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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


IL "GRANDE SACRAMENTO" DEL MATRIMONIO
Giubileo delle Famiglie
18 giugno 2000

Nella settimana prima della solennità di Pentecoste, la Chiesa ci ha fatto leggere durante la celebrazione dell’Eucarestia il cap. XVII del Vangelo secondo Giovanni, la preghiera sacerdotale di Gesù. In essa Egli chiede al Padre un dono davvero straordinario: "perché siano una cosa sola, come noi" [v. 11d]. La nostra catechesi parte dalla meditazione di questo testo evangelico: "è la vetta dell’intera Rivelazione, della teologia, della vita cristiana, della mistica" [T. Federici, Resuscitò Cristo! Commento alle Letture bibliche della Divina Liturgia bizantina, Palermo 1996, pag. 428].

1. [L’Uni-Trinità in noi]. La cosa che risulta immediatamente dal testo evangelico è che viene chiesta fra i discepoli del Signore un’unità simile alla, e in ragione della unità che esiste fra la persona divina del Padre e la persona divina del Figlio. Quest’unità, l’unità fra il Padre e il Figlio, è il modello e la sorgente, la causa esemplare ed efficiente di quella che vige fra i discepoli del Signore. L’unità delle persone umane redente da Cristo è modellata e costituita dalla comunione trinitaria delle Persone divine. Questa in una certa misura viene umanamente vissuta dentro all’unità dei discepoli del Signore.

Possiamo cercare di penetrare un poco dentro a questa "analogia" che vige fra la comunione trinitaria delle Persone divine e la comunione interpersonale che vige fra i discepoli del Signore.

S. Tommaso commentando questo testo evangelico, scrive: "Essi [=il Padre e il Figlio] sono una cosa sola mediante un amore che non è partecipato come dono altrui, ma che procede da loro stessi: infatti Padre e Figlio si amano di Spirito Santo; noi invece ci amiamo mediante un amore infuso e partecipato in noi da una realtà superiore" [Commento al Vangelo di San Giovanni / 3, CN ed., Roma 1992, pag. 265]. Questo testo ci riporta al fatto centrale della nostra redenzione: il dono dello Spirito Santo. E’ questo dono che ci rigenera e ci ri-crea come nuove creature. Dal testo tomista risulta che è la divina persona dello Spirito Santo ciò che costituisce la similitudine analogica fra il "noi" del Padre e Figlio ed il "noi" dei discepoli del Signore, in ragione del fatto che è Egli stesso il legame che unisce la persona divina del Padre e del Figlio ["infatti Padre e Figlio si amano di Spirito Santo"] ed è lo Spirito che unisce i discepoli. Fermiamoci un momento a riflettere su questo fatto.

Quando Gesù iniziò la sua attività pubblica, nella sinagoga di Nazareth, applicò a Se stesso, anzi disse che trovavano pieno compimento in Se stesso le parole del profeta: "lo Spirito del Signore è sopra di me" (cfr. Lc 4,15-18). In questo modo, Gesù proclamò di essere Colui nel quale dimora lo Spirito Santo come dono di Dio stesso; di essere colui che possiede la pienezza di questo Spirito, colui che segna efficacemente il vero inizio della donazione dello Spirito Santo che il Padre intende ormai fare ad ogni uomo. E’ lo Spirito Santo l’intima sorgente di tutta la vita ed azione redentiva di Gesù Cristo. Ma il Figlio non possedeva in Sé lo Spirito Santo per Sé: Egli lo possiede in pienezza per donarlo. E questo dono viene fatto dal Signore Risorto: si veda Gv 20,19-22 ["Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo"]. Con questa donazione giunge a compimento la comunicazione che la Trinità fa di Se stessa alla persona umana.

Essa è iniziata nella missione del Figlio: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" [Gv 3,16]. Già nel "dare" il Figlio, nel dono del Figlio, si esprime la più profonda attitudine di Dio verso l’uomo: attitudine di elargizione senza limiti. L’Unigenito ci è donato perché noi ricevessimo l’adozione a figli [cfr. Gal 4,5]: ci viene donata la possibilità di diventare anche noi figli di Dio [cfr. Gv 1,12]; di partecipare alla figliazione divina del Verbo; di essere partecipi del rapporto che il Verbo ha col Padre e pertanto di essere nel Verbo incarnato visti ed amati dal Padre come il Verbo Incarnato stesso.

Iniziata nella e colla missione del Verbo, è nel dono dello Spirito che si completa e giunge a termine l’elargizione dell’amore del Padre verso l’uomo. Esiste infatti uno stretto legame fra l’invio-dono del Figlio nato da Maria e l’invio-dono dello Spirito Santo. Non c’è invio-dono dello Spirito Santo senza la Croce e la Risurrezione di Gesù (cfr. Gv 16,7), e la missione del Figlio ["perché ricevessimo l’adozione a figli"] trova il suo compimento nella missione dello Spirito Santo. La redenzione è totalmente compiuta dal Figlio, offrendosi in sacrificio sulla Croce. Ma questa redenzione viene comunicata, partecipata, operata costantemente nel cuore, nella coscienza di ogni uomo e nella storia dell’umanità dallo Spirito Santo: " e che voi siete figli né è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbá, Padre" [Gal 4,6]; "tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio" [Rom 8,14].

Che sia proprio il dono dello Spirito Santo, che sia proprio la presenza dello Spirito Santo ad operare in noi la divina figliazione, è spiegato in modo stupendo da S. Tommaso nel modo seguente. "il generato deve esser a immagine del generante: ora noi veniamo rigenerati quali figli di Dio a immagine del vero Figlio (per natura): perciò è necessario che la rigenerazione spirituale avvenga mediante ciò per cui acquistiamo la somiglianza col vero Figlio: e ciò avviene per il fatto che riceviamo il suo Spirito. Sta scritto infatti (Rom 8,9): "Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene". Così pure in 1Gv 4,13: "Da questo conosciamo che noi rimaniamo in Lui ed Egli in noi: Egli ci ha fatto dono del suo Spirito". Perciò è necessario che la rigenerazione spirituale venga compiuta dallo Spirito Santo" [op. cit. /1, pag. 261].

La rigenerazione compiuta in noi dallo Spirito Santo produce l’unità fra i discepoli del Signore: "come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola". Non è dunque un’unità qualsiasi quella di cui parla Gesù, quale può essere quella che deriva dall’essere tutti partecipi della stessa natura umana o dall’avere in comune gli stessi gusti e pensieri o da altro ancora. Ma è come se Gesù dicesse: "Come tu, o Padre, sei una sola cosa in me ed io una sola cosa in te, così anch’essi siano una sola cosa in te [Padre] e in me". E’ lo Spirito Santo che crea fra noi l’unità, ma non in noi stessi ma in Cristo, così che esiste una similitudine fra il nostro essere uno in Cristo ed il modo di essere uno del Cristo con il Padre e reciprocamente, dal momento che è precisamente lo Spirito Santo che crea fra noi quest’unità.

Per capire un poco questo inenarrabile mistero dobbiamo cercare di penetrare, con timore e tremore, nella vita intima stessa di Dio. Lo Spirito Santo è l’unità, è il vincolo del Padre col Figlio e del Figlio col Padre: è l’amore personale come Spirito del Padre e del Figlio. "Si può dire che nello Spirito Santo la vita intima di Dio uno e trino si fa tutta dono, scambio di reciproco amore tra le divine Persone, e che per lo Spirito Santo Dio "esiste" a modo di dono. E’ lo Spirito Santo l’espressione personale di un tale donarsi, di questo essere-amore [cfr. 1,qq 37-38]. E’ Persona-amore. E’ Persona-dono" [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Dominum et vivificantem 10,1; EE8/ ]. Un grande teologo orientale ha scritto: "Lo Spirito dell’altissimo Verbo è come l’amore ineffabile del Padre per il suo Verbo, generato in modo ineffabile; amore che questo stesso Verbo e Figlio diletto del Padre ha, a sua volta, per il Padre, in quanto possiede lo Spirito che insieme con Lui proviene dal Padre e che riposa in lui, in quanto a lui connaturale" [Gregorio Palamas, Capita physica 36, cit. da R. Cantalamessa, Il canto dello Spirito, Ancora, Milano 1997, pag. 147].

Persona-amore, Persona-dono Egli ci plasma e ci configura come persone-amore e come persone-dono, costruendo tra noi la perfetta unità, trascrizione nel mondo umano della stessa unità della Trinità: "l’uomo viene a trovarsi, in qualche modo, preso dentro l’abbraccio e il bacio del Padre e del Figlio che è lo Spirito Santo" [Guglielmo di S. Thierry, Meditazioni, XII, 29; SC 324, 210]. E’ questo il grande Mistero della comunione ecclesiale: siamo uno in Cristo.

2 [Amore e matrimonio]. Per passare dal primo al secondo punto della nostra catechesi, dobbiamo prima ripensare ad un tema assai importante della dottrina cristiana dei Sacramenti: il tema della grazia sacramentale.

Il CCC scrive: "La grazia sacramentale è la grazia dello Spirito Santo donata da Cristo e propria di ciascun sacramento" [n° 1129]. Ogni sacramento, se ricevuto colle dovute disposizioni, ci dona lo Spirito Santo, ma in una modalità che è propria a ciascun sacramento: se così non fosse, ne sarebbe bastato uno solo. Si faccia bene attenzione: non è che il sacramento ci doni la grazia dello Spirito Santo ed "in più", come in appendice, qualcosa di proprio. La grazia propria di ogni sacramento è la forma particolare che assume la nostra configurazione a Cristo e la nostra unità in Lui che ci viene donata da ogni sacramento, e quindi è l’orientamento a vivere in coerenza con essa.

Tutto ciò che abbiamo detto nel primo punto della nostra catechesi si realizza attraverso ogni sacramento: attraverso ogni sacramento la persona umana riceve in dono lo Spirito Santo che la rende partecipe della stessa Vita di Cristo e della sua stessa carità. Ma tutto questo accade secondo una particolare modalità propria di ogni sacramento. Quale particolare modalità assume l’avvenimento di grazia nel sacramento del matrimonio? Quale è la particolare grazia sacramentale del matrimonio? Questo secondo punto della nostra catechesi cercherà di rispondere a questa domanda (si veda il CCC nn. 1641.1642).

Partiamo da una premessa assai importante, che spero di potervi esporre chiaramente. L’avvenimento di grazia che accade quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del matrimonio non riguarda la loro persona singolarmente considerata: riguarda la loro persona in quanto è relazionata all’altra. E’ il loro "essere-sposi" che costituisce l’avvenimento di grazia che è il sacramento del matrimonio. Meglio: l’avvenimento di grazia che è il sacramento del matrimonio consiste precisamente nel fatto che questo uomo e questa donna sono costituiti dal Padre in Cristo mediante il dono dello Spirito Santo, "marito e moglie". La persona dell’uomo e la persona della donna sono coinvolti in questo avvenimento di grazia in quanto sono costituiti rispettivamente "sposo" e "sposa". In breve: il dono di grazia è la loro "comunione sponsale".

Vediamo che cosa significa tutto questo. In primo luogo significa che Dio stesso stabilisce fra questo uomo e questa donna un particolare "vincolo", il vincolo coniugale in forza del quale l’uno è [non semplicemente deve essere] il coniuge dell’altro. Ma questo non è tutto; non solo, ma non è nemmeno l’aspetto più importante dell’avvenimento di grazia che è il matrimonio. Il vincolo coniugale dice ordine ad una realtà più profonda. L’essere "vincolati" come moglie e marito, l’essere "coniugati" configura in modo specifico a Cristo la persona coinvolta nel vincolo. Non a Cristo, se così posso dire, considerato a Se stante, ma in quanto Sposo unito alla Chiesa.

Trattandosi di una "relazione" [quella coniugale], essa è configurata e plasmata secondo la relazione archetipa che correla Cristo e l’umanità redenta [= la Chiesa]. L’unità, il vincolo che lega ed unisce la persona di Cristo e l’umanità rigenerata produce l’unità, il vincolo che lega ed unisce le persone degli sposi. L’analogia è posta non fra le persone singolarmente prese come se lo sposo fosse il segno di Cristo e la sposa della chiesa, ma fra le persone in quanto poste dentro ad una relazione. [Se dico: 12:3=6:2, non intendo dire che 12=6 e 3=2; ma istituisco un’uguaglianza fra un rapporto e non fra i termini che entrano nel rapporto. Ugualmente se dico (cfr. Ef 5): Cristo:Chiesa=Sposo:sposa, non si deve intendere Cristo=sposo / Chiesa=sposa, ma si deve intendere che il rapporto che vige fra Cristo e la Chiesa si esprime sacramentalmente nel rapporto fra lo sposo e la sposa].

Che cosa unisce Cristo e la Chiesa? Lo abbiamo visto nel primo punto della nostra catechesi: è lo Spirito Santo ["come tu, Padre, in me ed io in Te"]. Ed è quindi lo Spirito Santo che unisce gli sposi fra loro attraverso la carità coniugale che infonde nei loro cuori. Egli produce fra gli sposi quell’unità che è "ad immagine e somiglianza" dell’unità di Cristo colla Chiesa.

L’unità fra i due sposi non è esattamente l’unità che esiste fra tutti i credenti in Cristo, così come la carità che unisce i due sposi non è esattamente la carità che unisce i fedeli tutti. L’unità fra i due sposi ha la proprietà di essere l’espressione precisa del costituirsi e del permanere dell’unità Cristo-Chiesa: la loro persona viene trasformata intimamente in ordine ad essere [prima che ad operare] relazionata all’altra in modo tale che essi sono il segno vivente e reale dell’alleanza fra Cristo e la Chiesa. Questa trasformazione consiste nel fatto che lo Spirito Santo fa essere la persona dell’uomo e della donna "persona-dono". Questa è l’opera dello Spirito Santo negli sposi.

Non a caso quindi S. Paolo istituisce un rapporto fra il vincolo coniugale e il dono che Cristo fa di Sé stesso sulla Croce (cfr. Ef 5,25). Scrive infatti S. Tommaso: "quantunque il matrimonio non venga configurato alla passione di Cristo riguardo al suo valore di espiazione, viene tuttavia configurato ad essa riguardo all’amore con cui Egli ha sofferto per la Chiesa, per unirla a Sé come sposa" [Suppl. q.2, a.1, ad 3]. E’ dentro a questa trasformazione a livello di essere che si radica la carità coniugale. Di conseguenza essa ha tutte le proprietà dell’amore con cui Cristo è rapportato alla chiesa come tale: esclusività, totalità, fedeltà, fecondità.

Da quanto ho detto derivano molte conseguenze assai importanti. Mi limito ad accennarne alcune.

Poiché il sacramento è la loro unione, da ciò deriva che tutta la loro vita coniugale è sotto l’influsso dello Spirito Santo. "Gli sposi in tal modo diventano mediatori di grazia l’uno per l’altro non soltanto al momento del matrimonio, ma per tutta la vita. Non c’è nulla con cui essi si avvicinano maggiormente l’uno all’altro, senza che non ne vengano nello stesso tempo uniti più intimamente a Cristo, e non c’è nulla con cui uno di essi venga unito più intimamente con Cristo, senza che nello stesso tempo acquisti l’altro in un modo più profondo" [M. Schmaus, Dogmatica Cattolica IV/1, ed. Marietti, Torino 1966, pag. 740]. Veramente la reciproca edificazione che vige fra tutti i cristiani, ha fra gli sposi un significato sacramentale.

In quanto poi sono uniti sacramentalmente, gli sposi sono quotidianamente mossi dalla grazia in ordine a divenire sempre più immagine vivente dell’unità Cristo-Chiesa: mossi ad essere dono reciproco. La c.d. spiritualità matrimoniale trova qui il suo fondamento ultimo.

3. [Dentro al mondo]. Inizio questo terzo ed ultimo punto della mia catechesi con una domanda: che rapporto esiste fra l’unione o vincolo coniugale costituito dal dono dello Spirito Santo e la persona dell’uomo e della donna considerati nello loro natura umana? Cercherò di rispondere in due momenti.

3,1. In una delle sue catechesi sull’amore umano, il S. Padre disse: "il corpo umano, con il suo sesso, e la sua mascolinità e femminilità […], è non soltanto sorgente di fecondità e di procreazione, come in tutto l’ordine naturale, ma racchiude fin dal principio l’attributo sponsale, cioè di esprimere l’amore: quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono e, mediante questo dono, attua il senso stesso del suo essere ed esistere" [Insegnamenti/ II, pag. 148]. Questo testo è di singolare ricchezza. Esso fa due affermazioni fondamentali. La prima: la persona umana (come tale) realizza il senso stesso del suo essere quando diventa persona-dono. Cioè: la persona umana è fatta per donarsi. La seconda: questa costituzione-orientamento della persona si esprime nella corporeità sessuata della persona.

Non è qui il caso di dimostrare ora la verità di queste due affermazioni, ma faccio notare che da esse deriva una conseguenza assai importante, che costituisce la risposta alla nostra domanda. Se la persona realizza se stesso nel dono di se stessa; se questa realizzazione può accadere nel corpo ed attraverso il corpo nell’unione sessuale, allora il dono dello Spirito Santo fatto agli sposi, il vincolo coniugale e la carità che l’impregna, è una delle forme in cui viene portata a perfezione la destinazione della persona umana [le altre sono: la verginità consacrata e il ministero pastorale]. In altre parole: nel vincolo coniugale-sacramentale la persona dell’uomo e della donna trovano una forma di perfetta realizzazione di se stessi.

3,2. Questa visione cristiana è la più radicale contestazione della visione della persona umana oggi dominante nella cultura occidentale.

Su quali basi poggia questa visione? Fondamentalmente su due affermazioni. La prima: la persona umana non è costitutivamente per il dono di sé [tesi dell’individualismo= l’uomo non è "persona", ma un "individuo"]. La seconda: la socialità umana è prodotta solo dalla libera contrattazione fra opposte libertà e quindi può essere solo statuizione di regole per consentire la coesistenza di egoismi opposti. Così è anche il matrimonio.

Dentro a questa visione come è considerato il matrimonio cristiano? Semplicemente come una delle possibili realizzazioni dell’uomo e della donna. Che cosa significa "possibile"? semplicemente una scelta di vita sulla quale, come sulle altre, è impossibile ed insensato pronunciare un giudizio di verità. In fondo, esiste solo un criterio: l’autodeterminazione del singolo.

Possiamo accontentarci di questa condizione? Il matrimonio cristiano si esibisce come la vera realizzazione della persona dell’uomo e della donna, e quindi come proposta che deve essere fatta ad ogni uomo e ad ogni donna. Questo significa annunciare il "Vangelo del matrimonio" nel mondo di oggi. E’ il grande compito della Chiesa, ed in particolare degli sposi cristiani.

Conclusione

E’ grande la sfida che il mondo oggi lancia agli sposi cristiani: essa riguarda la verità stessa dell’uomo e della donna.

Ho detto "la verità stessa dell’uomo e della donna". E’ attraverso la loro testimonianza, fatta di ragioni della propria speranza e di vita, che gli sposi svolgono un servizio alla cultura della persona. Per il motivo seguente. Esistono realtà, valori ed esigenze che per sé sono accessibili ad ogni uomo, anche senza l’aiuto della rivelazione cristiana. Ma di fatto la persona umana non arriva a percepirli o ne ha una percezione oscura e spesso mista ad errori. Essi sono per esempio il valore sommo di ogni persona, la vocazione di questa all’amore, il senso vero della libertà. Queste realtà devono essere come fissate davanti allo sguardo spirituale degli uomini e custodite dalla fede cristiana. Quando questa custodia viene meno, quelle realtà, valori ed esigenze si oscurano. Gli sposi cristiani col loro essere "persona-dono" custodiscono la verità ultima sulla persona stessa.

E’ il dono dello Spirito Santo che attraverso gli sposi convincerà il mondo "quanto al peccato, alla giustizia, e al giudizio" (Gv 16,7): dimostrerà che siamo fatti per amare, non per odiare.