgenti e necessarie. Di questo
indifferentismo la nostra città sta spiritualmente morendo asfissiata.
A questi indifferenti dico semplicemente: “Sei già imbarcato nella
vita, e quindi stai già navigando verso un porto finale. Quale?
il nulla eterno oppure Qualcuno cui rendere conto della tua vita? Anche
a te tocca scegliere fra queste due alternative. Non lo vuoi fare? Affari
tuoi: sappi però che il non voler fare nessuna scelta non ti impedisce
di camminare verso il porto finale: non ti fa fermare la barca Non è
forse meglio sbagliarsi credendo a un Dio che non esiste (come dici tu),
piuttosto che sbagliarsi non credendo a un Dio che esiste?”. L’indifferenza,
in fondo, oltre che essere di fatto impossibile, è assai pericolosa.
Infine e soprattutto il Vangelo ci presenta la fede dei Magi.
Essa nasce da una ricerca vera e prolungata (“giunsero da oriente a Gerusalemme”:
un lungo cammino). Da una ricerca ragionata che si fonda su “segnali” inviati
all’uomo dal Signore (“abbiamo visto sorgere la sua stella”). Da una ricerca
appassionata (“essi provarono una grande gioia”). E consiste (la fede)
nell’abbandono che l’uomo fa totalmente di se stesso al Signore Iddio “liberamente
prestandogli l’ossequio dell’intelletto e della volontà e assentendo
volontariamente alla rivelazione che egli fa” (Cost. Dogm. Dei Verbum 5):
“entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, e prostratisi
lo adorarono”.
Fratelli, sorelle: noi che abbiamo accolto la divina Rivelazione nella
fede, rendiamo grazie al Padre “che ci ha trasferiti dal potere delle tenebre
nel Regno del suo Figlio diletto”. Siamo i testimoni continui di questa
luce che ci ha interiormente guariti dalla malattia dell’ignoranza e dell’errore:
“gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi
della luce”.
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