OMELIA PRIMO MAGGIO 1998
Cattedrale di Ferrara
1 maggio 1998
1. “Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza»”.
Nel racconto della creazione, dopo che ebbe creato tutte le cose e giunto
al momento di creare l’uomo, Dio è come se interrompesse la sua
opera, per fermarsi in un momento di riflessione: “facciamo l’uomo”. Quasi
come a pensare a ciò che stava facendo, per cercarne in se stesso
il modello: “… a nostra immagine e somiglianza”. E poi passa all’opera:
“Dio creò l’uomo a sua immagine; ad immagine di Dio lo creo; maschio
e femmina li creò”.
Queste parole piene di significati immensi ci svelano la singolare
unicità della persona umana, di ogni persona umana uomo o donna.
La persona umana ci viene mostrata da questa parola di Dio come essenzialmente
diversa da ogni altra creatura, come non mai pienamente riducibile a ciò
che non è umano. Questa diversità consiste nella sua superiorità
sopra ogni altra creatura: diversa perché superiore, e superiore
perché diversa. “La persona indica ciò che di più
perfetto esista in tutta la natura” (S. Tommaso, 1,q.29, a.3). E’ importante
che oggi affermiamo questa nobiltà della persona umana, questa sua
diversità-superiorità, vivendo ormai in una cultura sempre
più organizzata attorno alla menzogna circa l’uomo. E la prima menzogna
sull’uomo è quella di negarne l’essenziale diversità e l’infinita
superiorità su ogni altra creatura. Siamo arrivati ormai al punto
di essere più preoccupati dei sedicenti diritti degli animali che
del rispetto delle persone umane: quando si cerca di trattare gli animali
come le persone è perché di solito si è già
cominciato a trattare le persone come gli animali. Cancellare il confine
fra ciò che è umano e ciò che è animale, è
atto di stoltezza che può avere conseguenze incalcolabili nella
nostra cultura.
Ma la pagina biblica ci rivela anche in che cosa consista propriamente
la nobiltà propria della persona umana: “facciamo l’uomo a nostra
immagine e somiglianza”. Tutta la grandezza unica dell’uomo consiste nel
suo essere “ad immagine e somiglianza” di Dio. Solamente la persona umana
è fatta in modo tale da poter essere interpellata da Dio stesso:
creando l’uomo, Dio volle creare un «tu» che potesse avere
relazioni con Lui. Dio ha posto in essere una creatura che potesse ascoltarlo
e rispondere a Lui: in una parola, una creatura libera. Ed infatti, Dio
non si rivolge mai alle altre creature, ma creati l’uomo e la donna, rivolge
loro subito la parola: “Ecco, io vi do ogni erba …”. Dio dona all’uomo
tutto il creato, perché nell’obbedienza al suo Creatore, esercitasse
il dominio su ogni creatura. E’ questa tutta la nobiltà dell’uomo:
la sua relazione con Dio, che non è qualcosa di aggiunto e posticcio,
ma è costitutiva del suo essere. I titoli della nobiltà dell’uomo
sono dunque due. Soltanto la persona umana è libera, cioè
“ha il dominio dei propri atti, determinandosi da sola al suo agire, mentre
le altre creature, più che muoversi sono mosse ad agire”. Ed inoltre
solo la persona umana “raggiunge colla sua azione … Dio, conoscendolo ed
amandolo” (cfr. S. Tommaso, SCGIII, 111).
Ecco, fratelli e sorelle: questa è la verità dell’uomo,
questa è la sua grandezza vera. Ma comprendiamo anche che, se tutta
la nobiltà dell’uomo consiste nel suo rapporto con Dio, quando questa
dimensione dell’uomo viene dimenticata o negata, ciò che è
insidiato gravemente è la dignità della persona. La
“morte di Dio” in realtà è la “morte dell’uomo”.
2. “La gente rimaneva stupita e diceva: … non è egli forse il
figlio del carpentiere?” Il “figlio dell’uomo”, Dio fattosi uomo, viene
qui indicato come il “figlio del carpentiere”. Pilato spregiativamente
aveva detto: “Ecco l’uomo” (Gv 19,5) ed aveva, senza volere, detto la verità
più profonda: Cristo svela interamente all’uomo il mistero dell’uomo.
Gli abitanti di Nazareth scandalizzati dicono: “non è costui il
figlio del carpentiere?” e dicono la verità profonda di Cristo:
Egli fattosi uomo, ha lavorato. La prima lettura e il Vangelo si incontrano
in un profondo accordo.
La dignità del lavoro dipende dalla dignità dell’uomo:
l’uomo non è nobile perché lavora, ma il lavoro è
nobile perché compiuto dall’uomo. E’ l’uomo a dare dignità
al lavoro e non il lavoro all’uomo. La persona trascende anche il suo lavoro.
Ogni volta che il lavoro viene considerato, trattato come attività
staccata dalla persona che lo compie, si costruisce una economia che non
rispetta più la dignità dell’uomo. Quando avviene questo
distacco, quando cioè si dimentica, che di fatto non esiste il lavoro,
ma l’uomo che lavora (Laborem exercens homo)?
Ciò avviene quando si considera il lavoro umano alla stessa
stregua delle altre attività produttive: quando viene completamente
assoggettato alle leggi del mercato; quando ci si orienta verso un’economia
nella quale la persona che lavora non è più posta al centro;
quando la persona rischia di perdere la sua dignità poiché
non è più l’uomo che costruisce a sua immagine e somiglianza
le strutture, ma le strutture che fanno l’uomo a loro immagine e somiglianza.
La parola di Dio oggi sull’uomo, sulla sua dignità da
porsi nel suo essere “ad immagine e somiglianza” di Dio, ci chiede che
questa “concezione personalista” del lavoro trovi un posto centrale nella
nostra società ferrarese.
Ecco, fratelli e sorelle: in Cristo vediamo la pienezza della dignità
dell’uomo. Preghiamo perché questa dignità sia sempre rispettata;
la superiorità dell’uomo integralmente considerato sui mezzi di
natura materiale, quelli finanziari compresi, sia sempre salvaguardata;
i segni di ripresa dell’occupazione che sembrano esserci nella nostra città,
abbiano sviluppo vero e duraturo.
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