Discorso in occasione della inaugurazione del Polo didattico promosso da "Bologna rifà scuola"
5 maggio 2006
Autorità civili e militari, Signore e Signori,
l’apertura di una nuova scuola non è un evento di secondaria importanza nella vita di una città e di un popolo. Per varie ragioni.
La prima è che il futuro di ogni civiltà si gioca completamente sulla capacità della generazione degli adulti di rispondere in modo adeguato alla domanda di educazione che viene loro rivolta dalle giovani generazioni. Quando questa domanda resta inevasa, si entra nella più grave – anche se non è sempre la più appariscente – delle emergenze: l’emergenza educativa. La più grave, perché mette a rischio l’umanità di ogni uomo. Non c’è dubbio che la scuola è uno dei luoghi fondamentali in cui la domanda di educazione viene corrisposta o resta inevasa.
Ciò che sto dicendo non deve né può essere interpretato come un giudizio sulle persone che sono impegnate nelle istituzioni scolastiche: non mi compete. Né ancor meno come un apprezzamento d’istituzioni. Come pastore però di questa comunità ho il grave dovere di dire che le generazioni adulte rischiano di diventare completamente incapaci di educare i propri figli se non usciamo da quell’indifferenza, non raramente da quel disprezzo della realtà, che ci porta a vivere solo o principalmente di quel che uno sente o pensa. Negare alla realtà un suo senso proprio – e la realtà non è mai veramente affermata se non è affermata l’esistenza del suo significato – equivale a far collassare tutta l’impresa educativa: nelle famiglie come nelle scuole.
E poiché la scoperta del significato intravisto o invocato è opera della ragione, la domanda di educazione che le giovani generazioni ci rivolgono è domanda, è mendicanza di ragionevolezza. Sembra che l’uso della ragione, in senso letterale un uso "spregiudicato", cioè senza nessun pre-giudizio né censura di alcuna domanda, sia diventato il grande estraneo della nostra cultura odierna: essa che è stata generata anche dalla scoperta greca del "logos".
Ma esiste anche una seconda e non meno degna d’attenzione ragione per sottolineare l’importanza di questa inaugurazione. Questa scuola è un buon esempio di quella sussidiarietà orizzontale che è il pilastro fondamentale della società civile.
In questo modo si assicura l’esercizio di un diritto fondamentale dei genitori: la loro libertà di scelta della scuola in base al progetto educativo da essa proposto. Solo così si salvaguarda la libertà di educazione.
Non si tratta di sostituire il ruolo delle istituzioni pubbliche né ancor meno di confliggere con esse. È una cosa molto più semplice. Si tratta di rispondere ad una domanda che i genitori hanno il diritto, poiché ne hanno il dovere, di fare: la domanda di educare i loro figli secondo quella visione della vita buona che ritengono vera.
Diritto che posseggono tutti i genitori, anche i più poveri. Anche a questi deve essere assicurata una reale possibilità di esercitarlo. Se così non fosse, la libertà dell’educazione resterebbe un’affermazione teorica.
Quanto sia viva la consapevolezza di questa libertà e profonda la percezione della sua importanza; quanto sia forte il desiderio di rispondere alla domanda di educazione che urge nel cuore delle giovani generazioni, lo dimostra questa scuola. Dal 4 maggio 2004, giorno in cui è stato presentato il progetto "Bologna rifà scuola", il numero delle persone, delle famiglie e delle imprese che hanno voluto condividere questa costruzione, è cresciuto in modo meraviglioso.
Voglio ringraziare in modo particolare il Presidente della Fondazione Carisbo e il Presidente della Fondazione Falciola senza il cui contributo la Fondazione Opizzoni non avrebbe mai potuto portare a termine quest’opera.
Signore, Signori,
non possiamo nasconderci che sono gravi le minacce che incombono sull’umanità dei nostri bambini, dei nostri ragazzi, dei nostri giovani. Esse hanno la loro radice nella minaccia più grave di tutte, quella alla libertà della persona, poiché è la libertà la forza costruttiva dell’io. E la libertà è minacciata ogni volta che entra in crisi il concetto di verità. Ed è l’educazione a tenere desti ed attivi i dinamismi dello spirito: la ricerca del vero, l’amore al bene.
Poiché "In che cosa consiste l’educazione? Per rispondere a tale domanda vanno ricordate due verità fondamentali: la prima è che l’uomo è chiamato a vivere nella verità e nell’amore; la seconda è che ogni uomo si realizza attraverso il dono sincero di sé. Questo vale sia per chi educa, sia per chi viene educato. L’educazione costituisce, pertanto, un processo singolare nel quale la reciproca comunione delle persone è carica di grandi significati. L’educatore è una persona che "genera" in senso spirituale" [Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Gratissimum sane 16,1; EV 14/259].
Qui – ne sono sicuro – ci sono educatori, che affascinati dalla grandezza e al contempo dalla fragilità di ogni persona umana, vogliono spendersi perché non si rovini ciò che di più prezioso possiede questo universo in cui viviamo: la persona umana.
Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile questa affascinante avventura: "ciò che avete fatto a uno di questi piccoli, lo avete fatto a me", ha detto Gesù.
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