SECONDA DOMENICA DOPO NATALE
Cattedrale di Ferrara
4 gennaio 1998
Il mistero natalizio che stiamo celebrando, è di una tale
profondità che non si finisce mai di comprenderlo e di scoprirlo.
Sempre nuove dimensioni di questo avvenimento si mostrano a chi lo contempla
con fede. In questa seconda domenica dopo Natale ascoltiamo attentamente
la Parola di Dio che ci rivela un aspetto del mistero particolarmente consolante.
1. Vorrei cominciare col richiamare la vostra attenzione su un’esperienza
che tutti noi facciamo, forse anche più volte al giorno. A chi non
è capitato di dover prendere una decisione importante, di dover
fare una scelta e di trovarsi in una grande incertezza? Di trovarsi a chiedere:
“che decisione devo prendere, che scelta devo fare?” Ovviamente, l’incertezza
nasce dal fatto che non sappiamo con certezza quale è il nostro
vero bene e quindi in quale direzione muoversi.
Dio, il nostro Creatore, non ha lasciato la persona umana da
sola, abbandonata a se stessa, ma Egli si prende cura di ogni creatura:
governa e provvede ad ogni cosa con la sua Sapienza, muovendola al suo
fine dovuto. Ma il nostro Creatore provvede alla persona umana in modo
diverso rispetto agli esseri che non sono persone: la persona infatti ha
un valore infinitamente superiore alle cose. Ed anche noi abbiamo particolare
cura di ciò che è prezioso. Così il nostro Creatore
ha una cura particolare della realtà più preziosa che esista
nella sua creazione, cioè della persona umana.
In che cosa si manifesta questa particolare cura? Riascoltiamo
attentamente la prima lettura. In essa si parla della Sapienza di Dio,
anzi - attraverso un procedimento letterario frequente presso gli antichi
scrittori – la Sapienza di Dio viene personificata e fatta parlare essa
stessa. “Io sono uscita” essa dice “dalla bocca dell’Altissimo”: cioè,
stiamo parlando della stessa sapienza di Dio, del suo governo del mondo,
della sua provvidenza, di quel disegno di amore con cui ordina e dirige
tutta la creazione ed in particolare l’uomo. Ebbene questa Sapienza divina
non resta nascosta in Dio, non rimane un suo segreto. Essa infatti riceve
un ordine: “il creatore dell’universo mi diede un ordine”. Quale? “fissa
la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele”. Cioè:
Dio ha rivelato all’uomo, attraverso la Rivelazione fatta ad Israele, il
suo progetto, la sua legge divina perché la persona umana potesse
sapere la verità su se stessa e quindi riconoscere il suo vero bene
e potersi orientare nella vita verso il suo fine. Il nucleo essenziale
di questa Sapienza sono quei dieci comandamenti che altro non sono che
la rifrazione di un’unica esigenza, il bene della persona umana. Essi infatti
“appartengono alla rivelazione di Dio. Al tempo stesso si ci insegnano
la vera umanità. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi,
indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona
umana” (CCHC. n. 2070). Il popolo eletto ha sempre sentito questa rivelazione
come particolare dono, segno di elezione, sigillo dell’Alleanza: “Annuncia
a Giacobbe la sua parola, le sue leggi e i suoi decreti a Israele. Così
non ha fatto con nessun altro popolo, non ha manifestato ad altri i suoi
precetti” (Salmo respons.)
2. “… la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità,
vennero per mezzo di Gesù Cristo”. La rivelazione che Dio fece della
sua sapienza non ha raggiunto il suo compimento attraverso la legge “data
per mezzo di Mosè”. Ecco, fratelli e sorelle, la nuova luce in cui
oggi ci appare il mistero del Natale. E’ il mistero in cui la Sapienza
di Dio prende carne, cioè si fa visibile e così non solo
la legge viene donata all’uomo, ma la grazia e la verità.
La Sapienza di cui ci parlava la prima lettura, non è
semplicemente una proprietà della natura divina. Essa è una
Persona, è il Verbo. Nella luce del Natale le parole della prima
lettura (“io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo”) acquistano una profondità
sconvolgente: il Verbo che è generato dal Padre. E pertanto la Provvidenza
di Dio è una persona: “tutto è stato fatto per mezzo di Lui,
e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.
Ebbene, questa Sapienza increata che è fondamento, ragione e consistenza
di tutte le cose; progetto secondo il quale il Padre tutto governa ed a
tutti provvede; modello secondo il quale l’uomo è stato creato,
ha preso carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Ancora una volta le
parole della prima lettura (“Fissa la tenda in Giacobbe”) acquistano
una profondità sconvolgente: è il Verbo stesso, la Sapienza
eterna che è una persona divina, che “venne ad abitare in mezzo
a noi e noi vedemmo la sua gloria”. La conseguenza di questo avvenimento
è che a noi “vennero la grazia e la verità”. Il Verbo fattosi
carne ci fa il dono, la grazia della verità, perché la sua
venuta nel mondo, i suoi insegnamenti e la sua vita sono la definitiva
rivelazione del piano di salvezza che il Padre ha su ciascuno di noi e
la sua realizzazione in ciascuno di noi. E’ Cristo la nostra via, la nostra
sapienza, la nostra luce.
Fratelli e sorelle: diversi sono i modi secondo cui Dio nella
storia si è preso cura dell’uomo. Il primo è stato il dono
della sua santa Legge per mezzo di Mosè; il secondo è stato
il dono del suo Unigenito nel mistero natalizio. Questi due modi non si
escludono tra loro. Ambedue scaturiscono e concludono all’eterno disegno
sapiente ed amoroso con il quale ci ha predestinati “a essere suoi figli
adottivi per opera di Gesù Cristo”. “In questo disegno non c’è
nessuna minaccia per la vera libertà dell’uomo; al contrario, l’accoglienza
di questo disegno è l’unica via per l’affermazione della libertà”
(Lett. Enc. Veritatis splendor 45,2).
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