OMELIA GIORNATA DELLA VITA
Cattedrale Ferrara
1 febbraio 1998
1. “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo / prima che tu
nascessi alla luce, ti avevo consacrato.” Ciò che si sente dire
il profeta Geremia quando ha già trent’anni e lo riempie di un immenso
stupore, quest’oggi è detto dal Signore Iddio a ciascuno di noi:
“prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo”. E così ci
viene svelato il mistero più profondo di noi stessi, quel mistero
che urge dentro al nostro essere quando ci chiediamo: da dove vengo? Che
cosa sta all’origine della mia vita: il caso? Il profeta si sente rispondere:
tu non esisti per caso dal momento che prima che tu venissi formato nel
corpo di una donna tu eri già presente nel pensiero di Dio. Nessuno
di noi esiste per una inspiegabile casualità; ciascuno di noi è
stato pensato, voluto prima ancora che cominciasse ad esistere. Di conseguenza
nessuno di noi è inutile o superfluo, poiché, dice ancora
il Signore al profeta ed a ciascuno di noi, “prima che tu uscissi alla
luce, ti avevo consacrato”. Cioè: a te ho affidato un compito, una
missione da realizzare. Nessuno di noi esiste invano, poiché nello
stupendo piano con cui Dio governa provvidenzialmente l’universo, ciascuno
ha un suo proprio compito da svolgere ed è semplicemente insostituibile.
Carissimi fratelli, carissime sorelle: oggi celebriamo in Italia
la XX giornata per la vita. In essa noi vogliamo “proclamare la bellezza
e il valore della vita, per denunciare gli abusi, le ingiustizie e le violenze”
(Messaggio dei Vescovi italiani). La parola e l’esperienza profetica oggi
ci svelano le radici ultime del valore della vita: l’esistenza di ogni
individuo, fin dalle sue origini, è nel disegno di Dio. Ne deriva
una conseguenza immediata: poiché fin dal suo inizio la vita di
ogni persona umana comporta l’azione creatrice di Dio, essa appartiene
esclusivamente a Lui e nessuno può rivendicare a sé il diritto
di sopprimere direttamente un essere umano innocente. Nessuno: neppure
un Parlamento sia pure democraticamente eletto. “Come di potrebbero moralmente
accettare delle leggi che permettono di uccidere l’essere umano non ancora
nato, ma che già vive nel grembo materno? Il diritto alla vita diventa
in tal modo appannaggio esclusivo degli adulti, che si servono degli stessi
parlamenti per attuare i propri progetti e per perseguire i propri interessi”
(Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglia 1994, 21).
2. E’ il S. Vangelo che sottolinea un fatto costante nella storia umana.
L’annuncio della salvezza che si compie nella persona e nella vita di Gesù
viene fortemente contrapposto alla minaccia della vita stessa di Gesù:
“All’udire queste cose… giù dal precipizio”. E’ ciò che sta
succedendo anche oggi, quando si scontrano due civiltà opposte:
la civiltà della vita e la civiltà della morte.
E’ necessario allora che leggiamo con molta attenzione questa
pagina del Vangelo per capire i “termini” di quello scontro.
La radice da cui ha origine l’opposizione alla vita di Gesù,
è la considerazione di ciò che viene ritenuto essere segno
di piccolezza: “E dicevano: «non è il figlio di Giuseppe?»”.
La radice anche oggi della minaccia, di ogni minaccia alla vita è
il disprezzo dell’uomo; è la negazione dell’onore dovuto ad ogni
persona umana dal momento del suo concepimento fino al momento della sua
morte naturale. Negazione che non riconosce nel solo e semplice fatto di
l’essere-persona umana la ragione sufficiente per esigere un rispetto assoluto,
prescindendo dalla sua particolare condizione. Anche nella sua condivisione,
Gabriele (il piccolo di Torino) merita un onore ed un rispetto assoluto
e non può essere considerato una cava di estrazione di organi umani.
Ma i concittadini di Gesù non si limitano a disprezzarlo.
Essi cercano di ucciderlo. Che cosa può avere spinto gli abitanti
di Nazareth a compiere questo gesto estremo? La pagina del Vangelo lo chiarisce
molto bene: il fatto che da Lui non ricevano alcun beneficio, mentre i
primi beneficiari avrebbero essere i suoi concittadini. Tocchiamo qui un
punto fondamentale. L’uomo e la sua dignità è già
messa in questione quando si costruisce il rapporto sociale come rapporto
per ottenere un utile. L’altro è allora usato e non più onorato
e riconosciuto nella sua dignità. Ad una società fondata
sulla solidarietà si sostituisce una società sempre più
fondata sulla coesistenza di opposti egoismi. “Da società di conviventi,
le nostre città rischiano di diventare società di esclusi,
di emarginati, di rimossi e soppressi” (Lett. Enc. Evangelium Vitae 18).
Gesù viene rifiutato perché non è stato di nessuna
utilità: “quanto abbiamo udito che accade a Cafarnao, fallo anche
qui, nella tua patria”.
Gesù rispose a questa minaccia in un modo stupendo: col
Vangelo dell’universale gratuità dell’amore. Egli vede se stesso
come la perfetta realizzazione di quanto i profeti avevano prefigurato.
Ogni uomo merita di essere amato; ogni uomo è infinitamente prezioso
agli occhi di Dio.
Questo comportamento di Gesù ci svela il centro stesso
del Vangelo della Vita. “Esso è annuncio di un Dio vivo e vicino,
che ci chiama a una profonda comunione con sé e ci apre alla speranza
certa della vita eterna; è affermazione dell’inscindibile legame
che intercorre tra la persona, la sua vita e la sua corporeità;
è presentazione della vita umana come vita di relazione, dono di
Dio, frutto e segno del suo amore; è proclamazione dello straordinario
rapporto di Gesù con ciascun uomo, che consente di riconoscere in
ogni volto umano il volto di Cristo; è indicazione del «dono
sincero di sé» quale compito e luogo di realizzazione piena
della propria libertà” (Lett. Enc. Evangelium Vitae 81).
E’ inscindibilmente il Vangelo dall’amore di Dio per l’uomo e
il Vangelo dell’infinita dignità della persona.
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