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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


OLTRE IL 2000. La grande Europa
Prolusione
Ferrara 11 giugno 1998


Signor Sindaco,
Signor Presidente della Provincia,
Magnifico Rettore,
Signor Moderatore,
Signore e Signori,

   vi sono grato di avermi invitato a tenere questa prolusione alla vostra “convention”. Il fatto è già carico di profondi significati. L’invito rivolto al Vescovo della Chiesa cattolica di questa città di Ferrara manifesta la presenza in voi tutti dell’idea che la costruzione dell’Europa, dall’Atlantico agli Urali, o è fondata su valori profondamente umani e pienamente condivisi o è edificio perennemente insidiato dal rischio di crollare.
   La mia riflessione intende precisamente portarsi su questo fondamento spirituale di ogni vero processo di integrazione europea. Con molta semplicità: non ho altra autorevolezza che quella che mi viene dall’essere il testimone di una fede, quella cristiana, che ha generato l’Europa come entità spirituale e culturale.

1. IL LEGAME NELLA COMUNE UMANITÀ. In un momento come questo, penso che sia di fondamentale importanza chiarire a noi stessi quale è il vero “legame” che costituisce le comunità umane: in che cosa ed in forza di che cosa gli uomini si uniscono fra loro. Non è in ultima analisi l’appartenenza alla stessa nazione, anche se «naturalmente» i connazionali ci sono più vicini e meno estranei di chi non fa parte della nostra nazione. Non è in ultima analisi la casuale convergenza di interessi opposti, anche se «naturalmente» l’avere gli stessi interessi (nel senso più ampio del termine) fa sì che individui e popoli si avvicinino e si alleino. Non è in ultima analisi la paura reciproca, anche se questa può portare singoli individui e popoli a costruire sistemi di forze in equilibrio, dentro i quali poter vivere.
Il vero legame che unisce, che può unire uomini fra loro, è ultimamente la loro partecipazione alla stessa umanità; la consapevolezza di partecipare alla stessa umanità è la forza spirituale che consente agli uomini di costruire vere comunità.
Questa partecipazione alla comune umanità è chiamata dal cristianesimo la «prossimità». Ogni uomo è il prossimo di ogni uomo, dal momento che ogni uomo è in possesso della stessa umanità. Il concetto di prossimo come ci è stato svelato pienamente nel cristianesimo, pone in essere la base di una «comunità umana» che è molto più estesa e molto più intensa di qualsiasi «diversità umana», anche di quella che risulta dall’essere membri di concrete comunità umane diverse. Il concetto di prossimità, partecipazione alla stessa umanità, è la fondamentale relazione che unisce ogni persona umana ad ogni persona umana: “tra tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno” scrive Tommaso d’Aquino “ciò che gli è più necessario sono gli altri uomini” (SCG III 121, n. 3001).
 Ma è proprio a questo livello profondissimo che si pone il rischio più grave, l’insidia più minacciosa alla costruzione di ogni vera comunità umana.
 La partecipazione alla comune umanità non è un fatto naturalmente dato, allo stesso modo con cui ogni vivente è membro di una specie. La prossimità umana implica consapevolezza e libertà: la partecipazione di ogni uomo nella stessa umanità deve divenire consapevole; deve essere vissuta liberamente. La prossimità umana è insidiata, è minacciata a livello di consapevolezza dalla negazione che esista una verità sull’uomo; a livello di libertà dalla conseguente riduzione della libertà medesima a mera ricerca del proprio individuale interesse. Consentitemi di fermare la mia attenzione su questa duplice insidia.
 1,1. La consapevolezza di partecipare alla stessa umanità non è una consapevolezza vuota di contenuti: esiste un humanum che ci costituisce e ci definisce. Ed è precisamente questo humanum il nostro patrimonio comune, la nostra ricchezza prima. Esso connota una realtà dai contenuti precisi. Esiste cioè una verità sull’uomo, né l’uomo è solamente ciò che convenzionalmente decidiamo che sia.
 Perché la negazione dell’esistenza di una verità sull’uomo è oggi l’insidia più grave alla costruzione di una comunità umana? La negazione della verità mi impedisce di sapere quale è bene dell’uomo ed il suo male. Ciò a cui ogni uomo ha diritto incondizionato viene ad essere determinato puramente e semplicemente da convenzioni sociali. Private di ogni riferimento ad un fondamento oggettivo e quindi universalmente valido, le convenzioni sociali sono fragili miracoli di convergenze di interessi opposti oppure imposizioni violente del potente di turno. Non si può aver cura dell’uomo se non si sa chi è l’uomo. E siamo già arrivati alla seconda grave insidia alla prossimità umana.
 1,2. L’humanum, ciò che definisce e costituisce la nostra umanità, non è qualcosa di fermo, di statico, di fissato una volta per sempre. Esso è piuttosto un “fascio di inclinazioni naturali”: la nostra comune umanità è desiderio naturale, è orientamento naturale verso quei beni umani che ci realizzano secondo la misura vera ed intera della nostra persona. E qui entra in gioco la nostra libertà. Essa non è una pianta senza terreno. Essa è radicata nelle naturali inclinazioni della persona. Se infatti ogni organismo vivente è spinto ad azioni e fini che gli sono propri, non è così dell’uomo. Questi è chiamato ad aderire liberamente alle sue inclinazioni naturali verso i beni propriamente umani, diventando così costruttore della propria umanità.
 Ma quando si nega che l’esercizio della libertà possa semplicemente riferirsi ad una Verità sul bene umano che la trascende, poiché si nega che una tale verità esista; quando di conseguenza si sradica la libertà dall’obbedienza alla verità come unica via aperta all’uomo per raggiungere la pienezza della sua identità, non esiste più nessun criterio sicuro per discriminare rapporti giusti e rapporti ingiusti fra singoli e popoli. Questi rapporti non esprimeranno, non realizzeranno più la comune partecipazione alla stessa umanità, la prossimità umana, ma l’interesse del più forte sul più debole. Separare l’esercizio della libertà dalla verità è la radice dell’individualismo attuale che ha ridotto l’uomo ad una mera convenzione, e la giustizia alla coesistenza di opposti interessi.
 La consapevolezza di partecipare alla stessa umanità, è totalmente condizionata dalla questione della verità e della menzogna sull’uomo, inseparabile da quella del bene e del male.

2. LA “FORMA EUROPEA” DELLA PROSSIMITÀ. La comune partecipazione nella stessa umanità prende sempre corpo, si concretizza nelle varie comunità: il “prossimo” è sempre “membro di una comunità”. L’uomo è prossimo per un altro uomo in quanto membro di precise comunità.
 In questo secondo ed ultimo punto della mia riflessione vorrei rispondere alla seguente domanda: quale è la forma europea della nostra comune partecipazione alla stessa umanità? che cosa la caratterizza? Rispondere a questa domanda è di decisiva importanza per chi, come voi, ha responsabilità pubbliche: da questa risposta vengono gli orientamenti fondamentali per il vostro agire, perché quella «forma» sia custodita.
 Nata come entità spirituale, culturale dal Vangelo, l’Europa, la forma europea di partecipazione alla stessa umanità, ha desunto da questa radice la sua identità. Un’identità definita da almeno tre grandi proprietà.
2,1. La prima è costituita dal primato della persona. E’ stata questa la novità più sconvolgente introdotta dal cristianesimo. Primato della persona significa che obiettivamente non esiste nulla più grande, più nobile della persona umana se non Dio stesso: “la persona evoca ciò che esiste di più perfetto in tutta la natura” (S. Tommaso d’A., I, q.29, a.3). Primato della persona significa che essa non può mai essere considerata come parte di un tutto: “l’uomo non è ordinato alla comunità politica secondo tutto il suo essere e tutti i suoi beni” (ibid. I, II, q.21, a.4, ad 3). Primato della persona significa che tutto deve essere ordinato al bene della persona e la persona non è ordinata a nessun bene come suo scopo ultimo, se non a Dio solo.
L’Europa ha sofferto immani sofferenze a causa della negazione di questo primato, compiuto dai totalitarismi.
L’essenza di ogni totalitarismo consiste precisamente nella negazione del primato assoluto della singola persona, di ogni singola persona. Il  recupero pieno di esso, la centralità della persona, è la chiave di volta della vera costruzione dell’Europa.
 2,2. La seconda è costituita dalla naturale reciprocità delle persone. La persona non è un individuo a se stante: essa è costituzionalmente in comunione con gli altri. La comunità umana non è semplicemente una necessità cui l’individuo deve sottostare. La persona è sempre in relazione alle altre persone. L’uomo è persona in quanto vive in comunione con altre persone. La libertà è sempre la nostra libertà.
 Questa visione dell’uomo ha generato nella coscienza europea la grande idea di bene comune come scopo ultimo di ogni comunità politica. Esso non consiste semplicemente nel rendere possibile la coesistenza di liberi individui alla ricerca del proprio interesse individuale. Esso consiste nella creazione di quelle condizioni necessarie e sufficienti perché ogni persona possa realizzarsi in pienezza, nella comunione con le altre persone.
 Da questa definizione di bene comune deriva che nella costruzione delle comunità umane la politica, intesa come l’attività che promuove il bene comune, ha un primato nei confronti dell’economia: l’Europa non si costruisce sull’economia e non deve essere lasciata nelle mani degli economisti. E’ una costruzione politica, non economica in primo luogo. Primato della politica nei confronti dell’economia; primato dell’etica nei confronti della politica; questo significa bene comune. Non significa imporre un ordine morale attraverso un contratto sociale; significa porre l’unica base vera di una comunità europea.
 Due conseguenze più concrete. E’ inaccettabile una costruzione economica nella quale il lavoro umano sia un fattore accidentale: primato della persona significa primato del lavoro umano in economia. Da sempre il faraone di turno perseguita l’uomo distruggendo il suo lavoro, perché è in esso che l’uomo si esprime, si realizza. Il problema del lavoro è centrale nella consapevolezza europea: l’Europa è nata dal lavoro restituito dal cristianesimo alla sua dignità.
 E’ inaccettabile una costruzione politica che non rispetti appieno il principio di sussidiarietà, secondo il quale non deve mai essere impedito alle persone l’esercizio delle loro potenzialità di bene oppure renderlo troppo difficile.
 Se il primato della persona è stato paurosamente negato dai totalitarismi, la naturale comunicazione-reciprocità delle persone è oggi negata dall’individualismo neo-liberale. Esso sta sfigurando la forma europea della prossimità umana non meno di quanto l’abbia fatto il totalitarismo. In sostanza, l’affermazione del primato della persona nella reciprocità della comunione inter-personale non è la sostanza stessa della vera democrazia? L’Europa non a caso è stato il luogo dove essa è nata e deve essere di nuovo ricostruita nel suo significato più profondo.
 2,3. La terza proprietà che definisce la forma europea della prossimità umana è la seguente: ogni uomo è immagine di Dio. Cioè: la fondazione religiosa è la conditio sine qua non di ogni vera comunità reciprocità umana. Homo homini res sacra! Quando questa trasparenza teologica si appanna, l’uomo si illude di essere ciò che sa fare o la funzione che esercita. L’ora et labora di uno dei Padri dell’Europa rimane nel suo valore perenne.
 Del resto, già Platone aveva messo in guardia dal tentativo di costruire un sociale umano completamente laicizzato (cfr. Leggi X, 885b)

Illustri Signori,

   La sfida che vi è rivolta è grande e vi chiede grande sapienza. Forse l’errore più grande sarebbe quello di pensare che si possa costruire l’Europa senza fondarla nella consapevolezza di una comune partecipazione ad una verità sull’uomo: nella luce di una verità sull’uomo. Altre volte l’Europa si è trovata ad affrontare gravi crisi si identità. Li ha superati traendo sempre nuova forza dal Vangelo che l’ha generata: il Vangelo della dignità incomparabile di ogni persona, il Vangelo della reciprocità personale, il Vangelo della libertà.
   Nell’ethos dell’uomo europeo è iscritta la capacità di ricostruire, di continuare, di sperare nella risurrezione. Quando, dopo il rapimento d’Europa da parte di Zeus, suo fratello Kadmos la cerca disperatamente e infine chiede a Pytia: «Dove è Europa?», l’oracolo di Delfi risponde: «Va e costruisci la città». Dopo lo smarrimento deve sempre avvenire la costruzione, la costruzione di quell’Europa che è in ogni uomo europeo e in ogni nazione europea.