LA FAMIGLIA, OGGI: CONFERENZA AI LIONS CLUB
16 gennaio 1996
Illustri Signori,
nell’omelia da me pronunciata durante la celebrazione eucaristica
di Capodanno, dissi che nella storia nostra quotidiana si scontrano la
realizzazione di due progetti. Il primo progetto è indicato dall’apostolo
S. Paolo quando parla della “ricapitolazione di tutte le cose in Cristo”;
il secondo progetto è l’opposizione sistematica, continua a questa
ricapitolazione. E’ il progetto del Padre che in Cristo riporta la persona
umana alla sua originaria verità, bontà e bellezza e che
si scontra col potere di Satana che si arroga il possesso di ogni gloria
e potenza mondana (cfr. Lc 4,6; Gv 12,31). La “materia dello scontro”,
se volete il luogo in cui accade è la persona umana nella sua concretezza
della sua vicenda quotidiana. Poiché uno dei luoghi “originari”
in cui questa vicenda si costruisce è la famiglia ed il matrimonio,
lo scontro di cui parlavo prima si fa particolarmente violento in famiglia
e nel matrimonio. E di questo scontro che vi voglio parlare questa sera.
Come farlo? Considerando le forze in campo, descrivendo le due forze in
campo.
1. Ricapitolare ogni cosa in Cristo
Abituati ormai come siamo da una mentalità fortemente materialista,
è difficile per noi intraprendere “la seconda navigazione”: quella
che sa staccarsi dalla costa della conoscenza, della emotività puramente
sensibile, per dirigersi nel mare aperto della conoscenza spirituale. Ma
è ciò che è assolutamente necessario ora fare, per
penetrare nella verità più profonda del matrimonio e della
famiglia.
E vorrei cominciare con una domanda sul fatto più evidente
del nostro essere persone umane. Il fatto è che la persona umana
è uomo/donna: non è solo persona umana-uomo, non è
solo persona umana-donna. La domanda: che “senso” ha questo fatto? quale
interpretazione possiamo darne? La risposta potrebbe, dovrebbe essere lunga.
Mi limito all’essenziale.
Il fatto che la persona umana sia uomo/donna è il “segno”
della destinazione della persona alla comunione inter-personale.
Il corpo non solo appartiene alla persona: la persona è
il suo corpo, in quanto nel corpo ed attraverso il corpo, la persona stessa
è visibile. Possiamo perciò dire che il corpo è il
linguaggio della persona. Col suo essere-uomo, col suo essere-donna, la
persona “dice” la sua destinazione alla comunione interpersonale, nella
reciprocità dell’auto-donazione. L’essere-uomo è reciproco
dell’essere-donna e viceversa: l’uomo invoca l’altro per ritrovare se stesso
nella donazione reciproca che costituisce la comunione delle persone. Tocchiamo
qui il mistero più profondo di ogni persona umana, le fibre più
intime del suo essere.
Ho detto “ritrovare se stesso nella donazione reciproca”. potrebbe
sembrare una contraddizione, ma non lo è affatto. E’ piuttosto il
grande e stupendo paradosso dell’esistenza umana: realizzi te stesso nella
misura in cui doni te stesso. La persona è nel dono di sé.
Tutto questo equivale a dire che la realizzazione della persona consiste
nell’amore, poiché amare significa donare e ricevere quanto non
si può né comperare né vendere, ma solo liberamente
e reciprocamente elargire, in una completa libertà.
Ho detto che attraverso questa “elargizione di se stesso” si
costituisce la comunione inter-personale. La “comunione” fra le persone
è un evento molto grande: non è semplicemente uno stare l’uno
con l’altro, ma è un essere l’uno per l’altro poiché si è
oramai l’uno dell’altro.
Il fatto che la persona umana sia uomo o donna ha un significato:
esso significa l’intima identità di ogni uomo e di ogni donna. Tale
identità consiste nella capacità di vivere nella verità
dell’amore, anzi nel bisogno di verità e di amore quale dimensione
costitutiva della donna e dell’uomo. Non solo, ma il linguaggio sessuale,
il linguaggio della mascolinità/femminilità, non è
solo un linguaggio indicativo-dimostrativo: è un linguaggio realizzativo-imperativo.
Vorrei fermarmi un momento su questo punto essenziale. Come voi
sapete, una parola o discorso umano può essere semplicemente indicativo-dimostrativo.
Se dico: “fuori sta piovendo”, formulo una proposizione che si limita a
descrivere semplicemente come stanno le cose. Ma se dico: “ti ringrazio
molto per ciò che hai fatto per me”, formulo una proposizione che
non si limita a descrivere cosa sta succedendo, una persona che ringrazia
l’altra, ma è un discorso tale che precisamente, nel suo dirsi,
realizza ciò che sta dicendo. E’ il linguaggio realizzativo (performative
language). Ma se io dico: “chiudi la porta”, formulo una proposizione che
non descrive ciò che sta accadendo, né realizza ciò
che sta dicendo, ma esprime una prescrizione rivolta ad una libertà.
Fatta questa premessa è necessario comprendere che la
mascolinità/femminilità non è solo il linguaggio indicativo
e dimostrativo della destinazione della persona alla comunione inter-personale
attraverso il dono di sé. Esso è anche linguaggio realizzativo.
Cioè: il dono di sé si realizza attraverso e nel corpo maschile/femminile.
Il dono di sé è inscindibilmente spirituale-corporale, poiché
la persona non è solo la sua anima: è anche costitutivamente
il suo corpo. Il divenire “una sola persona” si realizza nel divenire “una
sola carne”. Dunque il linguaggio della femminilità e della mascolinità
non indica solo “come stanno le cose”: la persona umana è destinata
... Esso ha in sé la capacità di realizzare questa destinazione.
E qui è inevitabile porsi una domanda: a quali condizioni
questa capacità di realizzare la destinazione della persona può
di fatto attuarsi? La risposta non è poi così difficile,
se facciamo attenzione alla nostra esperienza. Il dono della persona non
può essere quantificato: la persona può quantificare, misurare
il dono di ciò che ha. L’avere della persona è misurabile;
l’essere della persona è inquantificabile: o doni tutto o doni niente.
Il dono della persona è totale o non esiste affatto. Ma un dono
totale che mettesse limitazioni di tempo, sarebbe una contraddizione. Il
dono della persona esige di essere totale, irrevocabilmente fedele e quindi
indissolubile. Totalità, fedeltà, indissolubilità
scaturiscono dall’essenza stessa del dono della persona. Cioè: l’amore
matrimoniale e l’istituzione matrimoniale scaturiscono dall’essenza stessa
dell’amore e del dono delle persone. Purtroppo, il tempo non ci consente
a questo punto neppure di accennare ad una sconvolgente rivelazione del
Cristianesimo: dall’essenza stessa dell’amore come dono della persona scaturisce
anche ed in maniera più profonda, l’amore verginale, l’amore che
prende corpo nella verginità consacrata. Ma di questo non devo parlare
questa sera.
Facciamo per un momento il punto della nostra riflessione. Che
cosa abbiamo detto? Siamo partiti da un fatto: la persona umana è
uomo/donna. E ci siamo chiesti: quale è il significato di questo
fatto? Abbiamo risposto nel modo seguente: la sessualità umana è
il linguaggio attraverso cui la persona umana dice la sua destinazione
alla comunione nel dono reciproco di sé, e mediante cui realizza
questa stessa comunione nel dono. In breve: la mascolinità-la femminilità
come “forme” dell’essere persona dicono e realizzano l’amore che esige
di raggiungere la sua pienezza nella forma coniugale o nella forma verginale.
Ma questo non è tutto. Questo non è l’intera misura
o contenuto del significato della sessualità umana: mediante la
comunione di persone, che si attua nel matrimonio, gli sposi danno inizio
alla famiglia.
Ogni uomo ed ogni donna si realizzano in pienezza mediante il dono
di sé e per gli sposi, il momento dell’unione coniugale costituisce
il momento eminente di questa realizzazione. E’ allora che l’uomo e la
donna, nella verità della loro mascolinità e femminilità,
diventano reciproco dono. Tutta la vita coniugale è dono, ma questo
è particolarmente vero quando realizzano quell’incontro che li fa
“una sola carne”. Ma proprio allora, essi vivono un momento di speciale
responsabilità. A motivo della potenzialità procreativa,
che può essere presente nell’atto coniugale, possono divenire padre-madre.
Accade qualcosa di unico, forse ciò che di più grande può
accadere nell’universo creato: il concepimento di una nuova persona umana.
Trattasi non solo di un fatto biologico, poiché la persona non è
riducibile ad “individuo di una specie vivente”. Nella paternità-maternità
umana Dio stesso è presente, poiché ogni e singola persona
è creata immediatamente da Dio. E così l’amore coniugale
diventa il tempio santo in cui Dio celebra la liturgia del suo amore creativo.
E’ concepita una nuova persona umana. Ed ogni persona è un dono
affidato ad ogni persona. Inizia qui quel processo di educazione che è
continua generazione umana-creazione divina. Ecco perché matrimonio
e famiglia sono strettamente connesse e sono “qualcosa” di insostituibile:
è il “santuario dell’amore e della vita”.
Ho parlato all’inizio del progetto del Padre di “ricapitolare
tutto in Cristo”, poiché è in questa ri-capitolazione o con-centrazione
cristologica che consiste la nostra salvezza. Ora possiamo capire che cosa
significa tutto questo per il matrimonio e la famiglia.
La verità più profonda che la S. Scrittura dica
dell’uomo, è detta subito nella sua prima pagina. “Dio creò
l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina
li creò” (Gen. 1,27). Ecco il mistero più profondo
dell’uomo: il significato ultimo del fatto che la persona umana sia uomo-donna,
e quindi di tutto ciò che abbiamo detto finora. E’ la somiglianza,
anzi l’immagine di Dio che è impressa nella persona umana: nel suo
essere uomo-donna. La Rivelazione si compirà in Cristo: il Noi divino
costituisce il modello eterno di ogni noi umano. Nella nostra storia quotidiana,
nella concretezza di ogni matrimonio è presente questa potenza trasfigurante.
E’ la potenza che trasfigura il “corpo” di ogni vita coniugale ad immagine
del corpo glorioso di Cristo, poiché vuole condurre gli sposi ad
amarsi, a donarsi, a donare la vita come Cristo ha amato, si è donato,
ha donato la vita.
2. Crocevia di contrasti
Esiste una contro-offensiva oggi come ieri che tende ad oscurare
nella coscienza dell’uomo e della donna, la verità del significato
del loro essere precisamente uomo e donna. Anzi, tende a negare questo
stesso significato, costruendone uno alternativo. E ciò avviene
attraverso una duplice strategia: una interiore o soggettiva, l’altra oggettiva
(nel senso hegeliano del termine). La strategia soggettiva è la
contro-offensiva che si sente nell’interiorità della propria coscienza.
La strategia oggettiva consiste nella creazione di una “cultura” della
menzogna a riguardo del significato del proprio essere uomo-donna, che
poi produce la distruzione del matrimonio e della famiglia e la messa in
ridicolo della verginità consacrata. Vorrei parlarvi ora di questa
strategia oggettiva, di questa “cultura”.
L’introduzione nella coscienza di un uomo o di una donna di un
significato contrario alla ricapitolazione di tutte le cose in Cristo,
deve partire, per essere efficace, da due presupposti antropologici. Sono
i due pilastri di quella cultura della menzogna di cui stiamo parlando.
Il primo presupposto è la negazione dell’unità
della persona umana. Cioè: negare che la persona è il suo
corpo. Possiamo anche dire: innescare un processo di oggettivazione del
corpo (i sociologi parleranno di “reificazione”) in forza del quale la
persona ha fondamentalmente nei confronti del corpo, la stessa relazione
che ha colla natura. Questo è accaduto puntualmente come risultato,
soprattutto, di una elevazione della visione scientifica dell’uomo come
unica visione ragionevole. Perché questo presupposto è un
“pilastro” della cultura della menzogna? Per capirlo, dobbiamo enunciare
e spiegare subito il secondo.
Il secondo presupposto, dunque, è la negazione che la
corporeità umana, più precisamente la sessualità umana
abbia in sé e per sé un significato proprio, possedendo essa
solo quel significato che le viene attribuito dalla libertà creatrice
della persona. E’ necessario che ci soffermiamo un momento su questo punto
abbastanza complesso.
Se ricordate, all’inizio della riflessione ci siamo fatti una
domanda: che significato possiede il fatto che la persona umana sia uomo-donna?
più concretamente: la mascolinità-femminilità hanno
in sé, per sé un significato? Risposta: nessuno, non hanno
in sé e per sé nessun significato. Hanno quel significato
che tu vuoi loro attribuire: non possiedono alcun valore e verità
che non sia quello, quella che tu liberamente decidi che abbiano. Non appartengono
all’universo dei significati, poiché non appartengono alla persona:
la mascolinità-femminilità sono fatti insignificanti.
E qui si innesta una tremenda ambiguità, che è
l’ambiguità presente nel rapporto uomo-natura quale si è
venuto configurando in questa cultura della menzogna. Ed ormai la corporeità
appartiene alla natura. Potrei esprimere questa ambiguità con una
formulazione molto sintetica: o la ragione-libertà umana è
una ragione-libertà senza natura o la natura è una natura
senza ragione-libertà umana. Mi spiego.
Poiché la sessualità è un fatto insignificante,
posso fare di essa ciò che voglio. L’unica esigenza è che
se nell’esercizio della sessualità è coinvolto un altro,
questi deve liberamente consentirvi. Non è vero che solo l’etero-sessualità
è un esercizio umanamente degno: l’esercizio omosessuale ha la stessa
dignità e merita lo stesso riconoscimento. Non è vero che
esistono solo due sessualità, quella maschile e quella femminile:
esiste l’uomo, la donna, l’uomo che è relativo all’uomo, la donna
...
E qui si innesta una precisa corrente dell’ideologia femminista. Essa
si costruisce precisamente su due affermazioni. Il rapporto originario
fra l’uomo e la donna non è un rapporto di reciprocità nell’assoluta
uguaglianza della dignità, ma è un rapporto di conflitto
nell’affermazione dell’uno contro l’altro. E secondo: la vocazione originaria
della donna non è né la sponsalità, né la verginità,
né la maternità. La donna non deve essere né sposa,
ne vergine, ne madre. Ecco ciò che significa, la ragione-libertà
umana è una ragione-libertà senza natura. Ma esiste anche
una visione opposta. La sessualità è pura natura che deve
semplicemente essere seguita, pena l’infelicità dell’uomo. In linea
di principio, ogni “regola” dell’esercizio della sessualità è
da considerarsi contraria alla felicità dell’uomo, una indebita
oppressione. Il relativismo della prima posizione si abbraccia coll’istintivismo
naturalista della seconda e generano quel permissivismo sessuale che è
caratteristico della nostra cultura.
Ora dobbiamo vedere perché e come questi due presupposti
hanno portato, possono portare alla distruzione pura e semplice del matrimonio
e della famiglia. La cosa, penso non dovrebbe essere ora molto difficile
a vedersi.
Potrei dire sinteticamente così: quei due presupposti
mutano la definizione stessa di matrimonio-famiglia, poiché hanno
mutato la definizione stessa di uomo. Vediamo i passaggi di questa mutazione.
Se il fatto che la persona umana sia uomo-donna è un fatto
insignificante, esso non orienta in nessuna maniera a riconoscere come
verità e bene della persona umana, la comunione interpersonale uomo-donna
come unica forma degna di quella verità. In buona sostanza: non
è vero che il matrimonio è l’unione legittima fra uomo e
donna. Possiedono piena legittimità l’unione uomo-uomo / donna-donna.
Fra le due unioni non c’è diversità di bene e di legittimità.
Purtroppo (dal punto di vista di questa cultura della menzogna)
la natura è ... testarda. Essa esige l’uomo e la donna, perché
sia concepita una nuova persona umana. Tuttavia, questo è un fatto
insignificante e quindi non orienta la nostra libertà a scegliere
l’amore coniugale come unica culla spirituale e fisica in cui nasce e cresce
la persona umana. Il corpo dell’uomo e della donna sono come “cave di marmo”
dalle quali si può trarre del materiale genetico che debitamente
trattato, può dare origine ad una nuova persona umana.
E qui si muta la seconda dimensione essenziale della comunità
coniugale-familiare: la maternità-paternità. Che cosa definisce
essere madre/l’essere padre? nulla, se non ciò che si decide sia
l’elemento costitutivo della maternità-paternità.
Per capire la portata culturale di questa distruzione del concetto
di maternità, vorrei richiamare la vostra attenzione su due fatti
accaduti in questi anni.
Il ricorso alla procreazione artificiale era stato presentato
come rimedio ad una sterilità inguaribile, all’interno di una coppia
legittima. Esso è andato progressivamente configurandosi come la
possibilità offerta a chiunque ne sentisse il bisogno, di avere
un figlio. E’ appunto la logica del “dominio” sulla natura per il soddisfacimento
dei propri desideri.
L’altro fatto, solo all’apparenza contrario, sul quale vorrei
attirare la vostra attenzione è la nobilitazione della contraccezione.
Se non esiste, se non è inscritto nella sessualità umana
l’orientamento , la destinazione alla comunione interpersonale fra l’uomo
e la donna per il dono della vita, sarà conquista di libertà
avere la possibilità di togliere dalla sessualità umana la
capacità procreativa. Le due attitudini, “il figlio ad ogni costo”
e “il figlio come il male da evitare”, nascono dallo steso spirito: la
paternità-la maternità non sono dimensioni costitutive dell’amore
coniugale. Vale a dire: paternità-maternità, amore coniugale
e sessualità umana sono tre grandezze non connesse da alcuna unità
interna.
Ho detto che è stata mutata la definizione stessa
di matrimonio-famiglia. Ora siamo in grado di vedere tutta l’ampiezza di
questa mutazione. Se il matrimonio è “l’unione legittima di uomo
e donna per il dono della vita”, la separazione di “dono dalla vita” dalla
unione legittima e dalla sessualità umana ha distrutto l’istituzione.
Vorrei terminare questa esposizione con una riflessione per evitare
equivoci. Ho detto fin dal principio che avrei parlato della “strategia
oggettiva”, non avrei parlato di ciò che accade nell’intimo delle
persone. Il progetto del Padre di “ricapitolare tutto in Cristo” è
già vincente e quindi ci sono e ci saranno sempre uomini e donne
che vivono profondamente la bellezza dell’amore coniugale: bellezza dell’amore
perché nasce dalla bellezza interiore della persona redenta da Cristo,
chiamati alla vera libertà: la libertà del dono che genera
la vita. La mia riflessione su quella che ho chiamato “cultura della menzogna”,
intendeva precisamente far prendere coscienza più profonda della
ragione e del modo per cui e con cui matrimonio e famiglia sono al crocevia
di un contesto di una vera e propria guerra spirituale.
CONCLUSIONE
Vorrei concludere con una semplice riflessione. L’uomo e la donna
portano impressa in se stessi l’immagine di Dio e sono così interiormente
“riferiti”, appunto “ricapitolati in Cristo”. Nessuna forza avversa sarà
in grado di distruggere questo orientamento. E’ necessario solo essere
vigilanti nella propria coscienza interiore per fare quella giusta scelta
di campo per la salvezza dell’uomo. E’ necessario non avere paura. La forza
divina è di gran lunga più potente, smisuratamente più
grande del male che opera oggi per distruggere matrimonio e famiglia.
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