OMELIA A COMACCHIO
5 novembre 1995
Benedico il Signore che mi concede la grazia di incontrarvi, carissimi
fratelli e figli di Comacchio, nel giorno in cui viene annunciato il Vangelo
della Misericordia di Dio verso i peccatori, cioè ciascuno di noi.
Che lo Spirito Santo vi istruisca Egli stesso nel cuore, poiché
le mie parole possono solo risuonare nelle vostre orecchie.
1. Guardiamo prima di tutto a Zaccheo. Egli è un pubblicano,
anzi un capo dei pubblicani. I pubblicani erano gli esattori delle tasse
per conto dell’autorità romana: odiati da tutti per la loro esosità,
maledetti per le loro prepotenze e disprezzati come servi di un potere
straniero. Erano i “peccatori” per eccellenza. E Zaccheo è il loro
capo: è un arci-peccatore. Non solo, ma è “ricco”: è
la ricchezza che è frutto del sopruso e dell’ inganno. E’ un peccatore
della peggiore specie: “l’uomo nella prosperità non comprende, è
come gli animali che periscono”. Uno cui sembra preclusa ogni possibilità
di salvezza. Eppure nel cuore di quest’ uomo c’è “qualcosa” che
non si è ancora spento: ”cercava di vedere quale fosse Gesù”.
E’ rimasto il desiderio di vedere, di vedere quale fosse Gesù. Non
solo nel senso di individuarlo in mezzo alla folla, ma soprattutto di scoprirne
l’identità: chi è veramente Gesù ? Che cosa grande
è tutto questo ! Tu puoi avere commesso tutti i peccati di questo
mondo; puoi essere l’arci-peccatore come Zaccheo, ma se nel tuo cuore conservi
ancora il desiderio di incontrare Cristo, sei già sulla strada della
salvezza. Può essere che questo desiderio non abbia ancora individuato
il suo “oggetto”. E’ solo una certa insoddisfazione della propria vita,
un non so che di malessere profondo che da una parte ti porta sempre più
fuori di te e dall’altra a ritrovarti fra le mani un’esistenza sempre più
annoiata. Tutto questo non spegnerlo dentro di te: è già
il segnale che Cristo vuole incontrarti.
Che cosa impedisce a Zaccheo di “vedere quale fosse Gesù” ?
“Non gli riusciva a causa della folla”, dice il Vangelo. Questo è
il rischio che oggi l’uomo corre al punto di impedirgli di vedere, di incontrare
Gesù: la folla. Che cosa voglio dire ? La ricerca della verità
religiosa esige da parte dell’uomo uno sforzo di raccoglimento interiore
per allontanarsi dall’ipnosi che esercita su di noi il mondo visibile.
Se la persona non è capace di silenzio interiore ed esteriore, se
riduce il suo spirito ad un mercato in cui si danno convegno tutti i rivenditori
delle vanità e delle opinioni di questo mondo, “a causa della folla”
non gli riuscirà mai di “vedere quale fosse Gesù”. Non solo.
La ricerca della verità religiosa e la sua scoperta esige in ciascuno
di noi una ferma opposizione ai vari sistemi di questo mondo , alle opinioni
di volta in volta dominanti. Esige che non svendiamo la nostra ragione
al dominio della maggioranza, del “si dice o si pensa”. Il mondo in realtà
non porta, di solito, argomenti in sostegno di ciò che afferma:
quali argomenti porta, per esempio quando afferma che è meglio commettere
un’ingiustizia, piuttosto che subirla ? Tuttavia esso ci può affascinare
col suo splendore, colla potenza dei suoi mezzi di comunicazione, coll’emarginazione
o la messa in ridicolo di chi dissente. Chi non si rende conto di questo
e non si oppone, “a causa della folla” non gli riuscirà di “vedere
quale fosse Gesù”.
Che cosa fa, allora, Zaccheo per “vedere quale fosse Gesù” ?
“corse avanti... e salì su un sicomoro”. Appunto si stacca dalla
folla e sale in alto. Ecco, dunque, l’ uomo che può ormai “vedere
quale fosse Gesù”
2. Guardiamo ora Gesù. Egli incontra quest’uomo, ogni uomo che
custodisce nel proprio cuore il desidero della salvezza e non permette
alla folla di impedirgli di “vedere quale fosse Gesù”. Non lo incontra
perché è un uomo giusto: al contrario, è un grande
peccatore. Non sono le nostre opere ad attrarre il cuore di Dio verso di
noi, è la nostra profonda miseria spirituale e morale. “Il figlio
dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che
era perduto”. Come avviene questo incontro? Ogni particolare dimostra la
tenerezza di Dio.
“Gesù alzò lo sguardo”: che mistero stupendo è
racchiuso in queste semplici parole! Dio in Gesù non ci guarda
più dall’alto in basso, ma dal basso: alza lo sguardo. Dio è
sceso più in basso di tutti, per farsi il servo di tutti. Ecco la
prima sconvolgente esperienza che fa l’uomo quando si incontra colla misericordia
del Padre in Gesù: l’umiltà di Dio, il suo condiscendere
verso di noi.
“E gli disse: Zaccheo”: l’incontro è possibile perché
il Signore ci chiama per nome. Ciascuno di noi esiste davanti a Lui come
fosse l’unico dell’universo. Davanti a Lui non esiste il genere umano:
esiste sola la singola persona umana. E la chiama per nome: “mi ha amato
e ha dato se stesso per me”, dice S. Paolo. Ed ogni singola persona è
di un valore incalcolabile, poiché su di essa si posa lo sguardo
di Dio ed è chiamata per nome. Non sei nel mondo per caso: Dio stesso
ti ha voluto. Non è che dopo la morte, è come se non fossi
mai esistito: sei eterno.
“Oggi devo fermarmi in casa tua”: questo è l’incontro del Signore
coll’uomo. IL Signore si ferma, non è di passaggio, non ha fretta:
vuole fermarsi. Anzi dice di più: devo. E’ una necessità
per Lui rimanere con noi, è una necessità del suo amore per
noi: chi ama desidera rimanere con la persona amata. “Ecco, io sto alla
porta e busso”, dice il Signore. Non in qualsiasi luogo Egli sente il bisogno
di rimanere, ma “in casa”. Vuole rimanere dentro di noi, vuole penetrare
in tutta la nostra esistenza.
E quali sono le conseguenze di questo incontro ? La prima è
la gioia nel cuore dell’uomo. Fratelli, figli e figlie, c’è un tesoro,
c’è una ricchezza più grande per il cuore dell’uomo, della
gioia ? La gioia che viene dall’aver incontrato il Signore non è
la gioia che può venirci altrove. E’ una gioia che può essere
conservata anche nel dolore; è una gioia che permane. La seconda
è la radicale trasformazione dei rapporti colle altre persone. Se
prestiamo attenzione al modo con cui costruiamo i rapporti con le altre
persone, vediamo che lo possiamo fare secondo due fondamentali, diciamo
così, “filosofie”. La prima dice: “Quel che è tuo, è
mio; e me lo prendo”. Si costruisce il rapporto sociale sulla sopraffazione,
sulla violenza, sul furto generalizzato; si sostituisce alla forza della
giustizia la giustizia della forza. La seconda dice : “Quel che è
mio, può essere tuo, purchè però ciò che è
tuo diventi mio”. Si costruisce il rapporto sociale esclusivamente sul
dare-avere; tutto diventa commerciabile, scambiabile, e tutto può
essere mercanteggiato, poichè tutto può essere utilizzato,
anche la persona. Il rapporto sociale diventa la convergenza fortuita di
opposti interessi . Zaccheo, l’uomo che ha incotrato Cristo, ha abbandonato
sia la “filosofia del sopruso” sia la “filosofia del mercato” per sostituirle
con la “filosofia del dono”. Il dono è prima di tutto la restituzione
del mal tolto: dare a ciascuno il suo. Riconoscere cioè l’altro
secondo la misura della sua dignità. Il dono è sopratutto
generosa condivisione del proprio con chi è nel bisogno.
3. Carissimi, ieri sera in Cattedrale a Ferrara vi ho detto: “L’evento
che scioglie l’enigma della nostra vita è .. l’incontro con
Cristo, e nel Cristo col Padre che ci ama...E’ questa la ragione d’essere
della Chiesa: essere il luogo in cui l’uomo incontra Cristo e la sua salvezza”.
Ed aggiungevo: ”Sono qui esclusivamente per questo: per essere il ministro
di questo incontro di salvezza”. Queste stesse parole ripeto ora, solennemente,
in questa concattedrale di Comacchio. Ieri era il banchetto del Padre che
accoglie il figlio che ritorna; oggi è il banchetto di Cristo col
peccatore che lo accoglie con gioia. In ambedue i casi si celebra lo stesso
mistero: l’abbraccio della Misericordia infinita di Dio con la miseria
dell’uomo. E’ questo mistero la ragione d’essere del mio servizio episcopale.
Sono qui per annunciarlo, per dare la mia vita perché questo banchetto
possa celebrasi nel cuore di ciascuno di voi. E così veramente sia:
a lode della Trinità Santa.
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