I metodi naturali come strumento di evangelizzazione: dove si collocano?
Incontro associazione Metodo Billings dell’Emilia Romagna
P.zza Ariostea 18 gennaio 1998
Dividerò la mia riflessione in due parti. Nella prima cercherò
di definire il concetto di Nuova Evangelizzazione; nella seconda cercherò
di vedere “dove” si colloca l’educazione alla castità nell’esercizio
della continenza periodica, all’interno della Nuova Evangelizzazione.
1. Ma che cosa significa “nuova evangelizzazione”? Certamente non significa
“nuovo Vangelo”, come se il nostro annuncio dovesse inventare nuovi contenuti
(cfr. Gal. 1,6-9; 1Cor 15,1-2). Ed allora che cosa significa?
Dal punto di vista di chi annuncia il Vangelo, dal punto di vista della
nostra persona, significa dimorare sempre più stabilmente e sempre
più profondamente nella sorgente da cui solamente può sgorgare
l’annuncio del Vangelo. Quale è questa sorgente? Riflettiamo sull’esperienza
degli Apostoli, coloro che per primi annunciarono il Vangelo. Come è
accaduto che da paurosi, chiusi in se stessi, pavidi di fronte ai potenti
di questo mondo divennero coraggiosi, percorsero tutto il mondo, affrontando
il principe di questo mondo? E’ accaduto che videro Gesù Risorto:
vissero “l’esperienza immediata di Gesù crocifisso come risorto
ed innalzato alla gloria”. Non è che ebbero una “visione di Gesù”
che poi interpretarono come “risurrezione dai morti”. Infatti, “la fede
pasquale di per sé non è una fede nella risurrezione di Gesù
(questo non è linguaggio neotestamentario), ma più propriamente
una fede nel Risorto: la fede cioè non verte su di un mero evento
oggettivo ma su di una persona vivente, ed è quindi una relazione
massimamente interpersonale. Non si crede nella risurrezione: si crede
in Gesù Cristo, risorto, esaltato, vivente” (R. Penna, I ritratti
originali di Gesù il Cristo, I, Roma 1996, pag. 220). Nello stesso
tempo essi capirono, proprio vedendo il Risorto, che la vita di ogni uomo,
come la loro, era sostanzialmente mutata: in Cristo Risorto ogni uomo era
stato predestinato non alla morte eterna, ma alla vita di Dio. Tutta la
loro predicazione nasce da questo incontro e dalla certezza che ha generato,
al punto tale che se fosse stato tutta una illusione, la predicazione cristiana
sarebbe interamente insensata.
La “nuova evangelizzazione” significa prima di tutto questo: aver incontrato
Cristo Risorto come unico salvatore dell’uomo e non poter quindi più
tacerlo. Niente può sostituire questa esperienza: nessun programma
pastorale, nessun documento, nessuna analisi sociologica. Poiché
niente può prendere il posto di questo intimo rapporto personale,
conoscitivo-esperenziale, con il Signore Gesù Cristo: Giovanni parla
di “dimorare - rimanere” in Lui.
E già qui possiamo capire quali sono le minacce alla nuova evangelizzazione.
La prima è pensare che evangelizzare consiste primariamente nel
trasmettere una dottrina insegnata da Gesù Cristo oppure nell’impegnarci
e nell’educare altri a vivere secondo la dottrina insegnateci da Gesù
Cristo. Vedremo che anche questo è necessario: ma non è il
centro della Evangelizzazione. Evangelizzare significa dire: Gesù
morto per i nostri peccati, è risuscitato per la nostra giustificazione
ed io “ho visto” questo evento. La seconda, terribile minaccia è
quando comincia ad insinuarsi il dubbio che Gesù sia l’unico salvatore
e/o che l’uomo sia in grado di raggiungere anche solo una qualche salvezza.
Questo è il primo significato di “nuova evangelizzazione”: un
ricupero fortissimo della nostra fede cristologica.
Non diversamente il Signore ha preparato i suoi grandi profeti dell’antica
allenaza: Mosè con la visione del roveto ardente (Es 3), Elia con
l’ineffabile voce udita sul monte Oreb (1 Re 19), Isaia con l’apparizione
dell’altissimo sovrano nel tempio (Is 6), Geremia con l’infusione delle
parole divine dalla stessa mano di JHWH (Ger 1); Ezechiele con la visione
della gloria del Signore (1,27-28). Ogni profeta del Dio invisibile ha
bisogno di questo vivo contatto con la realtà del Signore. Ogni
testimone, per essere credibile, deve poter dimostrare, nel timbro della
voce e nel suo atteggiamento, di aver realmente visto e esperimentato quel
che annunzia. Fu così che si trasmise in pochi decenni al mondo
intero il messaggio d’amore del Cristo crocifisso e gloriosamente risorto,
a mezzo di coloro che con lui vissero fin dall’inizio e con lui «mangiarono
e bevvero dopo la sua resurrezione» (At 10,41) per 40 giorni. E’
solo così, con la profonda personale esperienza del Crocifisso risorto
che potrà rendersi efficace la testimonianza del Vangelo (la nuova
evangelizzazione) alla società paganeggiante del nostro tempo.
“Nuova evangelizzazione” non significa solamente una rinnovata
radicazione nell’Avvenimento cristologico: versante, diciamo, soggettivo.
Sul versante oggettivo, significa una rinnovata riscoperta del “contenuto”
del vangelo da annunciare: al rinnovarsi del testimone (versante soggettivo
della N.E.) deve accompagnarsi il rinnovarsi del contenuto della testimonianza.
Che cosa significa “rinnovare il contenuto”? Significa fondamentalmente
tre cose.
La prima: avere una percezione netta, precisa, chiara di che cosa dobbiamo
annunciare, della “sinfonia armoniosa” della Rivelazione. Mi spiego con
un esempio. Immaginiamo che si presenti a noi una persona e ci dica: “sono
cresciuto nell’ateismo; non sono stato battezzato; sento, da un po’ di
tempo, tuttavia, un grande desiderio di avvicinarmi al cristianesimo. Mi
sapresti dire, in poche parole, che cosa è il cristianesimo?” proviamo
a rispondere: nel suo “cuore” in che cosa consiste la Rivelazione cristiana?
E quindi in chi/in che cosa credo, quando confesso la fede cristiana? E’
una domanda che non dobbiamo mai stancarci di fare a noi stessi. La risposta
vera a questa domanda deve essere completa ed armonica. Esiste cioè
quella “hierarchia veritatum” di cui parla il Concilio. Esiste cioè
un “centro” ed una “periferia”.
A quest’opera continua di semplificazione del nostro “sguardo di fede”
non siamo stati aiutati né ieri né oggi. Anche oggi, nonostante
una massiccia pubblicistica teologica, siamo piuttosto distolti da questo
“sguardo semplice”.
La seconda: occorre purificare il Vangelo da ciò che gli è
estraneo e che continuamente si insinua in esso, anche nel suo cuore stesso.
E’ un’opera di discernimento che in noi ed attraverso noi può compiere
solo l’Unzione che abbiamo ricevuto. Perché Essa possa compiere
quest’opera è necessario una lettura e meditazione prolungata della
S. Scrittura, molto radicati nella Tradizione, in una grande fedeltà
al Magistero della Chiesa. La lettura dei Padri e dei Dottori della Chiesa
è un aiuto unico al riguardo. E’ vero o non è vero che siamo
tentati di tacere certi “temi” del vangelo, perché ritenuti oggi
improponibili, troppo difficili da capire, troppo lontani dalla mentalità
dell’uomo di oggi? Se uno cede a questa tentazione, che cosa succede nella
nostra evangelizzazione? Che, precisamente, o si insinuano in essa di fatto
contenuti estranei al Vangelo oppure che si perda quell’armonia di cui
parlavo poc’anzi. Nuova evangelizzazione significa, dunque, dal punto di
vista del contenuto: il vangelo sine glossa, nella certezza che la Parola
del Vangelo è Potenza di Dio.
La terza è una conseguenza della seconda. Ascoltando quanto
ho appena finito di dire, si potrebbe obiettare che una tale visione della
Nuova Evangelizzazione ignora l’esigenza della “inculturazione” o “traduzione”
del Vangelo nella cultura umana. Vorrei fermarmi più a lungo su
che cosa significa “inculturazione” e “traduzione” del Vangelo.
Non possiamo dimenticare, al riguardo, una verità che l’atmosfera
relativistica che tutti respiriamo, rischia di farci dimenticare: nessuna
ideologia, nessun potere di questo mondo riuscirà a cambiare il
“cuore” dell’uomo, a distruggere in lui la “immagine di Dio”. Che cosa
significa questa indistruttibilità? Significa la essenziale identità
dell’uomo di tutti i tempi ed in tutti i luoghi. I “desideri” più
profondi dell’uomo, le sue “passioni” più travolgenti sono sempre
gli stessi: la verità della persona umana. E per conoscere questa
verità siamo più aiutati dalla lettura di una pagina di Virgilio,
di Dante, di Leopardi o di Kafka che da centinaia di libri dei sociologi.
E’ necessario nutrire in noi questo profondo desiderio, questa passione
di sapere la verità dell’uomo, di conoscere il suo cuore.
Un altro punto deve essere tenuto presente, quando parliamo di “inculturazione”,
di “traduzione” del Vangelo. Il Vangelo non necessita di essere “inculturato”,
“tradotto” perché è in se stesso estraneo ad una cultura.
Esso non è straniero a nessuna cultura, poiché non è
straniero all’uomo, dal momento che ogni uomo è stato creato in
vista di Cristo.
Da queste due riflessioni derivano due conseguenze assai importanti,
per capire che cosa significa Nuova Evangelizzazione.
La prima conseguenza è che Nuova Evangelizzazione non significa
ricerca dei “nuovi linguaggi” in corrispondenza dei “nuovi bisogni” dell’uomo
post-moderno: le vie del Vangelo non sono indicate dai sociologi.
La seconda e più importante conseguenza è che dobbiamo
“parlare al cuore di Gerusalemme”, come dice il profeta. Parlare al cuore
dell’uomo. Ecco la definizione di inculturazione. Che cosa significa “parlare
al cuore dell’uomo”? Significa che l’interlocutore è questo uomo
concreto, coi suoi problemi e le sue speranze. Significa annunciare il
Vangelo, non coartato in frasi fatte, non sterilizzato in discorsi stereotipati,
ma in modo che l’uomo che mi ascolta possa sentire dentro di sé
che questa è la risposta al suo cuore. E’ fuori dubbio che per fare
questo è necessario conoscere profondamente il contesto in cui oggi
il nostro annuncio accade, nel senso di verificare quali nuove possibilità
e quali difficoltà esso racchiude.
Ecco: ho terminato lo schizzo del concetto di Nuova Evangelizzazione.
Esso ha un significato soggettivo ed oggettivo.
Dal punto di vista soggettivo, N.E. significa l’urgente necessità
oggi per chi ha la missione di annunciare il Vangelo, di far sgorgare dentro
di sé con nuova forza la sorgente dell’annuncio: l’incontro con
il Signore Gesù Cristo Risorto, unico salvatore del mondo.
Dal punto di vista oggettivo, N.E. significa tre cose: a) recuperare
quello che Ireneo chiama il “sistema primordiale” (Adv. Haereses IV, 38,8);
b) purificare il nostro annuncio del Vangelo da tutto ciò che è
estraneo al Vangelo; c) annunciare il Vangelo, parlando al cuore dell’uomo
considerato nella “carne” della sua concretezza quotidiana.
2. Ho cercato di chiarire il concetto di Nuova Evangelizzazione. Vorrei
ora rispondere alla nostra domanda: dove si colloca… Notate subito che
ho usato una formulazione piuttosto lunga ed apparentemente complicata.
La cosa ha un senso che può essere spiegato con alcune semplici
affermazioni. Non ho il tempo di andare oltre alla loro enunciazione.
L’insegnamento-apprendimento di una metodologia auto-diagnostica
del periodo fertile/infertile nel ciclo femminile, è un momento
o un frammento all’interno di una proposta educativa di castità
coniugale. La castità coniugale esige anche una continenza temporanea
(molto più raramente perpetua). Non che la continenza esaurisca
il contenuto della castità. Anzi non ne esprime neppure il dinamismo
suo proprio: la continenza non assurge alla dignità intera di virtù;
è solo una “parte potenziale” della castità. Dunque: la metodologia
auto-diagnostica si inscrive nel contesto della continenza periodica; la
continenza periodica si inscrive nel contesto dell’esercizio della virtù
della castità.
Ma questo non è tutto: non è neppure la cosa centrale.
La castità è una virtù interamente vera solo quando
è il linguaggio dell’amore coniugale. Più precisamente. L’amore
coniugale si dice e si realizza massimamente nell’atto di reciproca donazione
che fa dei due sposi «una sola carne». Perché questo
dono possa accadere, è necessaria una profonda integrazione della
persona, una capacità della dimensione psico-fisica della sessualità
umana ad essere assunta (appunto: integrata!) nella e dalla sua dimensione
spirituale. Questa capacità è precisamente la castità
(coniugale). La castità è un’esigenza dell’amore coniugale.
La sequenza completa dunque è la seguente (dal basso verso l’alto,
o dalla periferia al centro): la metodologia auto-diagnostica si inscrive
nel contesto della continenza periodica; la continenza periodica si inscrive
nel contesto dell’esercizio della virtù della castità; la
virtù della castità di inscrive nell’agire dell’amore coniugale.
Presupposto tutto questo, siamo finalmente in grado di costruire
una risposta alla nostra domanda.
Questa costruzione inizia da una riflessione semplice ma profonda,
che il S. Padre va facendo fin dalla sua prima Enciclica. “L’uomo è
la via della Chiesa” (Lett. Enc. Redemptoris hominis 14: AAS 71 [1979],
284-285). Che cosa significa? “Con questa espressione intendevo riferirmi
anzitutto alle molteplici strade lungo le quali cammina l’uomo, e in pari
tempo volevo sottolineare quanto vivo e profondo sia il desiderio della
Chiesa di affiancarsi a lui nel percorrere le vie della sua esistenza terrena”
(Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie 1). Ora è fuori dubbio
che una delle strade “lungo le quali cammina l’uomo” è il matrimonio.
Cioè: la comunità coniugale è una delle fondamentali
esperienze in cui la persona umana può realizzare se stesso nella
verità del suo essere persona. Non è questo il luogo per
dimostrare questa affermazione. Dunque, se la Chiesa non incontrasse l’uomo
in questo luogo, semplicemente non incontrerebbe l’uomo. Ma non è
di un qualsiasi “incontro” che stiamo parlando: stiamo parlando dell’incontro
che accade con l’uomo, quando la Chiesa lo evangelizza. Che cosa realmente
accade in questo incontro? Viene annunciato all’uomo che è accaduto
un avvenimento tuttora presente, accogliendo il quale la persona umana
è salva. Quindi il “momento” della evangelizzazione è propriamente
il momento in cui all’uomo è detto: «vieni e vedi»,
e l’uomo, venendo e vedendo, dice: «ho incontrato il mio Salvatore».
E’ evento originario quello che accade nel momento della evangelizzazione:
«vi annuncio una grande gioia … oggi vi è nato nella città
di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Lc. 2,11).
La salvezza cristiana non è l’indicazione di una via di
uscita dalla nostra vita quotidiana. Al contrario: è la ri-generazione
di questa vita, la ricostruzione della nostra persona in tutte le sue dimensioni
essenziali. Ora Gesù esplicitamente rivela che Egli ricostruisce
l’uomo e la donna anche in ordine all’esperienza della coniugalità.
Egli cioè riporta l’uomo e la donna alla verità, bontà
e bellezza del “principio” (cfr. Mt 19,4-9). Trattasi non di un “dettaglio”
nella sua opera redentiva. Il rapporto uomo-donna è il rapporto
inter-personale originario, l’archetipo in un certo senso di ogni rapporto
inter-personale.
Ecco, ora potete vedere dove si colloca il vostro progetto educativo
all’interno del grande impegno dell’evangelizzazione, che la Chiesa sta
vivendo. E’ l’indicazione, la vostra, della via lungo la quale l’uomo e
la donna possono vivere la loro coniugalità secondo la misura intera
della sua verità. La vostra proposta è un’essenziale ed imprescindibile
articolazione o momento dell’evangelizzazione del matrimonio. Esso è
evangelizzato quando l’uomo e la donna interessati al bene della loro coniugalità,
preoccupati perché questa bontà non sia deformata, impoverita
e falsificata, chiedono: “dove andremo? come faremo?” Ad essi viene detto
che l’incomparabile preziosità del loro amore è salvato perché
il loro cuore è mutato dal dono dello Spirito, e quindi (ecco la
vostra proposta) sono resi capaci di vivere interamente la ricchezza del
loro amore.
Vorrei terminare questo secondo punto della mia riflessione,
attirando la vostra attenzione su una conseguenza che deriva immediatamente
da tutto quanto ho detto. Essendo la vostra proposta un “momento” di un
“insieme”, essa deriva in larga misura la sua efficacia dall’esistenza
di questo insieme. Il rischio di restringere sempre più la proposta,
disintegrandola progressivamente dal suo contesto, è assai grave:
è forse oggi l’insidia più seria.
Conclusione
La proposta educativa che fate risponde al bisogno più
grande che oggi sentiamo: il recupero della soggettività umana,
del nostro essere, direbbe Tommaso “suorum operum principium, quasi liberum
arbitrium habens et suorum operum potestativum”.
Il miracolo dell’evangelizzazione è l’uomo che ritrova
se stesso, incontrando Cristo.
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