PELLEGRINAGGIO A LORETO
Basilica di Loreto: 23 maggio 1998
1. “Ecco: concepirai e darai alla luce un figlio”. Queste parole, che
sono il vertice del dialogo fra Gabriele e Maria, risuonano oggi alle nostre
orecchie e nel nostro cuore con particolare forza. Esse infatti si sono
compiute dentro le quattro mura di quella casa che sta di fronte a noi.
“Qui il Verbo si è fatto carne”: qui il Verbo è stato concepito
da Maria nella nostra natura umana. Questo luogo quindi ci ricorda continuamente
il genuino significato dell’Incarnazione del Verbo. “Non si tratta di una
mera dottrina sull’unione tra il divino e l’umano, ma, piuttosto, di un
avvenimento accaduto in un punto preciso del tempo e dello spazio”: “quando
venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”
(Gal. 4,4).
Il dialogo fra Gabriele e Maria ci svela i «momenti»
fondamentali attraverso cui si compì il mistero dell’Incarnazione:
e la santa casa è qui a ricordarceli continuamente. Essi sono il
saluto di Gabriele a Maria, la risposta di Maria alla proposta fattale,
l’avvenimento sublime dell’Incarnazione del Verbo. La pietà cristiana
li ha raccolti in una sublime preghiera che tanti fedeli recitano ogni
giorno: “L’angelo del Signore portò l’annuncio a Maria”, “Eccomi,
sono l’ancella del Signore”, “E il Verbo si è fatto carne”. Consentitemi,
carissimi fratelli e sorelle, una breve riflessione su ciascuno di essi.
2. “Ti saluto, o piena di grazia”. Inizia così il dialogo accaduto
in queste mura e non poteva non cominciare che così, l’inizio di
tutta la storia della nostra salvezza sta nella libera, gratuita, sovrana,
incondizionata decisione di Dio di amarci. L’inizio intero sta nella sola
misericordia del Padre, nella sua GRAZIA. Essa non è solo una benevola
attitudine del Padre verso la sua creatura umana, ma consiste in una reale
trasformazione e divinizzazione dell’uomo. Essa consiste nella dimora dello
Spirito Santo nella persona umana. «Piena di grazia» significa
«piena di Spirito Santo», in previsione dei meriti del Cristo
suo Figlio.
“Hai trovato grazia presso Dio”. Sta in questo precisamente il
radicale cambiamento della condizione umana, avvenuto dentro le mura di
questa casa. “Eravamo per natura meritevoli d’ira … Ma Dio, ricco di misericordia
per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per
i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati
salvati” (Ef 2,4-5). Avendo trovato grazia presso Dio, abbiamo piena libertà
di entrare alla sua Presenza.
Questo è il santuario della grazia, poiché questo
è il luogo della condiscendenza di Dio verso l’uomo.
3. “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai
detto”. L’amoroso disegno del Padre di inviare il suo Figlio, la Grazia
che è il dono del Figlio all’uomo perché l’uomo in Lui divenisse
figlio del Padre, ha potuto realizzarsi perché Maria ha pronunciato
quelle parole. Il secondo momento dell’incarnazione del Verbo è
il «sì» di Maria.
E’ il «sì» della fede: una fede illimitata che trasforma
la persona di Maria nel “puro seno” che sa solo accogliere il dono. Una
fede che è obbedienza, cioè gioiosa accettazione del progetto
di Dio nella propria vita. I Padri della Chiesa non cessano di insegnarci
che la vera grandezza di Maria consiste propriamente nella sua fede (cfr.
per esempio Agostino, Sermone 215,4): “beata colei che ha creduto nell’adempimento
delle parole del Signore” (Lc 1,45).
Ma in questo luogo così santo vorrei richiamare la vostra
attenzione su una particolare dimensione del «sì», che
Maria ha pronunciato in questa casa.
Assumendo la nostra natura umana, il Verbo si è in un
certo senso unito a ciascuno di noi. Nel senso che ciascuno di noi, in
forza dell’Incarnazione del Verbo, è già stato destinato,
orientato, chiamato ad essere conforme al Figlio unigenito. S. Leone Magno
scrisse che “i figli della Chiesa sono stati generati con Cristo nella
sua nascita” (Sermone 6,2). Il «sì» detto da Maria al
concepimento del Verbo nella nostra natura, era anche, in qualche modo,
il «sì» detto al concepimento di ciascuno di noi nella
vita di grazia. Maria “è veramente madre delle membra di Cristo,
perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli
della Chiesa, i quali di quel Capo sono le membra” (Conc. Vaticano II,
Cost. dogm. Lumen Gentium 53).
Poiché questo è il Santuario della grazia, esso
è il santuario della vita: in queste quattro mura, ciascuno di noi
è stato concepito alla grazia nel concepimento del Verbo. Poiché
questo è il santuario della vita, esso è il santuario della
maternità di Maria madre del Verbo incarnato, madre di ciascuno
di noi.
4. “E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi”. E’
il terzo momento, quello a cui gli altri due sono orientati. E la santa
casa ci guida in un modo unico a riscoprire le fondamentali coordinate
di quel fatto.
La nudità, la povertà delle quattro pareti che
circoscrivono lo spazio in cui il Verbo si è fatto carne, in contrasto
con questo straordinario rivestimento marmoreo, ci aiutano a capire che
il mistero dell’incarnazione è stato un mistero di umiliazione,
di povertà, di silenzio. Mistero di umiliazione: Cristo Gesù,
“pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la
sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione
di servo … umiliò se stesso” (Fil 2,6-8). Mistero di povertà:
“Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”
(2Cor 8,9).
Ecco i tre momenti che scandiscono il compimento dell’avvenimento
accaduto in questa casa: “è apparsa la grazia di Dio, apportatrice
di salvezza” (Tit 2,11), dal momento che “il Verbo si fece carne … e noi
vedemmo la sua gloria” (Gv 1,14), poiché una donna dal cuore puro
ebbe il coraggio della fede per dire: “avvenga di me quello che hai detto”.
Tutto questo è accaduto in questo luogo.
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