Il cristiano dentro la società attuale
Cattedrale di Ferrara
15 marzo 2003
La catechesi di questa sera è il punto d’arrivo e in un certo senso la sintesi di tutte le catechesi non solo di quest’anno, ma anche dell’anno scorso. In sostanza, sia quest’anno sia l’anno scorso ho cercato di aiutarvi a capire il detto di Gesù: "voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo" [Mt 5,13-14]. Infatti sia a Tor Vergata sia a Toronto il S. Padre vi ha dato questa stupenda consegna.
Quando facciamo una gita in montagna, normalmente dopo aver camminato qualche ora ci fermiamo a contemplare il paesaggio, dal punto di vista già raggiunto. Questa sera vivremo un’esperienza simile: vedremo la nostra persona, la nostra persona discepolo di Cristo dentro alla società attuale, dal punto di vista dell’insieme delle ultime dieci catechesi.
1. Vorrei partire da due presupposti fondamentali. Il primo è un richiamo al significato esatto delle parole del Signore.
Gesù considerando l’ipotesi che un suo discepolo venga meno alla sua missione nella società ["… se il sale diventa insipido"], non prende affatto in considerazione le conseguenze di questa infedeltà sulla società. La preoccupazione di Gesù è per le conseguenze sul discepolo stesso: "a null’altro serve…".
Cioè: è il discepolo che diventa inutile, perché perde la sua ragione di esserci. Non è alla società che va male solamente. È a voi che va male: anche presso gli uomini stessi. È dunque necessario non diventare insipidi, non perdere cioè la propria chiara identità e la propria specifica missione. Missione che il discepolo può compiere solo se resta fortemente configurato da ciò che lo definisce e lo caratterizza: la fede, la conoscenza di Cristo, l’amore del prossimo, la non conformità al mondo. L’altro esempio della "città sul monte" mette bene in luce questa differenziazione.
Si sente dire, e forse anche a noi è stato detto: "il sale deve sciogliersi dentro gli alimenti, così i discepoli del Signore, quando sono in società devono per così dire scomparire". La frase ha una sua verità; il Signore però non sta dicendo questo. Egli ci mette invece in guardia: se scompare agli occhi degli uomini ciò che vi caratterizza e vi differenzia, sarete calpestati anche dagli uomini. Cioè: anche gli uomini vi disprezzeranno. Certamente: come cristiani possiamo, dobbiamo fare tante cose come e con gli altri non cristiani. Ma noi non esistiamo per questo. E’ la nostra "diversità" che salva e cambia la società. E siamo così arrivati al secondo presupposto fondamentale.
Gesù, lo avete notato, non si esprime in questo testo evangelico col modo imperativo. Non dice: "siate il sale della terra… siate la luce del mondo". Si esprime al modo indicativo. Il discepolo del Signore, ciascuno di noi è sale della terra; è luce del mondo. E tali siete perché così vi ha donato di essere. Tali vi ha resi il Signore, poiché Lui è la luce del mondo. Ciò che purtroppo possiamo fare è di rendere insipido colle nostre scelte libere il dono di essere sale che Cristo ci ha fatto; è di mettere sotto il moggio di scelte infedeli il dono di essere luce che Cristo ci ha fatto. Ne deriva una conseguenza importantissima: siate strettamente uniti a Cristo, come il tralcio lo è alla vite. Con la preghiera quotidiana; con la lettura meditata e pregata della sua parola; ricevendolo spesso con grande devozione nell’Eucarestia; venendolo spesso ad adorarlo ed a conversare con Lui davanti al Tabernacolo.
2. Tenendo sempre presenti questi due fondamentali presupposti, come allora il discepolo di Cristo vive dentro la società attuale? La risposta che ora vi presento – lo ripeto – presuppone tutte le catechesi precedenti.
Notate bene quel piccolo avverbio: "dentro". Non indica certo il modo con cui un pezzo di legno si trova dentro una corrente d’acqua: è semplicemente trasportato! Ricordatevi il primo presupposto. Ma non indica neppure il modo con cui è presente in un fiume un sasso: spaccatelo, e dopo secoli all’interno è ancora asciutto! Ma esponiamo le cose positivamente: essere dentro la società attuale significa fondamentalmente due cose.
Significa avere una forte coscienza di aver ricevuto da Dio nell’incontro con Cristo la verità che ci salva: che salva ogni uomo e tutto l’uomo. Avere nel cuore e nella mente la vivida e lucida consapevolezza che la situazione di chi ha incontrato nella fede Cristo ed appartiene alla Chiesa è radicalmente diversa e migliore dalla e della situazione di coloro che non sono ancora stati raggiunti dalla grazia di Cristo: questa è quella coscienza che ci pone nel modo giusto dentro la società attuale. Senza questa "coscienza di verità" è inevitabile che il sale diventi insipido, nel senso già spiegato, e che la luce sia messa sotto il moggio. Già nel 1986 i Vescovi dell’Emilia-Romagna scrivevano: "una profonda e chiara "coscienza di verità" è necessaria nei cristiani particolarmente in una situazione come quella attuale dell’Emilia-Romagna, dove la vita di fede è sottoposta alla pressione di orientamenti culturali e politivi di ispirazione materialistica e di un costume consumistico e libertario" [Nota past. Una Chiesa che guarda al futuro, 10; EDB 1986; pag. 16].
Significa avere nel cuore un’immensa carità verso ogni persona che incontrate. E’ la stessa "coscienza di verità" che genera questa radicale condivisione nella società attuale. È possibile? Chi più dell’evangelista Giovanni ha annunciato la carità? Eppure egli scrive: "se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento… non salutatelo" [2Gv 10]. Ed è lo stesso Giovanni che insegna che "chi non ama non possiede in sé la verità" [2Gv 2,3-6].
La "coscienza della verità" e la "vita nella carità" denotano la modalità della presenza nella società: non descrivono ancora i contenuti precisi delle vostre scelte.
Il passaggio a scelte concrete deve avvenire, altrimenti quanto detto finora rischia di essere astratto. In che modo questo passaggio è possibile? Per rispondere dovrei riprendere tutte le catechesi. Mi limito dunque a due richiami complementari.
Il primo: è necessaria una seria preparazione professionale. Il vostro lavoro deve essere compiuto in modo professionalmente ineccepibile. L’ignoranza non ha mai cambiato in meglio nulla.
Il secondo: è necessario che vi educhiamo a tradurre la vostra convinzione di fede in "criteri di giudizio" dei vari aspetti della vita. È stato il compito delle catechesi di quest’anno, e soprattutto dei laboratori della fede. Il Magistero della Chiesa ci aiuta e ci guida in questo colla sua Dottrina sociale.
Carissimi giovani, ho terminato. Parlando dei cristiani in genere, uno scrittore cristiano antico dice: "noi abbiamo la ricca abbondanza della giovinezza, e la nostra giovinezza non invecchia mai. In essa noi siamo sempre in possesso della pienezza della forza…: sempre giovani, sempre nuovi. È necessario infatti che siano nuovi coloro che hanno incontrato il Verbo (Cristo) che rinnova tutto" [Clemente d’Al., Il pedagogo I, 20,4; Sch 79, pag. 147 ]. Vi lascio con questa immensa certezza: chi ha incontrato Cristo non invecchia mai.
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