SANTA PASQUA 1999
1. "E si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due".
Oggi tutta l’umanità, ciascuno di noi è invitato a "recarsi
al sepolcro". Anzi, a recarsi di corsa. Perché oggi un sepolcro
diventa il centro del mondo, il "punto di concentrazione" della nostra
attenzione? Non certo per convincere l’uomo che quella, il sepolcro, è
la casa definitiva: lo sapeva molto bene. Ma perché quel sepolcro
ha precisamente dimostrato che la sorte, il destino ultimo dell’uomo è
mutato. Riascoltiamo la narrazione evangelica: "giunse intanto anche
Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende
per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra
con le bende, ma piegato in un luogo a parte". Cioè: il cadavere
che era stato posto in quel sepolcro, il cadavere di Gesù distrutto
e devastato dalla crocifissione, non c’è più. E’ stato
portato via, come ha pensato subito la Maddalena?
Qualche settimana più tardi, lo stesso Pietro, che aveva fatto
quell’accurata ispezione del sepolcro dirà la vera ragione per cui
lo trovò vuoto. "Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma
Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse … a noi, che
abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la sua risurrezione dai morti".
Il cadavere non è più nel sepolcro, perché Gesù
morto crocefisso è stato risuscitato. Cioè: su di
Lui la corruzione della morte non l’ha avuta vinta in quanto Dio lo ha
liberato e gli ha donata la vita incorruttibile. Fate bene attenzione ai
due punti fondamentali della testimonianza resa da Pietro.
E’ Dio stesso che introduce Gesù morto e sepolto nella vita nuova:
non una vita che prima o poi sarebbe stata ancora soggetta alla morte.
E’ una vita immortale. E poiché solo Dio vive una vita immortale,
l’umanità di Gesù viene resa partecipe della stessa vita
di Dio. La risurrezione di Gesù non è un miracolo qualsiasi
sia pure grande, accaduto dentro al mondo, il nostro, che comunque sarebbe
rimasto immutato nelle sue strutture fondamentali. Essa è l’inizio
dell’azione con cui Dio, il Padre, introduce definitivamente, una
volta per sempre, questo mondo nella sua beata e vivente eternità.
Ma, ed è il secondo punto fondamentale della testimonianza resa
da Pietro, non si deve intendere questo avvenimento, quest’intervento di
Dio, nel senso e nella direzione di una non meglio definita "spiritualizzazione"
di Gesù risorto. L’apostolo dice: "noi che abbiamo mangiato e
bevuto con Lui dopo la sua risurrezione dai morti". Gesù risorto
è uno col quale si può mangiare e bere assieme. E’ il suo
corpo, il suo sangue, la sua carne e le sue ossa, che sono state introdotti
nel possesso della stessa vita divina: è l’intera sua umanità,
corpo ed anima, che viene glorificata della stessa gloria divina. Quello
stesso cadavere messo nel sepolcro la sera del Venerdì santo.
Ed allora, carissimi fratelli e sorelle, noi oggi celebriamo il fatto
che costituisce l’unica, vera svolta nella storia dell’umanità
e di ciascuno di noi. Ad un uomo incapace di sperare oltre la morte, ad
un uomo che ritiene essere destinato alla fine ad un nulla eterno, oggi
è detto che questa sua "esistenza – per – la morte" è
finita, ed in Cristo risorto è subentrata una "esistenza – per –
la – vita ". Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il
messaggio di S. Paolo, ascoltato nella seconda lettura.
2. "Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù,
dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio".
Ciò che è accaduto in Gesù morto, cioè la
risurrezione, è accaduto per ciascuno di noi e ciascuno di noi quindi
è chiamato a parteciparvi: a "risorgere come ed in Cristo". Che
cosa significa nella nostra vita quotidiana, per la nostra vita quotidiana
"risorgere come ed in Cristo" ?
Significa in primo luogo venire in contatto con Lui: non dico semplicemente
colla sua dottrina. Con Lui personalmente, poiché Egli è
appunto il vivente ed in Lui il Padre è attivo come Colui
che ci vivifica, e non solo in senso fisico, ma nel senso intero del termine:
ci fa essere nella pienezza della verità del nostro essere persone.
E sono i santi sacramenti pasquali che ci fanno vivere questo incontro
col Risorto: la santa confessione e la partecipazione all’Eucarestia.
Significa, in secondo luogo, e di conseguenza, divenire partecipi della
stessa vita personale del Risorto: è il Cristo crocifisso, colui
cioè che ha fatto di sé un dono totale, ad essere introdotto
per sempre nella vita divina. E’ nella sua totale dedizione all’uomo che
Egli è definitivamente fissato. Credere alla risurrezione di Gesù,
incontrarlo personalmente nei sacramenti, partecipare alla sua stessa vita
nuova significa lasciare ogni modo di pensare e di agire che ci porta a
chiuderci in noi stessi; significa riconoscere sempre ogni altra persona
nella sua dignità, senza mai usarla o eliminarla. Ecco cosa significano
le parole paoline: "pensate alle cose di lassù, non a quelle
della terra". Ed altrove lo stesso apostolo dice: " nessuno di noi…
vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi
viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore…
Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita:
per essere il Signore dei morti e dei vivi" (Rom. 14, 7-9).
Allora la resurrezione di Gesù è negata ogni volta che
usiamo la nostra libertà contro la verità ed il bene della
comunione inter-personale.
E’ negata oggi dalle bombe che uccidono innocenti; è negata nel
corpo delle donne del Kosovo violentate e degli uomini decapitati; è
negata negli occhi pieni della paura della morte dei bambini profughi;
è negata nel rifiuto di uccidere la guerra colla ragione piuttosto
che gli uomini colle armi.
E’ negata anche nella nostra città: nel giovane che non trova
lavoro; nell’ammalato dissacrato nella sua dignità; nell’amore coniugale
equiparato a convivenze indegne; nella vita umana soppressa nel grembo
materno.
"Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né
con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità
e verità".
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