OMELIA 31.MA DOMENICA
Cattedrale e S. Carlo
3 novembre 1996
Abbiamo ascoltato una parola del Signore rivolta piuttosto a noi pastori,
in primo luogo a me vescovo, piuttosto che a voi fedeli. Si conclude il
primo anno del mio ministero pastorale a vostro favore; queste parole,
terribili oggi, del Signore trafiggono il cuore. Se abbiamo deciso di discorrere
un poco con voi, è perché comprendiate quanto grave sia la
nostra responsabilità e così più intensa salga al
Signore la vostra preghiera per noi. Infatti “noi che il Signore, per bontà
sua e non per nostro merito, ha posto in questo ufficio - di cui dobbiamo
rendere conto, e che conto! - dobbiamo distinguere molto bene due cose:
la prima cioè che siamo cristiani, la seconda che siamo posti a
capo. Il fatto di essere cristiani riguarda noi stessi; l’essere posti
a capo invece riguarda voi. Per il fatto di essere cristiani dobbiamo badare
alla nostra utilità, in quanto siamo messi a capo dobbiamo preoccuparci
della vostra salvezza”.
1. “Legano ...” ecco il primo rimprovero che viene fatto a noi che siamo
seduti in cattedra. E’ il rimprovero e quindi la messa in guardia dall’annunciare,
dal trasmettere a voi parole e comandi che non siano dal e del Signore.
Il secondo rimprovero o messa in guardia non è meno terribile: “fanno
tutte le loro azioni ...”. E’ il rimprovero di fare della posizione che
abbiamo nella Chiesa, un piedistallo della nostra vanità e della
nostra ambizione.
A ben guardare, i due rimproveri alla fine stigmatizzano una
sola mancanza di noi pastori: quella di porre se stessi sopra i fedeli
che ci sono stati affidati. Come, quando ci poniamo al di sopra? Precisamente
in primo luogo quando leghiamo pesanti fardelli e li mettiamo sulle vostre
spalle. Quando cioè non leghiamo sulle vostre spalle “il giogo di
Cristo” che è leggero e soave, che è fonte per voi di libertà.
Quando cioè non vi annunciamo più il Santo Vangelo di Cristo,
ma parole o dottrine semplicemente umane. Allora noi leghiamo pesanti fardelli
e li mettiamo sulle vostre spalle. Al contrario noi rafforziamo la vostra
fede, confortiamo e rallegriamo i vostri cuori con la vera consolazione
dello Spirito Santo, quando vi comunichiamo solo la dottrina di Cristo,
ed allora, fratelli e sorelle, pregate perché mi abbeveri continuamente
alla fonte vivificante della Parola del Signore, così assieme ai
sacerdoti potrò continuamente nutrirvi del vero cibo della nostra
santa fede.
Ma noi pastori possiamo porci al di sopra di voi in un altro
modo: facendo del nostro ministero, un motivo di vanità e di ambizione.
Sentite anche voi le parole di Gesù rivolte a noi: “amiamo occupare
i primi posti...” Fratelli e sorelle, l’affetto spirituale che vi lega
al vostro pastore vi porta spontaneamente a tributargli anche segni di
onore, di venerazione profonda, la cosa non era condannata da S. Paolo.
Sentite che cosa scrive ai suoi cristiani: “Mi avete accolto come un angelo
di Dio. Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste
cavati anche gli occhi per darmeli” (Gal. 4,14-15). Certo: questi vostri
segni di onore possono indurre il pastore alla vanità. Ma non è
da questa ridicola, puerile vanità che il Signore mette in guardia
il pastore. E’ una inammissibile pretesa di superiorità all’interno
della Chiesa, che il Signore condanna senza mezze misure. Questa pretesa
colpisce nel cuore la nostra comunità, la Chiesa santa. Essa infatti
“si costruisce sulla base del riconoscimento di fede del Padre comune e
del medesimo Signore Gesù Cristo, con l’esclusione di ogni egemonia
umana concorrenziale che disdica la fondamentale uguaglianza di tutti i
credenti”.
Ecco fratelli e sorelle, avete sentito il richiamo, la messa
in guardia fatta ai pastori, a me vostro vescovo in primo luogo: niente
e nessuno prenda il posto di Cristo.
2. Con tutto questo non viene tolto a noi il peso di una autorità
vera e propria. Del resto, il Signore stesso mi ha costituito vostro pastore,
contro la mia stessa volontà e desiderio e mi ha inviato a voi.
Ma di che natura è questa autorità? Ascoltate: “il più
grande fra voi deve essere vostro servo”. La “grandezza” nella Chiesa consiste
nel dovere di servire i fedeli di Cristo. Servirvi in che modo? In primo
luogo annunciandovi il Vangelo dell’amore del Padre, il Vangelo di Cristo.
L’atto più grande del servizio che vi devo è dunque indicare
inequivoco chi è il maestro della verità, chi è il
conoscitore del Padre al quale andare per essere condotti alla pienezza
della luce divina, qual è il trono dal quale discende l’acqua che
pacifica e disseta le anime, qual è la fonte dalla quale zampilla
l’acqua ch+e conduce alla vita eterna” (S. Corsi, Sussidio biblico-pastorale
per la liturgia domenicale, 1, pag. 77). In una parola: portarvi a Cristo,
pastore delle vostre anime. “Non fatevi chiamare maestri ...” . Certamente,
come voi vedete, il Vescovo ha la sua cattedra e su di essa siede. Ma proprio
a causa di questo, Egli deve farsi discepolo più attento dell’unico
Maestro che è Cristo, per poter essere dispensatore dei divini Misteri.
Vi darò la parola di verità, solo se non vi dirò parole
mie. “Se dicessimo infatti cose nostre, saremmo pastori che pascono se
stessi, non il gregge; se invece diciamo cose che vengono da Lui, Egli
stesso vi pascerà servendosi di chiunque” (S. Agostino). Così
sia veramente, fratelli: sia Cristo a pascervi attraverso il mio ministero
pastorale.
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