Matrimonio di Elia e Beatrice
Diolo di Soragna (PR), 8 ottobre 2016
Carissimi Beatrice ed Elia, carissimi fratelli e sorelle tutti! La pagina evangelica appena ascoltata è la pagina del RIMANERE-DIMORARE. Questi verbi hanno un duplice significato. Un significato oggettivo: descrivono un fatto, una realtà; hanno un significato soggettivo: prescrivono un comportamento.
Il fatto. In forza della fede, del Battesimo e dell’Eucarestia accade, si realizza una presenza reciproca di Gesù nel suo discepolo e del discepolo in Gesù. Nei santi Sacramenti Gesù radica in Sé coloro che credono in Lui, e dona la capacità ai suoi di radicarsi in Lui. Come abbiamo sentito, Gesù e il suo discepolo diventano una sola realtà, come la vita ed il tralcio.
Ma questo fatto misterioso e mirabile denota anche e ci fa pensare pure ad un’esperienza di stabilità. Gesù è la roccia, Gesù è la pietra, solida e permanente, contro la quale si infrangono anche le tempeste della vita, e tacciono i venti dei nostri anni più tristi. Lui è la nostra roccia; Lui è la nostra pietra.
E quando il fatto della nostra dimora in Cristo entra nella nostra intelligenza, nella nostra volontà, in una parola: nel nostro cuore, che cosa accade soggettivamente? La cosa di cui nella nostra vita abbiamo più bisogno: la speranza. Siamo innestati in Lui, radicati in Lui. Ed allora possiamo dire con san Paolo: «chi ci separerà dall’amore di Cristo?» [Rom.8,35]. La consapevolezza che la nostra persona, il nostro esserci non è in-fondato produce in noi come una sorta di gravitazione verso il Signore. È l’orientamento fondamentale della nostra vita; è il dinamismo più profondo della nostra persona.
La pagina evangelica descrive la condizione del cristiano. Di ogni cristiano: sacerdote, sposato, giovane, anziano. Ma questa stessa pagina stessa trova fra poco, mediante la celebrazione del Sacramento del matrimonio, una realizzazione che riguarda, che accade solamente in Elia e Beatrice.
Quanto accade in loro è narrato nella seconda lettura. È semplicemente questo: il loro amore, che fra poco diverrà amore coniugale, viene dal Sacramento radicato, innestato nell’amore, nel vincolo che unisce Cristo e la Chiesa. Come il tralcio è nella vite, così il vostro amore, carissimi Elia e Beatrice, è da oggi nel Mistero Cristo-Chiesa.
Anche questo “riferimento”, come lo chiama san Paolo, ha un significato oggettivo: descrive quanto sta accadendo in Elia e Beatrice; ed ha un significato soggettivo: indica quale deve essere la loro coerente condotta.
Cristo, attraverso il consenso che vi scambierete fra poco, carissimi Elia e Beatrice, produce tra voi un vincolo, in forza del quale l’uno appartiene all’altro per sempre. Non si tratta semplicemente di un’appartenenza di carattere morale: le persone oneste mantengono la parola data. Si tratta di un vincolo di carattere sacramentale. Nel vincolo che vi unisce è presente, dimora il vincolo di Cristo colla Chiesa, e, reciprocamente, il vincolo che vi unisce dimora nel Mistero Cristo-Chiesa.
Ma questo fatto sacramentale ha conseguenze pratiche. Ha un forte significato soggettivo. Il Signore Gesù vi dona un comandamento: «amatevi gli uni gli altri». E san Paolo specifica: «e voi mariti amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la chiesa e ha dato Se stesso per essa»; «le mogli siano sottomesse ai mariti come a Cristo». In una parola: ciò che avviene tra Cristo e la Chiesa voi lo dovere ri-presentare nella vostra vita quotidiana. Come è possibile? Precisamente perché il Sacramento che ora riceverete, vi dona la capacità di amare come Cristo.
Come è l’amore di Dio rivelato nel modo di amare proprio di Gesù? Lo abbiamo sentito nella prima lettura. È un amore assolutamente fedele, per sempre. «In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto, ma con affetto perenne ho avuto pietà di te». Notate bene. La collera dura “per poco”, l’affetto al contrario è “perenne”. Il per sempre di Dio rende possibile il per sempre dell’uomo e della donna. E Dio si fa uomo non principalmente per darci l’esempio, ma per donarci la capacità del per sempre.
|