COME DIVENTIAMO LIBERI?
Catechesi dei giovani
28 febbraio 1998
La conversazione di questa sera è strettamente legata alla
conversazione dello scorso gennaio: ne è la continuazione. Se vi
ricordate, terminavo con alcune affermazioni molto forti. Vi dicevo: “E’
la coscienza la custode invincibile della vostra libertà: voi perdete
la vostra libertà quando agite contro la vostra coscienza. E’ necessario
perciò che la coscienza non sia deviata, non sia falsa”. E concludendo
dicevo: “E’ lo splendore della verità che genera lo splendore della
libertà”. La nostra conversazione questa sera comincia proprio di
qui, nella luce della seconda parte della risposta data da Gesù
al giovane che lo interrogava – come abbiamo visto – sul significato della
libertà.
Sono questi i grandi problemi dello spirito, che ciascuno di
noi si porta dentro al cuore e quando ne intravediamo un po’ la soluzione,
siamo pieni di gioia, di gioia vera.
La domanda alla quale cercheremo dunque di rispondere questa
sera, è la seguente: come diventiamo liberi? quale è il cammino
(da percorrere) che ci porta ad essere persone veramente libere?
1. A questa domanda, Gesù ha già risposto in parte: “diventi
libero osservando i comandamenti; la via che ti porta ad essere una persona
veramente libera è l’obbedienza ai comandamenti”.
Dobbiamo riflettere bene su questa prima parte della risposta
di Gesù. I “comandamenti di Dio” a cui Gesù fa riferimento
quando il giovane gliene chiede una esemplificazione, non sono semplicemente
delle regole date per così dire “dal di fuori” senza alcun fondamento
“dentro” alla nostra persona, senza alcun aggancio con le “esigenze del
nostro cuore”. Mi voglio spiegare nel miglior modo possibile su questo
concetto di importanza fondamentale, partendo da un esempio.
Quando noi andiamo per strada, dobbiamo tenere la destra. È
una regola alla quale ci si deve attenere rigorosamente, altrimenti … sono
guai. Dunque, la regola o comandamento o legge è: quando vai per
strada, tieni sempre la destra. Quando noi abbiamo un rapporto, una relazione
con un bambino, dobbiamo nutrire nei suoi confronti un grande rispetto.
Già un poeta pagano latino scriveva “maxima debetur puero reverentia
(al bambino è dovuta una riverenza massima). Dunque, la regola o
comandamento o legge è: quando hai a che fare con un bambino, devi
avere un qrande rispetto. Proviamo ora a riflettere attentamente su queste
due regole o comandamenti. Esiste fra di loro una diversità grandissima,
essenziale e semplice nello stesso tempo: la prima regola potrebbe anche
essere diversa da quella che è; la seconda regola non potrebbe essere
diversa da quella che è. Mi spiego.
Purché lo si faccia tutti, invece che a destra si
potrebbe decidere di tenere la sinistra. In Inghilterra, la regola è
di tenere la sinistra e nessuno si scandalizza di questo: al di qua del
Canale della Manica c’è una regola, al di là c’è una
regola esattamente contraria. Proviamo ora a fare, seriamente, il seguente
discorso. Purché lo si faccia tutti, invece di trattare il bambino
con sommo rispetto si potrebbe decidere di trattarlo con disprezzo, come
“qualcosa” cioè e non come “qualcuno”. Chi di voi sarebbe disposto
ad accettare un tale ragionamento?
Sono sicuro: nessuno! Ma allora chiediamoci: come mai la prima
regola potrebbe essere diversa, mentre la seconda non lo può? Perché
la seconda esprime una esigenza che è insita nella nostra stessa
persona, che è scritta nel nostro stesso cuore, che emana dal nostro
stesso essere persone umane. Non è un atto di generosità
che tu compi nel confronto del bambino: il rispetto gli è dovuto,
in quanto egli semplicemente è una persona umana. Considerate allora,
carissimi ragazzi e ragazze, la bellezza, la semplicità, la profondità
della risposta di Gesù!
E’ come se dicesse: “la via che ti porta ad essere libero è
quella che ti è indicata da quelle esigenze che emanano dalla tua
dignità di persona; è quella che ti viene indicata dalla
luce della verità della tua persona. Ma certo! tu puoi anche liberamente
lasciare questa via. Alla fine però del cammino tu non troverai
la vita eterna, ma la distruzione di te stesso. Precisamente perché
non hai risposto alle richieste della tua umanità, alle domande
del tuo cuore; hai detto di no a te stesso: al vero «te stesso»”.
I diversi comandamenti sono come la rifrazione dell’unica esigenza
riguardante il bene, la dignità della tua ed altrui persona.
Ora possiamo capire che cosa è la coscienza morale e perché
essa è la custode invincibile della nostra libertà.
Essa è il testimone della tua dignità e la sua
difesa. E’ quella voce interiore che ti dice: “fai questo, perché
solo così tu agisci conformemente alla dignità della
tua persona” oppure “non fare questo, perché tu agisci contro la
dignità della tua persona”. E’ testimone: ti dice quello che la
tua dignità di persona ti chiede; è difesa: non solo ti dice,
ma ti comanda e ti proibisce, ti loda o ti rimprovera, ti assolve o ti
condanna. Possiamo allora dire: la coscienza è un atto della tua
ragione mediante il quale tu conosci che cosa è conforme o difforme
da quelle esigenze che sono scritte nel cuore.
Poiché essa è la guida della tua libertà,
essa deve vederci bene: non deve essere cecuziente. Sentite che cosa dice
Gesù: “La lucerna del corpo è l’occhio, se dunque il tuo
occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se
il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso.
Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà
la tua tenebra” (Mt 6,22-23). Allora è necessario che la nostra
coscienza sia formata, sia resa oggetto di continua conversione alla verità
della nostra persona. E’ il “cuore” rivolto alla verità la sorgente
della coscienza vera che vi assicura di essere liberi.
2. Ma il giovane sente che “gli manca qualcosa” per divenire veramente
libero: “che cosa mi manca?” chiede. Sentite che cosa scrive S. Agostino:
“La prima libertà consiste nell’essere esenti da crimini … come
sarebbero l’omicidio, l’adulterio, la fornicazione, il furto, la frode,
il sacrilegio e così via. Quando uno comincia a non avere questi
crimini … comincia a levare il capo verso la libertà, ma questo
non è che l’inizio della libertà, non la libertà perfetta…”
(Commento al Vangelo di Giovanni 41,10; NBA XX, pag. ). Quello che
abbiamo detto finora è solo la prima tappa nel nostro cammino verso
la libertà. Ma quel giovane sente di non aver ancora raggiunto la
meta: davanti alla persona di Gesù sente che ancora gli manca qualcosa.
E gli viene detto: “ti manca questo: vieni e seguimi”. Dunque la via che
ci conduce alla pienezza della libertà è la “sequela di Cristo.
E’ come se Gesù dicesse: “se vuoi essere perfettamente libero, segui
me; certamente, questo comporterà anche delle rinunce. Ma, stai
sicuro: perdi uno, per guadagnare cento”.
Il punto centrale è questo: che cosa vuol dire Gesù
quando dice al giovane: “segui me”? e perché seguendo Gesù
si diventa perfettamente liberi? cerchiamo ora di rispondere a queste due
domande.
3. Che cosa vuol dire “seguire Gesù”? Immediatamente, cioè
in quel momento in cui avveniva il dialogo fra Gesù e il giovane
voleva dire: “vieni a vivere con me, come già fanno Pietro, Giovanni,
Giacomo …; mi seguirai quindi dovunque io vada: vivremo insieme; ascolterai
il mio insegnamento e vedrai … quello che farò”. Ma tutto questo
significava qualcosa di più profondo; significava veramente qualcosa
che ti cambiava la vita, dal di dentro. Aiutiamoci con un esempio a capire
questo “qualcosa di più profondo”.
Che cosa succede a un ragazzo quando si innamora di una ragazza
o viceversa? Ha incontrato una persona! Egli non può più
vivere senza di lei: ella ormai fa parte della sua vita. E’ la consapevolezza
che con lei tu puoi dire nel cuore: come è bello vivere! La vita
fiorisce dentro ed allora la più grande libertà è
di fare piacere a lei; ti senti libero per fare piacere a lei! Cioè:
liberi di e per amare.
Una cosa analoga, ma ben più profonda, Gesù propone
al giovane: aderire alla sua Persona in modo tale che Egli è il
criterio vero ed ultimo di tutta la nostra vita quotidiana.
4. Perché questo ci fa diventare perfettamente liberi? siamo
giunti al punto finale della nostra riflessione. Vi prego di stare particolarmente
attenti.
Abbiamo detto poc’anzi: la via che ti porta ad essere libero
è quella che ti è indicata da quelle esigenze che emanano
dalla tua dignità di persona; è quella che ti viene indicata
dalla luce della verità della tua persona.
In Cristo tu trovi precisamente la risposta pienamente corrispondente
alle esigenze che emanano dalla tua dignità di persona: egli ti
svela interamente la verità della persona. Quando tu vedi questo,
tu senti questo, cioè ti rendi conto che fra Cristo e le esigenze
del tuo cuore c’è una perfetta corrispondenza, a quel punto se decidi
di essere di Cristo, di aderire a Cristo hai raggiunto la libertà
perfetta: sei arrivato alla meta. Se non decidi questo, te ne andrai, come
il giovane del Vangelo, pieno di tristezza nel cuore.
“Ogni cuore umano batte per il cuore di Cristo e trae vita dal
Suo cuore. Perciò ogni sentimento umano sente qualcosa di Lui; ogni
idea umana pensa qualcosa di Lui; ogni volontà umana vuole qualcosa
di Lui; ogni energia umana si protende in qualcosa verso di Lui; ogni speranza,
sogno, progetto, utopia umani anticipano qualcosa di Lui, della sua piena
manifestazione; ogni dolore umano, in qualche modo, invoca la salvezza
portata da Lui; ogni gioia umana prelude alla beatitudine dell’incontro
con Lui” (A. Sicari).
Quando tu vedi questo, allora se decidi di stare con Cristo hai la
pienezza della libertà, perché con Lui tu sei reso capace
di vivere in pienezza (“il centuplo”) ogni esperienza umana vera.
Certamente, anche in chi ha incontrato Cristo resteranno ancora
tante difficoltà nel vivere questa libertà del cuore. Ma
la nostra coscienza, ora illuminata dalla luce di Cristo , ti avvertirà
che stai ridiventando schiavo: essa rimane sempre la custode della tua
libertà in Cristo. E Cristo ti aspetta sempre, per restituirti in
pienezza la tua condizione di uomo libero (come abbiamo vissuto nell’esperienza
del novembre scorso). “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi;
state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù”
(Gal. 5,1).
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