MESSA DEL GIORNO DI NATALE 1998
Cattedrale di Ferrara
1. “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. E’
in queste parole che si racchiude tutto il mistero natalizio che oggi celebriamo;
sono queste parole che costituiscono l’originalità assoluta del
cristianesimo, rendendolo incomparabilmente, inconfondibilmente unico.
Il Verbo di Dio, “che era presso Dio“ come “irradiazione della
sua gloria e impronta della sua sostanza”, si è fatto carne: cioè,
si è fatto uomo. Anzi, indicando l’uomo come «carne»
l’evangelista intende sottolineare il fatto che il Verbo ha assunto la
nostra natura umana nella sua condizione di debolezza e fragilità.
Egli, che è Dio, pur continuando a rimanere tale, è divenuto
anche carne, cioè questa cosa fragile, peritura e mortale che è
l’uomo. Il Verbo di Dio, “che sostiene tutto con la potenza della sua
parola” dal momento che “tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e
senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”,
ha condiviso la nostra impotenza: quella debolezza e quella inconsistenza
che è propria della «carne» umana. “Rimanendo intatte
dunque le proprietà di ambedue le nature e congiungendosi in un’unica
persona, la maestà (divina) assume in sé l’umiltà
della condizione umana, la potenza l’infermità, l’eternità
la condizione mortale … e il Dio vero e l’uomo vero si associano armonicamente
nell’unicità del Signore” (S. Leone Magno, Discorso XXI, 2,2). E’
questo l’Avvenimento che oggi celebriamo: l’amore del Padre che “ha tanto
amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,10a), dal momento
che “quando venne la pienezza del tempo, Dio inviò il suo Figlio
… nato da una donna” (Gal 4,4).
La conseguenza di questo fatto è che il Verbo “venne
ad abitare in mezzo a noi”. Per mezzo del suo Verbo incarnato, Dio ha posto
la sua dimora permanente in mezzo a noi: l’imprevedibile è diventato
un avvenimento reale. Dio si è fatto compagno agli uomini, così
che la vita possa non essere vanamente, inutilmente vissuta. La nostra
ragione, infatti, così come la nostra libertà e la nostra
affettività sono provocate da questa Presenza di Dio in mezzo a
noi a realizzarsi, a compiersi secondo la misura intera della loro tensione
alla verità, alla giustizia e alla felicità. Il Verbo fattosi
carne è infatti “pieno di grazia e di verità” (pieno della
grazia della verità) “perché la legge fu data per mezzo di
Mosè, la grazia la verità vennero per mezzo di Gesù
Cristo”. Ecco il dono supremo che quest’oggi viene fatto all’uomo: il
dono della Verità. Il Verbo si è fatto carne perché
all’uomo fosse donata la Verità.
Questo dono non consiste principalmente, fondamentalmente nell’insegnamento
religioso e/o morale trasmessoci dal Cristo. Dire che “il Verbo si è
fatto carne perché all’uomo fosse donata la verità “non equivale
a dire che “il Verbo si è fatto carne per trasmetterci un insegnamento”,
sia pure il più perfetto di tutti. Il Verbo incarnato non è
solo il mediatore di una verità, ma è la Verità stessa:
“io sono la Verità” (14,6). In che senso?
“Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che
è nel senso del Padre, lui lo ha rivelato”. Rivelando se stesso
come il Figlio Unigenito, il Verbo incarnato svela la vera identità
di Dio, la sua paternità: ci svela la vita e la natura stessa di
Dio. “Dio nessuno l’ha mai visto”, ma chi vede cogli occhi della fede
Gesù Verbo incarnato e ne ascolta la Parola, vede il Padre
stesso. Nello stesso tempo e proprio perché Gesù ci fa il
dono della verità su Dio, Egli ci dona anche la verità sull’uomo.
Rivelandoci Dio come Padre, svela all’uomo il suo essere figlio: “A quanti
lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio; a quelli che
credono nel suo nome, i quali … da Dio sono stati generati”. Ecco la verità
ultima e definitiva sull’uomo, venutaci per mezzo di Gesù Cristo:
sei stato voluto da un Amore assoluto e gratuito, pieno di giustizia e
di tenerezza; sei stato destinato a vivere la stessa vita eterna del Padre
perché se credi in Gesù, sei generato da Dio medesimo.
“Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare fra noi”:
la Verità su Dio e sull’uomo si è fatta finalmente presente
senza veli ed incertezze. Essa non è più termine mai raggiunto
di un desiderio struggente, ma è presenza concreta ineliminabile:
è la voce di un uomo, la presenza di un uomo, la convivenza di un
uomo che è Dio.
2. “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”.
La celebrazione del dono della Verità che è l’Unigenito fattosi
carne, si scontra col tentativo oggi particolarmente insidioso di rifiutare
quel dono.
La verità è venuta e ha riempito l’universo, ed
il pensiero dell’uomo, il pensiero dell’uomo su se stesso e su Dio, ha
valore solo se si adegua alla verità che è Cristo, poiché
è Lui che rivela il senso ultimo della realtà intera. La
fede infatti non distrugge, ma compie il nostro bisogno di ragionevolezza
e quindi genera nell’uomo una certezza piena di gioia: la certezza di essere
preziosi e degni di stima agli occhi del Padre, la certezza dell’infinita
dignità di ogni persona.
Esiste però oggi una cultura che ci sta insidiando tutti
e quanti, nella quale ciascuna articolazione del discorso cristiano, della
Verità cristiana è stata distrutta. Si è cominciato
col voler ricondurre la fede dentro i confini di una supposta ragionevolezza,
e si è finito col mortificare la ragione. Nel tentativo di eliminare
il Padre, paternità e dipendenza nell’origine, l’uomo ha finito
in realtà col distruggere se stesso.
Carissimi fratelli e sorelle, alla fine tutti i problemi della
vita si riducono ad una domanda molto semplice: il destino ultimo dell’uomo
è un pugno di cenere racchiuso in una cassa da morto oppure è
la vita eterna “nel senso del Padre”? Il problema vero è di sapere
quale di queste due ipotesi è quella vera. Il Figlio di Dio oggi
ha voluto assumere la nostra natura umana perché ciascuno di noi
potesse condividere la sua vita divina: “annientando la paura della morte,
infonde in noi la gioia dell’eternità promessa” (S. Leone Magno).
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