TUTTI I SANTI 1998
Cattedrale – FE
1. “Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno
poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. La moltitudine
di cui parla l’apostolo S.Giovanni nella prima lettura, è l’insieme
di “coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato
le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello”. E’ la moltitudine
dei Santi, di tutti i Santi che attraverso la tribolazione della vita presente
sono ormai giunti nella beatitudine della visione divina, redenti pienamente
e completamente purificati dal Sangue di Cristo. Ecco, fratelli e sorelle,
questo è il primo e fondamentale significato della solennità
odierna: celebrando tutti i Santi, orientare più consapevolmente
la nostra vita attuale verso la sua destinazione finale, la vita eterna
col Signore.
Noi terminiamo la professione della nostra fede, dicendo: “Credo… la
vita eterna: Amen”. Infatti, “Cristo… proprio rivelando il mistero del
Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli
manifesta la sua altissima vocazione” (Conc. Ec. Vaticano secondo, Cost.
Gaudium et Spes 22.1). Cristo svela l’uomo a se stesso, manifestandogli
precisamente la sua altissima vocazione. Solo quando l’uomo, ciascuno di
noi, sa con certezza che non è destinato interamente e definitivamente
alla morte, ma alla vita eterna, prende coscienza della sua altissima dignità.
Egli è destinato alla vita stessa di Dio. Perciò l’uomo “non
sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più
che soltanto una particella della natura o un elemento anonimo della città
umana” (ibid. 14,3). La celebrazione odierna è una risposta chiara
ad una domanda essenziale ed ineludibile che nasce dalla profondità
del cuore umano: «a che cosa sono destinato?». “Questa sarà
la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere
l’onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme
con Cristo” (S.Cipriano, Epistulae 56,10; PL 4,357B). E pertanto, celebrando
la gloria eterna dei suoi santi, la Chiesa oggi confuta ogni visione parziale
dell’uomo che lo riduca ad essere cittadino solo di questo mondo; ogni
rifiuto di interrogarsi sul suo destino finale, per restringere il proprio
desiderio dentro all’istante presente; ogni censura della domanda sul senso
ultimo della propria vita. La celebrazione odierna ci libera da quel diffuso
stato o condizione spirituale di dubbio radicale, che facilmente sfocia
nello scetticismo e nell’indifferentismo.
2. “Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per
essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente”. La contemplazione
della gloria di tutti i santi nella vita eterna non ci svela solamente
la destinazione finale della nostra vita. Essa ci rivela anche che cosa
sta all’origine della medesima: quale è il fatto che ne spiega il
sorgere. “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre…”. Se la nostra
destinazione finale è la vita eterna, ciò è dovuto
al fatto che ciascuno di noi è stato pensato e voluto, cioè
creato, come “figlio di Dio”. All’origine del nostro esserci sta questo
atto di amore, questo «grande amore» che il Padre ci ha dato.
Ora, ogni figlio ha la stessa natura del padre che lo ha generato. Generati
nel santo battesimo da Dio, noi diveniamo fin da ora partecipi della stessa
natura divina: “noi fin da ora siamo figli di Dio”.
Carissimi fratelli e sorelle, la contemplazione della gloria
di tutti i santi nella vita eterna non ci fa evadere neppure per un momento
dalla nostra vita quotidiana: dalla pesantezza della nostra vita quotidiana.
Per due ragioni, che ci sono ambedue insegnate chiaramente nella seconda
lettura.
La prima ragione è che “noi fin da ora siamo figli di
Dio”. Già da ora siamo in possesso della stessa condizione, della
stessa vita divina di cui sono partecipi tutti i santi nella eternità.
Già da ora è stato deposto in ciascuno di noi quel germe
in forza del quale, quando il Cristo si manifesterà “noi saremo
simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è”.
Dunque, per essere orientati alla vita eterna non ci è chiesto di
evadere neppure per un istante dalla nostra vita quotidiana; non ci è
chiesto di sprofondarci in chissà quali «meditazioni trascendentali».
Che cosa ci è chiesto? Ascoltiamo la parola di Dio: “chiunque ha
questa speranza in Lui, purifica se stesso, come Egli è puro”.
Ecco che cosa significa essere orientati alla vita eterna: togliere
dalla nostra condizione umana, terrena, tutto ciò che è contrario
alla dignità, alla verità, alla bontà del nostro essere
«figli di Dio». “Chi salirà il monte del Signore, chi
starà nel suo luogo santo? – Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna”. Ed è a questo punto che incontriamo
il messaggio evangelico delle beatitudini. Quale è questo messaggio?
Non si sale il monte del Signore, non si starà nel suo
luogo santo se non si posseggono quelle condizioni indicate dalle beatitudini
enunciate da Gesù. Le beatitudini enunciate da Gesù non sono
indicazioni valide solo per chi volesse raggiungere una particolare perfezione
morale. Sono semplicemente le condizioni assolutamente necessarie per entrare
e vivere nella vita eterna. L’ideale che ci viene oggi presentato non è
un certo livello di perfezione morale o religiosa: è semplicemente
la strada per rimanere in cammino verso il Paradiso. Se no, sei fuori strada:
se non diventi povero in spirito, puro di cuore, affamato ed assetato della
giustizia e così via.
Che i Santi, i quali sono già nella pienezza della vita
eterna perché hanno percorso la via delle beatitudini evangeliche,
ci proteggano nel nostro cammino verso la pienezza della beatitudine eterna.
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