OMELIA SOLENNITA’ TUTTI I SANTI 1996
Omelia al Cimitero
E’ un contrasto stridente quello che stiamo vivendo con e in questa
celebrazione eucaristica. Ci troviamo in un cimitero dove, almeno in apparenza,
regna la morte e la Parola di Dio ci porta a contemplare una comunità
di viventi in piena festa. Del resto tutta questa liturgia che stiamo celebrando
è la celebrazione della vita e della gioia. Che cosa ci dà
diritto di fare questo? Di venire ad annunciare la speranza e la gioia
proprio vicino alle tombe dalle quali anche la speranza fugge? Ascoltiamo
profondamente la parola di Dio e comprenderemo che cosa abbiamo il diritto
di sperare anche in un cimitero.
1. “Quale grande amore ...” Siamo subito riportati alle radici del nostro
esserci. Nessuno di noi esiste per caso o per necessità: ciascuno
di noi esiste perché Dio lo ha amato. Esisto perché sono
amato. Amato come figlio: il Dio che ci ha creato è il Padre del
Signore nostro Gesù Cristo. Egli ci ha precisamente creati per effondere
su di noi, per estendere a ciascuno di noi il suo Amore di Padre. Nessuno
di noi può essergli estraneo, essendogli figlio: non è così
per “così dire”, ma veramente e realmente. La premessa, la radice
da cui sgorga la nostra persona è questo Amore eterno, infinito,
immenso, onnipotente che il Padre ha per noi, in Cristo Gesù.
Proviamo allora a chiederci: quale sarà allora il destino
di ciascuno di noi, il destino finale ultimo? Sarà la morte eterna?
Finiremo completamente? Fratelli e sorelle, proviamo a pensare ad un’esperienza
umanissima che molti di voi vivranno proprio qui, proprio ora davanti alla
tomba di una persona cara. Davanti a quella tomba, prova a chiederti: se
tu avessi potuto, avresti impedito la morte della persona amata? Certamente:
l’amore non vuole la morte della persona amata. Ma il nostro amore non
è così forte, non è onnipotente. Orbene: tu sei amato
da un Amore che può tutto!
Ecco, perché non permette che tu muoia: perché ti ama
con un Amore onnipotente. Ascolta la sua parola: “noi saremo simili a Lui,
perché Lo vedremo come Egli è”. Ecco che cosa abbiamo il
diritto di sperare: di vedere Dio, il Padre e di vivere con Lui nell’eternità.
L’eternità è il nostro destino: “saremo simili a Lui”. E
Lui è il vivente in eterno.
2. Ma il contrasto di cui parlavo al principio sembra allora diventare
più intenso e più conturbante: il nostro destino è
l’eternità, perché questa realtà in cui ci troviamo,
questa realtà di sepolcri, di morte, di corruzione, di sparizione
apparentemente totale? Rimettiamoci all’ascolto della parola di Dio. Essa
ci rivela che per entrare nella vita eterna occorre passare attraverso
la grande tribolazione. “Essi sono coloro che ...”
Di quale “grande tribolazione” si parla? Nella S. Scrittura questa
espressione indica, descrive il momento decisivo, ed anche doloroso, in
cui Dio il Signore interviene nella nostra storia umana. Questo intervento
è stato la morte di Cristo, nella quale siamo stati liberati dalla
morte eterna. Chi sono coloro che vedono ora il Signore e vivono nella
sua beata eternità? Sono coloro che sono passati attraverso la morte
di Cristo: sono morti - e qui ne vediamo il segno - in Cristo e con Cristo.
Ciò non toglie nulla alla realtà, al peso della nostra morte:
una grande tribolazione. Ma morendo in Cristo, i nostri fratelli non sono
caduti in un nulla eterno, ma sono entrati nella vita. Venendo e passando
attraverso la grande tribolazione della morte di Cristo e loro, sono giunti
“davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo
santuario”. Grazie a Cristo, per la sua morte e resurrezione, i nostri
morti vivono nella comunione con Dio. Ecco perché possiamo celebrare
una liturgia di lode e di gioia dentro un cimitero: è celebrazione
della vittoria di Cristo e nostra in Lui sulla disperazione della morte.
“Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata;
e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata
un’abitazione eterna nel cielo”.
Ed allora, fratelli e sorelle, prepariamoci all’ora della nostra morte.
Come? “in ogni azione , in ogni pensiero, dovresti comportanti come se
tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta
paura della morte. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire
la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani?” (Imitazione
di Cristo I, 23.1)
|