IL MISTERO DELLA CHIESA
Sala Estense: 5 maggio 1999
Vorrei iniziare la mia riflessione da una pagina evangelica: Mc 6,1-3.
Perché i concittadini di Gesù passano dallo stupore allo
scandalo? Scandalo ha qui un significato molto negativo: Gesù si
sente oggetto di disprezzo. Per quale ragione? Perché ritengono
impossibile che Dio parli attraverso uno di noi; che Dio possa compiere
la sua opera mediante uno di cui si conoscevano tutte le relazioni umane;
che non presentava niente di misterioso a prima vista; che parole eterne
potessero essere dette umanamente, carnalmente.
Ma questa è la "sostanza del cristianesimo" e la decisione di
diventare cristiani consiste esattamente nel credere non solo che questo
è possibile, ma che è realmente accaduto: il Verbo
si è fatto carne (Gv 1,14). Il più grande imbroglio
combinato da larga parte della cultura moderna nei confronti dell’uomo
bisognoso di salvezza è stato di aver tolto questo "scandalo", e
nello stesso tempo (questo è l’imbroglio!) di aver fatto credere
che solo attraverso la soppressione dello scandalo di un Dio incarnato
si serva la vera causa della fede cristiana. Ben più onesti furono
gli abitanti di Nazareth!
02. L’esperienza narrata dal Vangelo di Marco si ripete oggi tale
e quale nei confronti della Chiesa: la Chiesa subisce la stessa sorte
di Gesù nel momento in cui essa va nella sua patria, cioè
viene a dimorare dentro alla storia carnale dell’uomo. Anche nei confronti
di essa allo stupore iniziale subentra lo "scandalo", ed alla fine il disprezzo.
Per quale ragione? Per la stessa che per Gesù: la pretesa da essa
sempre avanzata non semplicemente di essere il veicolo di una Presenza
di Dio, ma di esserlo attraverso l’umano. Anzi: l’umano com’è nella
sua quotidianità, impastato di miseria e di grandezza, di fango
e di luce.
Ed anche nei confronti della Chiesa è scattata quell’operazione
di imbroglio combinato dalla cultura moderna: togliere lo scandalo di uomini
infermi e carnali dai quali dipende il perpetuarsi della Presenza del Verbo
incarnato. Ma nello stesso tempo far credere che solo attraverso questa
soppressione, la vera natura della Chiesa sarebbe stata finalmente affermata.
Questa soppressione dello scandalo della Chiesa, sempre esattamente
nello stesso modo che nei confronti di Cristo, è preceduta su due
strade (né poteva essere diversamente!). O togliere la carnalità:
la Chiesa è solo dei santi: è una società di spiriti
eletti; il resto è solo apparenza o zavorra. O togliere la Presenza:
la Chiesa è una delle più grandi organizzazioni sociali per
il benessere dell’umanità; una specie di Croce Rossa chiamata a
raccogliere i feriti lasciati lungo i fossi dalla spietata società
occidentale; il resto è pura evasione. O neghi la carnalità
inferma, relegando la Presenza fuori dal vissuto quotidiano della vita
umana; o affermi la carnalità inferma, negandone la capacità
di veicolare la Presenza. Nell’uno e nell’altro caso lo "scandalo"è
tolto; e l’uomo, quello vero che chiedo solo che gli si dica se può
continuare a sperare in un incontro che sia risposta al suo illimitato
desiderio di beatitudine, è imbrogliato.
Ma allora, che cosa è la Chiesa? Quale carta d’identità
essa esibisce per essere riconosciuta? Ed è ragionevole che noi
le crediamo quando dice ciò che dice di se stessa? In fondo cercheremo
di rispondere ai seguenti due interrogativi.
Il primo: che cosa è la Chiesa? Il secondo:
è ragionevole credere che la Chiesa sia ciò che essa dice
di essere?
1. [Il mistero della Chiesa]. Il primo momento della risposta al primo
interrogativo è il seguente: la Chiesa è un Mistero.
Sono ora costretto a fermarmi a spiegare questa parola chiave del vocabolario
cristiano, dal momento che – a causa dell’imbroglio di cui ho parlato –
il vocabolario cristiano, nei suoi termini chiave, è diventato insostenibilmente
ostico a molti di noi. Che cosa significa "mistero" nel vocabolario cristiano?
Parto da un esempio. Se voi fate analizzare da un chimico il marmo di
cui è fatta la Pietà di Michelangelo e un qualsiasi pezzo
di marmo estratto dalle Apuane, avrete lo stesso risultato, la stessa formula
chimica. Sulla base di questa identità, ci può essere chi
conclude: "visti i risultati dell’analisi chimica, non c’è nessuna
differenza fra la Pietà di Michelangelo ed un qualsiasi pezzo
di marmo. E pertanto, tutti i di discorsi fatti sulla Pietà di Michelangelo
sono frutto di illusione: vedono in un pezzo di marmo ciò
che non c’è. Il diverso trattamento-atteggiamento tenuti nei confronti
della Pietà di Michelangelo sono frutto di oscurantismo fanatico".
Non so come avete reagito dentro di voi ascoltando questo modo di pensare
che ritiene la Pietà di Michelangelo un normale pezzo di marmo:
so comunque come ho reagito io di fronte a questa ipotesi. Mi sono ricordato
di un’esperienza vissuta tanti anni fa, quando studente universitario a
Roma, vidi per la prima volta la Pietà in S. Pietro. Ciò
che ho provato nel cuore, non l’avevo mai provato di fronte ad un normale
pezzo di marmo, poiché vedevo in quel marmo ed attraverso
quel marmo espressa una umanità, una verità sull’uomo nella
quale mi trovavo pienamente coinvolto. E sono sicuro che anche ciascuno
di voi, vedendo la Pietà, ha vissuto la stessa esperienza.
Che cosa fa il "primo personaggio"? compie un’operazione riduttiva
che consiste nel ridurre "il segno" ad "apparenza", nell’interpretare una
realtà (la pietà di Michelangelo) soltanto nel suo aspetto
percettivamente immediato. Egli in fondo dice: "la Pietà di Michelangelo
non è altro che [ecco la riduzione!] marmo e ve lo dimostro,
staccandone un pezzo e facendolo analizzare da un chimico".
Che cosa invece accade nel "secondo personaggio"? vede nel marmo la
presenza di una realtà che, da una parte, non è esattamente
il marmo stesso, ma, dall’altra, non si rende presente se non attraverso
il marmo. E’ la presenza di una realtà significata visibilmente.
L’esempio fatto ci aiuta, spero, a capire il significato del termine
cristiano "mistero". Che cosa è il "mistero"? e’ la Presenza di
Dio salvatore nella realtà sensibile ed attraverso la realtà
sensibile, la quale pertanto diventa "segno" di quella Presenza stessa.
Mistero e segno in un certo senso coincidono: il "mistero" diventa sperimentabile
attraverso il "segno". Il segno indica la presenza del Mistero; lo segnala
ai nostri occhi, alle nostre mani, alle nostre orecchie; lo rende sperimentale
perché ne realizza la Presenza (cfr. 1Gv 1,1-4).
Abbiamo ora la possibilità di avere il primo approccio intelligente
alla realtà che è la Chiesa. Che cosa è la Chiesa?
La Chiesa è il mistero. Cioè: è il "segno" visibile,
palpabile, nel quale si rende presente Cristo stesso e la sua potenza redentiva
della dignità dell’uomo. Fra la Chiesa in quanto realtà visibile,
descrivibile, constatabile e la Presenza nel tempo e nello spazio di Cristo
non c’è né separazione né confusione, ma l’unità
nella distinzione. Non c’è separazione: la Chiesa è
la via, il metodo attraverso cui Cristo vive ed opera nel tempo, così
come Cristo è la via, il metodo, attraverso cui Dio ha deciso di
comunicarsi all’uomo. Non c’è confusione: la Chiesa è
una comunità di persone precise, ciascuna con la propria irripetibile
singolarità e la proprio storia; Gesù Cristo crocifisso-risorto
è nella sua assoluta unicità, assolutamente distinto. C’è
unità nella distinzione: è l’unità propria di
"segno" e "mistero" nella quale il "mistero" si fa presente attraverso
il "segno" [=unità], senza che il "segno" venga a perdere la sua
consistenza propria [=nella distinzione]. La S. Scrittura ha espresso tutto
questo con due simboli: la Chiesa è il "corpo di Cristo"; la Chiesa
è la "sposa di Cristo". Col primo ci svela l’unità profonda
che lega Cristo alla Chiesa. Il corpo è la persona; la persona è
espressa, diventa visibile nel e mediante il suo corpo. Col secondo ci
svela al contempo e l’unità e la distinzione che vige fra Cristo
e la Chiesa. Gli sposi sono "due in una sola carne": permangono nella loro
distinta persona e nello stesso sono l’una per l’altro, l’uno dell’altro.
Cerchiamo allora di penetrare più profondamente dentro al "mistero"
che è la Chiesa, cioè (è la stessa cosa) alla Presenza
di Cristo crocefisso-risorto nella ed attraverso la comunità dei
suoi discepoli.
A questo scopo è necessario avere un’intelligenza vera della
realtà della Presenza di Cristo, vera chiave di volta per
capire il "mistero" che è la Chiesa.
Proviamo a rileggere con grande attenzione la pagina scritta da S. Luca
in atti di Apostoli 2,1-42, dove viene descritta la nascita della Chiesa,
il giorno di Pentecoste.
1,1. Noi costatiamo un gruppo di persone che si trovano insieme [vedremo
poi la profondità di questo "trovarsi assieme"] non per custodire
il ricordo di una persona, Gesù di Nazareth, come fosse ormai consegnata
al passato. Era successo già altre volte che uomini discepoli di
un maestro, alla sua morte, ne tenessero vivo il ricordo, ne meditassero
le parole e gli insegnamenti. Come non pensare a Platone, per non citare
che un caso, ed al suo rapporto e ricordo di Socrate. Non è questa
la "logica" che fa nascere la Chiesa. Essa si costituisce nella storia
degli uomini come rapporto col Cristo vivente nella sua fisicità,
nel suo corpo: col Cristo crocefisso che è risorto nel suo vero
corpo. Il fatto costitutivo di quel gruppo di persone è questo:
non è la volontà che un insegnamento così grande non
andasse perduto; non è una sorta di "fissazione nostalgica" in un’esperienza
straordinaria, ma passata.
Essi non vanno in giro per il mondo per comunicare in primo luogo una
dottrina. La loro unica "dottrina" che per loro costituiva il tutto, era
un "fatto": "quel Gesù che è stato crocefisso ed era morto,
è ora vivo nel suo corpo, e noi siamo in rapporto con Lui". Non
si proponeva in primo luogo di aderire ad un’ideale di vita: si offriva
ad ogni uomo la possibilità di vivere con Gesù che era risorto
nel suo vero corpo.
Dio non è venuto dentro alla storia per qualche anno, per uno
spazio di tempo inafferrabile per chi viene dopo che quello spazio di tempo
che si è chiuso. Egli vi rimane, in compagnia di ogni uomo che voglia
vivere con Lui. Questa è la completa descrizione del contenuto della
coscienza che la Chiesa ha di sé: la compagnia che Dio in Cristo
fa ad ogni uomo che lo voglia. Ciò che è accaduto il giorno
di Pentecoste accade ogni giorno là dove c’è la Chiesa.
1,2. E qui si pone il secondo fattore costitutivo di questa comunità
umana, che rende possibile il primo.
La pagina di Luca ci mostra dunque una comunità di uomini che
vivono l’esperienza della presenza di Cristo; una presenza che afferra
la loro vita redimendola nella sua originaria grandezza, assumendola nella
Sua, compaginando fra loro una profonda unità.
Essi – ecco il secondo fattore costitutivo – avevano la consapevolezza
che questo avvenimento accadeva in forza di una "potenza dall’alto"; in
forza del "dono dello Spirito Santo", che è precisamente lo Spirito
del Signore risorto. Che cosa significa "Spirito del Signore risorto"?
L’umanità di Gesù ( il suo corpo e la sua anima umani),
in forza della risurrezione diviene partecipe della stessa vita divina:
è pienamente investita della gloria divina. Uno di noi è
entrato pienamente, anche col nostro corpo, nella relazione divina col
Padre. E’ entrato nel vincolo pieno dello Spirito Santo. "Gesù,
che vive e regna alla destra del Padre, non possiede niente di più
intimamente suo dello Spirito Santo. Perciò, effondendolo sulla
creazione, la connette a sé con il più tenace dei legami…In
virtù di questa effusione pentecostale, gli uomini che l’accolgono
si uniscono e si conformano a Cristo, che così diventa il capo dell’umanità
nuova; quell’umanità che, saldata e configurata a lui, può
giustamente essere detta "suo corpo" (G. Biffi, La sposa chiacchierata.
Invito all’ecclesiocentrismo, ed. Jaca Book, Milano 1998, pag. 82).
E’ questa la Chiesa nella sua più profonda vita. E’ una vita che
pulsa dentro alle miserie e alle schiavitù che ci avviliscono, ma
è una vita che va dilatandosi proprio dentro alle nostre carni disfatte.
"Riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati
in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello
Spirito del Signore" (2Cor 3,18).
E’ mediate lo Spirito che il Signore risorto si rende presente. In due
modalità fondamentali.
La prima consiste nel far abitare Cristo nel cuore del credente;
nel trasformarlo intimamente rendendolo sempre più partecipe della
stessa divina figliazione di Cristo: nel liberarlo dal suo egoismo e dalla
legge morale per farlo vivere nella pienezza della libertà che ama.
E’ rigenerato in tutta la sua esistenza.
La seconda consiste nel porre in essere dei "fatti" che per la
forza dello Spirito assicurano precisamente la presenza del Signore risorto.
Che cosa significa "assicurano" ? sono dei fatti che possiedono una tale
energia divina che nessuna miseria umana, nessun potere di questo mondo
potranno mai eliminare dalla storia, ed evacuare nella loro capacità
di rendere presente Cristo. Essi sono tre: il ministero apostolico unito
nel carisma di Pietro; le sette sante azioni sacramentali; la S. Scrittura.
Questo secondo fattore fa si che la Chiesa prenda una configurazione
precisa ed unica fra tutte le società umane. Questa configurazione
ha un nome che è un termine chiave nel vocabolario cristiano: Koinonia,
in latino Communio, in italiano Comunione. "Essa definisce
la struttura di rapporti che qualifica il gruppo, rappresenta il termine
che specifica nel Nuovo Testamento un modo di essere ed un modo di agire
… una maniera di rapportarsi con Dio e con gli uomini" (L. Giussani,
Perché la Chiesa. Tomo 1 La pretesa permane, ed. Jaca
Book, Milano 1991, pag. 119).
1,3. Il terzo ed ultimo fattore costitutivo di questa comunità
è la consapevolezza di essere "il sacramento universale di salvezza".
E’ la consapevolezza missionaria: è l’inviata del Risorto a tutte
le genti, perché ogni uomo possa incontrare il Signore.
Possiamo concludere. Ci siamo chiesti: che cosa è la Chiesa?
Possiamo rispondere: è la Presenza del Signore Risorto in mezzo
agli uomini che mediante l’effusione dello Spirito Santo Egli unisce a
Sé, attraverso il ministero apostolico, i sette sacramenti, la S.
Scrittura. E quindi nella Chiesa e mediante la Chiesa, Dio diventa veramente
compagno di strada di ogni persona umana.
2. [E’ ragionevole credere la Chiesa]. Cerchiamo ora di rispondere alla
seconda domanda: è ragionevole credere a ciò che la Chiesa
dice di se stessa?
Inizio a rispondere col richiamare la vostra attenzione su due fatti.
Essi non dimostrano ancora la ragionevolezza della fede nella Chiesa; servono
solo a renderci più pensosi.
Il primo fatto. Esiste una propensione del non-credente a mettere
sotto accusa la Chiesa di oggi per le "prevaricazioni", per i "misfatti"
compiuti nel passato. Si esibisce, in sostanza, un ragionamento del genere:
"come posso credere alla Chiesa, quando ha fatto …?". Quest’attitudine
implica inconsapevolmente un singolare atto di fede nella Chiesa. Meglio:
nella sua identità che rimane inalterata lungo tutti i secoli. E
ciò di fatto viene riconosciuto solo alla Chiesa: chi oggi a Ferrara
chiede conto al sindaco degli eventuali misfatti compiuti dagli Estensi?
Il secondo fatto. Diamo per vero tutto il male che il non-credente
dice della Chiesa. Teniamo conto della grave corruzione che in alcuni momenti
della storia ha devastato i responsabili della Chiesa medesima. Quale società
avrebbe resistito? "Maestà" – disse il Card. Consalvi a Napoleone
quando fece prigioniero Pio VII – "non siamo riusciti noi preti a distruggere
la Chiesa, vuole riuscire Vostra Maestà?". Il permanere della Chiesa
lungo due millenni è un fatto che dona molta materia di pensare
a chi non si preclude il pensare a causa di dogmatici pregiudizi.
Ma non è su questi fatti che si fonda la ragionevolezza della
fede nella Chiesa. E’ su altro fondamento.
Parto dalla descrizione di ciò che chiamo "principio di coerenza",
poiché – come si vedrà in seguito – è dalla messa
in atto di questo principio (che regola ogni uso corretto del nostro ragionare)
che risulta la ragionevolezza della nostra fede nella Chiesa.
Per "coerenza" intendo un insieme (di proposizioni) le cui parti non
sono in contraddizione fra loro; se fra le varie parti che compongono l’insieme
esiste una gerarchia, la coerenza esige che una parte subordinata non sia
contro la parte da cui dipende; se le varie parti compongono un insieme
organico, la coerenza esige che una parte non si separi dalle altre da
cui riceve vita né che attenti alla vita dell’insieme.
Per "principio di coerenza" intendo quella norma che deve regolare una
proposta per essere ragionevole, quando si tratta di una proposta consistente
in un insieme di proposizioni.
Nessuno dubita – credenti e non – che il cristianesimo sia una proposta
che trova il suo centro nella persona di Gesù Cristo. Che
cosa dice il cristianesimo, la fede cristiana, di Gesù Cristo? Che
Egli è stato messo a morte ed è risuscitato nel suo vero
corpo: è Dio stesso fatto uomo; è l’unico salvatore di ogni
uomo.
Supposta la verità di questa affermazione, il problema che sorge
immediatamente in ogni uomo ragionevole è il seguente: come (e dove)
posso incontrare Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto? Incontrare
cioè avere un rapporto reale con Lui, da persona a persona.
Una prima risposta potrebbe essere la seguente: dal momento che
Gesù Cristo è un fatto storico lo posso fare nel modo proprio
con cui si raggiunge un fatto storico. Applicando il metodo normale della
ragione quando essa cerca di conoscere un fatto storico. Venire in possesso
dei documenti, debitamente vagliati dalla critica, che parlano di Gesù
, che riferiscono le sue parole, che narrano le vicende della sua vita.
Non solo, si dovrà tenere conto dello sviluppo storico conseguente
al "fatto Gesù", poiché anche questo è necessario
per avere una conoscenza di Gesù. Ed alla fine, venuto a conoscenza
di ciò che effettivamente Gesù ha detto e fatto, si cerca
di vivere conformemente alla sua dottrina, se la si ritiene vera.
Riflettiamo seriamente su questa proposta, e domandiamoci: questa via
mi fa veramente incontrare Gesù Cristo nella sua persona viva? In
realtà, io vengo a conoscenza della sua dottrina, ed il rapporto
è istituito non fra la mia persona e la sua persona, ma fra la mia
persona e il suo insegnamento. In questo approccio, è indifferente
che Lui, Gesù, in questo momento sia vivo o morto: ciò che
salva l’uomo, secondo questa proposta, è la conoscenza e l’osservanza
della sua dottrina. Ora, Gesù quando pone Se stesso come unico salvatore
del mondo, non lo fa in ragione ultimamente di ciò che dice:
questo era vero di ogni profeta. Lo fa in ragione dell’identità
della sua Persona. Egli cioè non dice: " sarete salvi a causa
di ciò che vi dico", ma "sarete salvi a causa della mia persona".
Oppure: non dice "io vi dico la verità" ma "Io sono la verità".
E quindi delle due l’una. O la pretesa di Gesù di essere l’unico
salvatore del mondo è falsa, ed allora la sua dottrina è
l’unica cosa valida che eventualmente ci resta, nella misura in cui esce
assolta da tribunale della ragione; o la pretesa di Gesù è
vera, ed allora questa metodologia dell’incontro è fuorviante.
La seconda risposta potrebbe essere la seguente: posso incontrare
Gesù nella sua persona attraverso un’esperienza spirituale interiore,
nella quale "sento" la verità della persona del Signore mio salvatore.
E’ un incontro interiore e diretto, col cuore: o occasionato dalla lettura
del testo che Dio ha voluto come memoria scritta dei fatti da Lui compiuti
per l’uomo, o sollecitato dalla predicazione di persone sante, o sorto
da particolari celebrazioni commemorative. Questo incontro diretto, nel
cuore, è ciò che chiamiamo "fede".
Riflettiamo seriamente su questa proposta, su questa "metodologia" dell’incontro
col Risorto, e chiediamoci: questa via, questa metodologia è coerente
con la via e con la metodologia che Dio ha scelto per incontrare l’uomo,
per fare compagnia all’uomo? Egli si è fatto uomo, un uomo che mangiava,
beveva, dormiva, gioiva e piangeva, che si poteva incontrare per strada.
"Cioè: l’annuncio cristiano è un fatto integralmente
umano secondo tutti i fattori della realtà umana, che sono interiori
ed esteriori, soggettivi ed oggettivi". Questa metodologia "annulla questa
integrità, riduce l’esperienza cristiana ad esperienza meramente
interiore" (L. Giussani, Perché la Chiesa … op.
cit. pag. 28).
La risposta più coerente, la metodologia più armonica
col centro della fede cristiana è che l’incontro oggi col Risorto
possa accadere attraverso una realtà, un fatto integralmente umano:
fatto di uomini e di tutto ciò di cui è fatta la vita dell’uomo.
E questa risposta, questa metodologia è la Chiesa , la modalità
con cui l’avvenimento cristiano si realizza, cioè continua ad accadere
dentro la storia.
Volendo stringere al massimo il discorso sulla ragionevolezza della
fede nella Chiesa, si potrebbe dire così.
Supposto ciò che Gesù di Nazareth dice di se stesso e
della salvezza dell’uomo, delle due l’una: o ciò che dice è
vero ed allora non c’è che una modalità di incontrarlo e
salvarsi e questa corrisponde a ciò che chiamiamo Chiesa; o ciò
che la Chiesa dice di sé è falso ed irragionevole ed allora
Gesù di Nazareth ha annunciato una salvezza impossibile (cioè
si è sbagliato).
Due riflessioni conclusive. La prima: la fede in Cristo e la
fede nella Chiesa "simul stant et simul cadunt" (stanno in piedi assieme
o cadono assieme). Dire: credo in Cristo, ma non nella Chiesa, non ha un
senso coerente. E di fatto, si può facilmente mostrare come chi
assume questa attitudine riduce Cristo ad un avvenimento passato, riduce
il cristianesimo ad una dottrina. Nega, in fondo, che Cristo sia vivente
oggi nel suo vero corpo.
La seconda. Da tutto ciò che ho detto deriva che quando
si parla di Chiesa, non si deve intendere chissà quale realtà.
La Chiesa la incontro in una comunità di uomini che vivono in un
certo luogo. Non esiste la possibilità di incontrare la Chiesa universale
nella sua interezza. Incontro la Chiesa che è a Ferrara: è
di essa che questa sera ho parlato. Ed incontrando questa Chiesa, incontro
Cristo: questo è il "miracolo" che non finisce mai di stupire. Ed
uno la incontra come ragionevole possibilità di vita, alla quale
aderisce con immensa serietà critica, perché da questa adesione
dipende la vita intera nel suo significato ultimo.
Conclusione: chi ha ragione don Chisciotte o Sancio?
E’ nota la pagina stupenda in cui, dopo interminabili avventure, Don
Chisciotte e Sancio arrivano finalmente alla "donna ideale", pensa il Cavaliere,
o alla contadina Aldonza Lorena, pensa Sancio. E pertanto il Cavaliere
invia Sancio a portarle il suo messaggio di amore. Al ritorno Don Chisciotte
vuole sapere tutto.
"Vai avanti – disse don Chisciotte. – tu arrivasti; e cosa faceva
quella regina della bellezza? Di sicuro tu la trovasti che infilava perle,
o che ricamava qualche impresa in oro di canutiglia per questo cavaliere
suo schiavo.
– Io non la trovai – rispose Sancio – se non a vagliare due staia di
grano in un cortile di casa sua.
– Or fa’ conto – disse don Chisciotte – che i chicchi di quel grano
eran chicchi di perle, toccati dalle sue mani … Ma dimmi: quale gioiello
ti dette nel congedarti per le notizie che le recasti di me? Perché
è costume solito e antico fra i cavalieri e le dame erranti di dare
agli scudieri, donzelle e nani che loro recano notizie, delle loro dame
a quelli e degli erranti cavalieri a queste, qualche ricco gioiello per
mancia, in segno di ringraziamento del messaggio.
– Ciò può ben essere così ed io la ritengo buona
usanza; ma questo dovette avvenire nei tempi andati, perché ora
si vede che si usa soltanto dare un pezzo di pane e cacio: e questo fu
quello che mi dette la mia signora Dulcinea di cima al muro di cinta del
cortile, quando mi andai a congedare da lei; e anche, per giunta, era cacio
pecorino".
Chi ha ragione? In un certo senso tutti e due, e nell’approccio al mistero
della Chiesa dobbiamo anche noi essere accompagnati da Don Chisciotte e
da Sancio.
Sancio non è un ottuso: è uno che vuole tenere i piedi
ben fissati per terra. Ma nello stesso tempo, egli resta come affascinato
da quello strano suo padrone, al punto che sul letto di morte, quando il
Cavaliere vuole rinsavire, Sancio dirà: "ma non sarete diventato
tanto pazzo da cominciare a ragionare?". Sancio è un po’ come Tommaso,
l’apostolo: "se non vedo, non credo". Ma non è lo scettico che crede
di vedere tutto non vedendo oltre … la punta del suo naso.
Don Chisciotte non è un sognatore che insegue illusioni: è
uno che semplicemente non vuole ridurre la realtà all’apparenza;
non vuole destituire la realtà dalla sua regale e splendente consistenza
al servo e noioso vagare dell’emotività sensibile. E’ possibile
tenere assieme in sé Don Chisciotte Sancio?
E’ ciò che accade in ogni credente. E’ ciò che è
accaduto in Giovanna d’Arco. Ella rispose ai suoi giudici-vescovi: "per
me nostro Signore e la Chiesa sono tutt’uno. Quale difficoltà potrebbe
opporsi a che siano tutt’uno?". Lo spessore teologicamente straordinario
di queste parole deriva dal fatto che esse furono dette da una povera ragazza
indifesa davanti ad un gruppo di vescovi che stavano per condannarla a
morte, ingiustamente. "Innocente, essa si trova di fronte al volto più
mostruoso della Chiesa. Immersa in questo mondo di peccato, osa affermare
l’identità paradossale di questa stessa Chiesa col suo Signore.
Ma in quel momento la Chiesa di Gesù era lei: ella ne era il cuore
perché amava in nome di quei membri nei quali l’amore s’era spento"
(D. Ange, Il Corpo di Dio dove arde lo Spirito, ed. Ancora,
Milano 1982, pag. 177, n. 20). Come Teresa di Lisieux, che si siede a tavola
coi peccatori.
Ecco: questo è lo stupendo mistero della Chiesa, che vive dentro
alle nostre carni inferme e mortali.
|