VOGLIAMO VEDERE IL SIGNORE
Catechesi dei giovani
13 dicembre 2003
Abbiamo detto che il cristianesimo è la persona di Gesù Cristo, Dio fattosi uomo "per noi uomini e per la nostra salvezza [catechesi di ottobre]; abbiamo detto che il cristiano è colui che ha incontrato Gesù Cristo nella fede e nei sacramenti (dell’iniziazione cristiana) iniziando a vivere una vita nuova [catechesi di novembre].
Questa catechesi vuole essere un aiuto per comprendere più profondamente la persona di Gesù così come ci è descritta nei Vangeli. È come un invito a compiere "un viaggio nel Vangelo", ed a leggerli con attenzione e con tenero affetto. Solo così noi diventeremo più "familiari" a Cristo e Cristo più "familiare" a noi. Come potete prevedere, io procederò più a modo di accenni e di "invito alla lettura" che per sviluppi completi di pensiero.
1. LA FAMIGLIA DI GESÙ [cfr. Mt 1,18-2,23; Lc 1,26-2,52]
Quando viene data all’umanità per la prima volta la notizia che in mezzo a noi c'era "Cristo Signore", il segno del riconoscimento fu il seguente: "troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" [Lc2,12].
Gesù inizia la sua avventura umana come ogni uomo la inizia: viene concepito nel grembo di una donna e viene partorito all’interno di una famiglia umana. Qui viene già denotato uno "stile di vita" del Dio fatto uomo: vivere le esperienze umane fondamentali per rivelarcene il senso fondamentale, difendendole dalle aggressioni che arrivano perfino a pervertire i dati più elementari della vita. Ed inizia dall’esperienza umana più originaria: la famiglia. È nella famiglia di Nazareth, Gesù – Maria – Giuseppe, che il Dio fattosi uomo passa la quasi totalità del suo tempo umano. È questa famiglia l’inizio della ricostruzione di ogni famiglia umana nella sua verità propria, nella sua bellezza splendida. Vediamo brevemente come e perché, contemplando sia pure per qualche istante i componenti della santa Famiglia di Nazareth.
MARIA: è la donna immacolata; è la sposa vergine; è la madre. È la donna immacolata: in lei la femminilità si è espressa in tutta la sua verità, nell’intera sua bontà, nella sua incomparabile bellezza. Ella infatti vive pienamente dentro a questo mondo senza sperimentare nessuna opposizione a Dio, così che la prima abitazione del Dio fattosi uomo è il suo corpo che Dio stesso non reputa indegno di sé. È la sposa vergine: ella, nella sua verginale dedizione al Signore, sa che cosa significa amore [ogni altra donna può solo desiderare questa pienezza e pregustarne la bellezza solo frammentariamente]. E pertanto è capace di amare Giuseppe con un tale amore coniugale [sono veri sposi] da partecipargli lo stesso dono della verginità. È la Madre: è il "suo segreto" più grande, poter parlare a Dio chiamandolo figlio; sentire che è suo figlio, e quindi colei che "ogni generazione" chiamerà "beata".
GIUSEPPE: il "padre putativo": ritenuto tale cioè. Benché non lo sia dal punto di vista biologico, lo è più profondamente di qualsiasi altro padre. Perché? perché Gesù nel rapporto con Giuseppe deve imparare a sperimentare umanamente quella filialità che Egli divinamente vive nei confronti del Padre. E quindi Giuseppe deve semplicemente essere la perfetta immagine del volto del Padre celeste.
GESÙ BAMBINO: l’infanzia è momento della vicenda umana del Dio fattosi uomo di importanza fondamentale per il nostro essere cristiani. Dio fattosi uomo ha voluto essere un bambino, per dirci qualcosa di inaudito sul Mistero: Dio non è solo onnipotenza invincibile, ma è Amore indifeso. È un Dio che deve essere accolto come un bambino accoglie ogni dono: con stupore, con semplicità. Come fu accolto dal vecchio Simeone [cfr. Lc 2,25-32]: fra le braccia per poter "vedere la salvezza". Vedere la salvezza: non è un sogno; non è una utopia. È carne ed ossa [contro ogni razionalismo e moralismo].
È questa la famiglia del Dio fattosi carne. Una famiglia che vive nel silenzio; che vive del suo lavoro; che vive del suo amore. In essa Dio ha imparato il mestiere di uomo.
2. LA VITA PUBBLICA DI GESU’
Gesù inizia la sua attività che lo farà conoscere ben al di fuori del piccolo villaggio di Nazareth, con un gesto singolare: si fa battezzare da Giovanni Battista [cfr. Mt 3,13-17; Mc 1,9-11; Lc 3,21-22]. È una scelta fatta con consapevolezza perché in un certo senso pre-dice tutto il senso della sua vicenda umana.
È un battesimo di penitenza; chi lo chiede e riceve si dichiara bisognoso di perdono divino Dio di fa uomo per condividere, lui assolutamente innocente, la nostra condizione umana impastata di miseria morale. E ne porterà tutte le conseguenze, fino alla morte: quel suo scendere dentro l’acqua prefigura già la sua sepoltura.
È un battesimo di ri-creazione: avvengono dei fatti durante quel battesimo che significano che ha inizio qualcosa di nuovo. Veniamo a sapere che fra noi c’è il Figlio di Dio; il cielo si riapre.
Questo è l’inizio della c.d. vita pubblica di Gesù, Dio fattosi uomo. Cerchiamo ora di compiere un percorso dentro di essa.
La vita di ciascuno di noi è fatta di incontri che pongono in essere rapporti inter-personali; è costruita dalle nostre azioni; si esprime attraverso le nostre parole. Anche la vita di Gesù, quale ci è narrata dai Vangeli, è una vita di incontri (A); è caratterizzata da azione anche straordinarie: i miracoli (B); si esprime attraverso discorsi (C). Vorrei ora brevemente fermarmi su ciascuna di queste tre dimensioni della vita umana del Dio fattosi uomo.
(A) [Incontri con Cristo]. Debbo fare una premessa importante. Quando i Vangeli narrano gli incontri che Gesù ebbe, narrano fatti accaduti nel passato, fatti che non sono ripetibili.
Dalla catechesi precedente noi abbiamo imparato che essere cristiani significa aver incontrato Cristo, essere stati incontrati da Cristo.
Di conseguenza: come ciascuno di noi incontri Cristo, questo è un mistero che appartiene all’irrepetibile vicenda della nostra vita; ma dagli incontri narrati nei Vangeli noi sappiamo che cosa accade a ciascuno di noi quando [nel modo proprio a ciascuno] incontra Cristo. Accade ciò che è accaduto ad Andrea, a Zaccheo, alla Samaritana, a Matteo …
La lettura degli incontri fatti da Gesù è la lettura di ciò che accade, è accaduto, accadrà a ciascuno di noi.
Faccio un elenco di alcune di queste narrazioni: Gv 1,25-51; Mt 9,9-13; Mt 15,11-28; Gv 4,1-42; Gv 8,1-11; Lc 7,35-50; Lc 19,1-10.
E’ ovvio che non possiamo leggerli e commentarli tutti. Vi dico solamente alcune costanti che voi potete rilevare in ciascuno e così potete poi leggere quelle pagine servendovi di queste chiavi di lettura.
- Chi incontra Cristo viene invitato a vivere e sente il bisogno di vivere in compagnia di con Lui ["Vieni e seguimi"], una compagnia che trasforma la vita della persona e le apre la possibilità di un vita nuova.
- Chi incontra Cristo scopre la sua vera identità, la sua "vocazione"; riceve da Lui il suo vero nome e capisce quale è il "posto" cui è destinato.
- Chi incontra Cristo sento il bisogno di dire agli altri l’esperienza vissuta; non è un obbligo impostole, ma è una necessità che urge dentro a chi ha incontrato Cristo.
- Chi incontra Cristo e vive con Lui, lo scopre sempre più; vede che è risposta vera ad ogni sua domanda; la professione di fede nella sua divinità, fatta colla Chiesa, diviene personalmente propria.
(B) [I miracoli di Cristo]. Gesù non operava i suoi miracoli per strabiliare i presenti, crearsi notorietà. Spesso li compiva in segreto; spesso impediva al miracolato di parlarne.
I miracoli sono stati definiti "incontri di amore"(A. Sicari): incontro fra il bisogno umano che diventava grido, pianto, invocazione e l’Amore incarnato di Dio che rispondeva, raggiungendo l’uomo anche nel suo corpo.
Se studiamo attentamene i miracoli di Gesù, vediamo che il "procedimento" è sempre lo stesso. Da una parte si imponeva una Presenza unica che emanava una forza cui era difficile resistere. Dall’altra c’era una persona umana che apriva ad Essa il suo bisogno, che metteva a nudo il suo desiderio, e si affida senza limite. Il miracolo consisteva nella risposta totale a questo desiderio: esso riguardava certo il corpo, ma mediante il corpo investiva la persona alla sua radice. Il cieco non acquistava solo la vista ma credeva. Giovanni, il quarto evangelista, chiama i miracoli "segni".
(C) [Le parole di Cristo]. Devo fare una premessa di una importanza fondamentale per la vostra fede: statemi molto attenti.
Il vangelo di Giovanni inizia, come ricorderete, con una affermazione straordinaria: "Il Verbo (la Parola) si è fatta carne". Proviamo a chiederci? Perché la parola del Figlio unigenito del Padre è chiamata Verbo? [in greco: logos; in latino: verbum, in italiano: parola]. Per tre ragioni almeno.
(a) Gesù, nella sua concreta vicenda storia umana, è tutto ciò che il Padre voleva dirci. In Lui ci ha detto tutto.
(b) Questo "tutto dettoci dal Padre" è la persona stessa di Gesù, poiché Egli è una persona divina; è Colui che nell’eterna vita trinitaria esprime perfettamente il Padre.
(c) Tutte le parole e le azioni di Gesù sono "parole" in quanto e perché dicono, spiegano, esprimono Lui stesso che è l’Unica Parola: mettono in rapporto con Lui.
Da ciò deriva una conseguenza importantissima: quando la Chiesa richiama alla "Parola di Dio", essa intende richiamarci alla necessità di entrare in rapporto con Cristo, mediante ciò che ha detto. Quando qualcuno nella Chiesa afferma il "primato della Parola", usa un’espressione che merita di essere precisata. Per due ragioni. Nella Chiesa il primato spetta a Cristo, che non potrei conoscere senza l’ascolto della sua parola e quindi senza la lettura della S. Scrittura [chi ignora la Scrittura ignora Cristo, scrisse S. Girolamo]. Nella Chiesa poi il vertice dell’incontro con Cristo è l’Eucarestia, non la lettura della S. Scrittura: incontro che esige la fede; la fede che nasce ed è nutrita dall’ascolto della parola di Dio. Dunque, la lettura della S. Scrittura è un’esigenza fondamentale della vita cristiana; ogni giorno dovete leggerla e meditarla.
Però quando leggete nei Vangeli le parole di Cristo, non dimenticate mai che esse sono il dirsi, il manifestarsi della sua Persona: questa è la chiave di lettura giusta. Ed anche di tutta la Scrittura. Recentemente il S. Padre Giovanni Paolo II ha scritto: "Esistono domande che trovano risposta solo in un contatto personale con Cristo. Solo nell’intimità con Lui ogni esistenza acquista significato, e può giungere a sperimentare la gioia che fece dire a Pietro sul monte della Trasfigurazione: "Maestro, è bello per noi stare qui" (Lc 9,33 par). Dinanzi a questo anelito all’incontro con Dio, la Liturgia offre la risposta più profonda ed efficace. Lo fa specialmente nell’Eucarestia, nella quale ci è dato di unirci al sacrificio di Cristo e di nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue". Noi sappiamo quanto spazio occupa nella Liturgia la lettura della S. Scrittura. Ecco, vedete la visione giusta ed equilibrata che ci offre il S. Padre.
3. LA MORTE DI GESÙ.
La vicenda terrena di Gesù si è conclusa colla morte: una morte violenta, terribile perché in croce, ingiustamente comminata sia dall’autorità religiosa sia dall’autorità politica. Sono le pagine evangeliche, quelle della passione, che noi dobbiamo leggere più frequentemente e più attentamente.
Il significato centrale di tutte quelle pagine è nelle seguenti semplici parole "per noi": crocifisso per noi. Questa affermazione sta al centro della fede cristiana. Che cosa significa? almeno quattro cose.
(a) Il Figlio nella morte è stato donato a noi, a ciascuno di noi; "per noi" = a noi [donato];
(b) Cristo sulla Croce prende il nostro posto; ciascuno di noi doveva essere in quel posto; "per noi" = al nostro posto;
(c) Cristo sulla Croce ci dona quindi la vera libertà dalla nostra schiavitù sotto il male; "per noi" = ci libera da …
(d) Cristo sulla Croce ci introduce nella vera vita per cui stiamo stati creati; "per noi" = ci libera per …
Quando leggete i racconti della passione lasciatevi guidare nella lettura da queste chiavi di lettura.
CONCLUSIONE
In realtà la conclusione della vicenda terrena di Gesù non è stata la morte, ma la risurrezione. Ma qui ci fermiamo.
La catechesi di questa sera aveva lo scopo di appassionarvi alla persona di Cristo. Meglio: alla conoscenza piena di amore della sua vicenda terrena, per avere un rapporto sempre più profondo con Lui. Una conoscenza che si ha attraverso la lettura del Vangelo. Spero che da questa catechesi usciate con un desiderio appassionato di leggere i Vangeli e la S. Scrittura: per conoscere Cristo.
Perché, alla fine, questa è l’unica vera "fortuna" nella vita: aver incontrato Cristo ed appartenere a Lui nella Chiesa.
|