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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


«Perché la castità?»
Relazione al Terzo Corso Intensivo per Insegnanti dei Metodi Naturali
Roma, 6 novembre 1993

Traduzione dall'originale inglese


La risposta a questa domanda è molto semplice: perché siamo persone umane. Questa semplice risposta spiega tutto ciò che svilupperò in questa sede: collegando la castità alla persona umana affermiamo che la castità è un’esigenza dell’umanità nell’uomo. Di conseguenza, due concetti richiedono una precisazione: “umanità dell’uomo” ed “esigenza”.

 

A. UMANITÀ DELL’UOMO
Qual è la definizione di “persona umana”?

Nella mia prima giovinezza (ai tempi dell’alleanza di Dio con Noè), potevamo permetterci il lusso di goderci alcuni hobby. Lo studio della musica, o “musicologia”, era uno di questi. Il nostro Maestro, che oggi è un musicista e compositore piuttosto affermato, ci ha introdotto per la prima volta nel mondo della polifonia classica, e ci ha insegnato a capire e ad avere gusto per la musica polifonica.

Per prima cosa ci ha dato alcuni consigli pratici. Prima di tutto, ci ha detto, bisogna ascoltare la polifonia, facendo il difficile sforzo di sentire una voce alla volta, come se le altre quattro, cinque, quindici o sedici voci – come in certe polifonie fiamminghe – non stessero cantando. E così via, una voce dopo l’altra.

Dopo il primo ascolto, era solito dirci di ascoltare tutte le voci insieme, ma polifonicamente. Ricordo questo consiglio. Lo tengo sempre presente, soprattutto quando devo rispondere a domande così serie come quella che ci siamo posti: “Qual è la definizione di persona umana”?

Ascoltiamo prima le VOCI SINGOLE della polifonia.
Analiticamente, vediamo quali parti o dimensioni costituiscono la persona umana. Non servono lunghe chiacchierate o lunghe riflessioni per rendersi conto che ciascuno di noi si esprime, e può esprimersi, in tre modi fondamentali, tre modi sostanzialmente diversi tra loro, come lo sono tre voci in una polifonia.
1. Ogni persona agisce corporalmente: ha un corpo.
2. Ogni persona agisce psichicamente (mentalmente): ha una psiche.
3. Ogni persona agisce spiritualmente: ha uno spirito.

Non occorre riflettere molto per capire che l’esperienza che ognuno di noi fa di sé è ben diversa quando compie una libera scelta (=un atto spirituale) con un atto spirituale, rispetto, ad esempio, all’attraversare la strada e improvvisamente rendersi conto che un’auto sta arrivando a tutta velocità. Nel secondo caso la reazione è immediata, cioè la fuga, l’attraversare di corsa la strada per non essere investiti.

La prima è l’esperienza di un’attività eminentemente spirituale: scegliere liberamente. La seconda è l’esperienza di una reazione, che è semplicemente psichica, psicologica: la presa di coscienza di un grave pericolo per la nostra vita e l’immediata reazione di autodifesa.

Non voglio sviluppare ulteriormente questo primo momento del nostro ascolto di “voci separate l’una dall’altra”: corpo, psiche, spirito.

In realtà, il vero problema di ogni definizione dell’uomo è conoscere, imparare come le tre dimensioni di una persona umana si uniscono, come diventano sinfoniche, come si uniscono nella persona umana. Ora dobbiamo concentrare la nostra attenzione su questo aspetto in particolare.

Prima di andare avanti, devo fare una breve parentesi, che è di una certa difficoltà teorica. Parleremo di uno dei concetti più profondi che la mente umana abbia mai cercato di comprendere: il concetto di unità.

Apro ora questa parentesi: nel mondo in cui viviamo sperimentiamo i diversi gradi di unità. Ci sono realtà che hanno un’unità minore di altre, ci sono realtà che hanno un’unità maggiore di altre. Ad esempio, l’unità che possiede un mucchio di pietre è certamente un’unità. Infatti queste pietre sono “insieme”, formano esattamente un mucchio di pietre. Questa unità di un ammasso di pietre è veramente diversa, essendo di un grado infinitamente superiore, dall’unità posseduta dalla Cupola di San Pietro. Anche la Cupola di San Pietro è formata da un ammasso di pietre tutte insieme unite. Tuttavia, ci rendiamo conto che l’unità della Cupola di San Pietro è infinitamente superiore all’unità semplicemente posseduta da un mucchio di pietre. Da questo esempio possiamo dedurre un’affermazione molto importante: vediamo che il concetto di unità si realizza in modi e gradi diversi. Ci sono cioè vari gradi di unità, e quindi diversi gradi di costituire le diverse parti, diversi gradi di rendere sinfoniche le diverse voci. Qui finisce la mia parentesi.

Tornando alla domanda che mi sono posto: come sono composte le tre parti che costituiscono la persona umana: corpo, psiche, spirito? Qual è il grado di unità che li tiene insieme uniti?

Rispondiamo a questa domanda dicendo che è un’unità integrale. Anche questo è un concetto fondamentale nella nostra riflessione. Quando ci troviamo di fronte a questo tipo di unità, che definiamo integrale? L’unità integrale è costituita dalle seguenti quattro qualità:

1. C’è una pluralità di parti. Nel nostro caso, tre: corpo, psiche e spirito.

2. C’è una subordinazione di una parte rispetto a un’altra, secondo un ordine di oggettiva differenza di valore. La parte oggettivamente meno importante è subordinata alla parte oggettivamente più importante.

3. La subordinazione della parte inferiore alla parte superiore mantiene la parte subordinata nel suo particolare essere. La parte subordinata non viene distrutta, a causa di questa subordinazione e come parte subordinata.

4. A causa della sua subordinazione, la parte subordinata non solo non viene distrutta in ciò che la caratterizza, ma viene elevata a un modo di agire, a una dignità che non potrebbe mai raggiungere se non per quella subordinazione.

Consideriamo ora come queste quattro caratteristiche dell’unità integrale, ovvero del modo in cui le varie parti sono composte nell’unità, possano essere applicate alla persona umana.

1. Pluralità delle parti: abbiamo già detto che la persona è una composizione, non è una semplice realtà; non è Dio; non è semplice sostanza. La persona è corpo, è psiche, è spirito.

2. Ognuna di queste parti è posta in relazione all’altra, secondo una gerarchia di subordinazione e, rispettivamente, una gerarchia di superordinazione. Il corpo è subordinato alla psiche; corpo e psiche – d’ora in avanti parleremo di “dimensione psico-fisica” per brevità – sono subordinati allo spirito.

Oggettivamente parlando, lo spirito è più della psiche, la psiche è più del corpo. Non voglio dimostrare questo aspetto, ma potremmo parlarne nella discussione.

3. Questa subordinazione non distrugge affatto le parti subordinate. Il corpo umano non cessa di essere un corpo perché è subordinato allo spirito. Lo “psichismo” umano non cessa di essere uno “psichismo’ perché è sempre subordinato, integrato con una realtà spirituale. Alcune reazioni psichiche sono le stesse negli uomini e negli animali. In una certa misura, l’etologia, che studia proprio questi aspetti, coinvolge anche il “capitolo” dell’etologia umana. Allo stesso tempo, biologi e genetisti conoscono molto bene la profonda identità – diciamo fino a un certo punto – tra il corpo umano e quello animale. Quindi, potete vedere che la parte subordinata mantiene il proprio essere.

4. La parte subordinata, per la sua subordinazione, è elevata ad una dignità che non avrebbe, al di fuori della sua subordinazione.

Ad esempio, spesso gli animali mangiano nello stesso contenitore, ma mangiare nello stesso contenitore non crea tra loro un livello di socialità superiore. Al contrario, spesso litigano, mentre persone umane che condividono un pasto alla stessa tavola mettono in atto una più profonda comunione interpersonale. Considerato in sé, il mangiare in sé dell’animale non è diverso dal mangiare dell’uomo in sé considerato. Il motivo per cui l’animale ha bisogno di mangiare è lo stesso motivo per cui l’uomo ha bisogno di mangiare. Ma questo atto, l’atto del mangiare, compiuto dall’animale in quanto corpo vivente e dall’uomo in quanto corpo vivente (poiché nell’uomo la parte di corpo vivo è subordinata a una realtà superiore), questo atto del mangiare è elevato a una dignità, ad un essere segno, che è molto più alta del mangiare stesso. Gli animali hanno paura che ciò che provano possa essere in qualche modo un pericolo per la loro vita.

Presentati davanti al tuo cane con un bastone tra le mani. Sicuramente non si avvicinerà a te, per farti i suoi complimenti. Se può, scappa, perché sente il pericolo. Ma gli animali possono solo avere paura di perdere la vita; la persona ha anche paura di perdere il motivo per cui vale la pena vivere. Gli animali non sono in grado di avere questa paura, in quanto il loro “psichismo” non è integrato, non è subordinato a qualcosa di più elevato di loro.

Ci siamo chiesti: come si uniscono le tre voci che compongono questa sinfonia umana — corpo, psiche, spirito?

Rispondiamo: si uniscono seguendo un’unità di integrazione, e abbiamo spiegato cosa intendiamo per “integrazione”.

Si pone ora una domanda: questa unità di integrazione è un dato o un dovere per la persona? Vale a dire, la persona è la persona un’unità integrale o diventa un’unità integrale?

L’importanza di questa domanda credo sia compresa da tutti, perché iniziamo a vedere che stiamo abbandonando la discussione su che cosa sia la persona e stiamo iniziando ad avvicinarci a una sorta di riflessione che coinvolge non solo la nostra intelligenza: vogliamo sapere chi è una persona, ma inizia anche a provocare la nostra libertà, la nostra responsabilità. In termini più tecnici, stiamo abbandonando un linguaggio più antropologico, avvicinandoci a una considerazione più etica. Quindi: è o diventa?

La risposta a questa domanda è la seguente: non “o” ma “e”. Cioè, la persona è un’unità e diventa un’unità integrale.

a) La Persona è un’unità

Parliamo qui di uno dei punti più difficili della nostra riflessione umana sulla persona. Che cosa intendiamo per “la persona è un’unità”? Intendiamo dire che prima di assumere su di sé la responsabilità della propria integrazione interna, la persona umana è già dotata di una sua unità. Egli/ella è già! La persona umana gode di questa unità — ripeto, per il semplice fatto di vivere (esistere) — prima di cominciare a sperimentare la sua libertà e anche prescindendo dall’esercizio della sua libertà. Tale unità si chiamerà unità sostanziale della persona umana.

Qual è il significato di “la persona umana è sostanzialmente una, è una sostanziale unità”? Prima di rispondere a questa domanda, voglio fare un esempio. Su questo foglio ho scritto uno schema dei pensieri che vi sto comunicando. Ovviamente l’ho scritto nella mia lingua madre, l’italiano, poi l’ho tradotto in inglese. Per scrivere in italiano devo conoscere la lingua — il significato dei termini, devo conoscere la grammatica italiana — le leggi che governano esattamente questa lingua, devo imparare la sintassi italiana.

Prendendo queste diverse e varie parole, e organizzandole secondo regole grammaticali e sintattiche ho potuto scrivere una pagina con un significato; almeno lo spero!

Un noto autore italiano, Alessandro Manzoni, ha fatto la stessa cosa che ho fatto io ieri sera quando ho preparato queste pagine. Ha scritto alcune pagine che compongono “I Promessi Sposi”. La stessa cosa: parole della lingua italiana nel loro significato esatto, poste secondo leggi grammaticali e sintattiche, per esprimere un concetto, una visione della persona della Provvidenza, della storia, di Dio... diciamo un’ispirazione con un sintetico termine.

C’è un’ispirazione, c’è stata un’ispirazione in Manzoni, così come in me, spero; cioè la percezione di una verità. Questa ispirazione si esprime in un linguaggio, secondo regole definite. La procedura è la stessa in entrambi i casi. Purtroppo per me, non per Manzoni, i due risultati sono stati ben diversi.

Anche se, alla fine di questo discorso, brucio queste pagine, l’umanità non perderà proprio nulla. Proviamo ad immaginare che l’opera “I Promessi Sposi” scompaia completamente dall’umanità. Immaginiamo che tutte le copie esistenti al mondo vengano bruciate per uno strano incidente, come se quell’opera da quel momento in poi non sia mai esistita prima. L’umanità, in quanto umanità, sarebbe più povera, perderebbe qualcosa che la arricchisce come umanità.

È possibile? Le stesse parole, le stesse leggi grammaticali, le stesse leggi della sintassi. Perché un tale risultato?

Quel risultato è diverso per un motivo molto semplice: l’ispirazione che ha originato “I Promessi Sposi” era molto diversa dall’ispirazione che ha generato queste pagine. Una pagina non è altro che il linguaggio che esprime quell’ispirazione, per cui non posso dire: conservo l’ispirazione de “I Promessi Sposi” per la storia dell’umanità, bruciando tutti “I Promessi Sposi”.

È ridicolo, perché l’ispirazione è incarnata in quel particolare libro. Qui in questa pagina, invece, l’ispirazione è ben diversa. Ho fatto questo lungo esempio per farvi capire, credo, questa formulazione tecnico-filosofica di san Tommaso, che abbiamo enunciato: la persona è un’unità sostanziale.

La persona è un’unità sostanziale; egli o ella non lo diventa: corpo, psiche, spirito. Ciò che è l’ispirazione ne “I Promessi Sposi” è lo spirito nella persona. Ciò che è l’espressione linguistica ne “I Promessi Sposi”, secondo regole ben determinate, è la sua dimensione psico-fisica nella persona.

Non possiamo separare una pagina scritta dall’ispirazione, senza distruggere l’ispirazione. Allo stesso tempo (il paragone qui non calza molto bene) se separiamo l’espressione linguistica umana, cioè la dimensione psico-fisica, dalla dimensione spirituale — lo spirito è e rimane immortale — non abbiamo più una persona umana.

Qui si vede come la fede conferma questo dato razionale, di cui stiamo parlando, è il dogma che conclude il nostro credo, la risurrezione della carne. Senza di esso, la persona non si salverebbe come persona, a meno che egli/ella — la persona — non esista in un corpo.

Cos’è allora l’ “unità sostanziale “? Si potrebbe esprimere così: l’uomo è una Persona, ad es. un soggetto, perché è uno Spirito. Allo Spirito dobbiamo il nostro essere persone. Il corpo è “persona”, in quanto assunto dallo Spirito. Questo è quello che diciamo con: la Persona è un’unità sostanziale. La Persona è fatta così.

Ci sarebbero alcune conseguenze molto, molto importanti da dedurre, limitiamo le nostre deduzioni a una. Siccome una pagina de “I Promessi Sposi” è uguale a questa pagina — nonostante le apparenze, ma in realtà è molto diversa — quindi sebbene da un certo punto di vista il corpo umano sia decisamente uguale a quello di un animale — direi no, e anche da una pianta – ma è essenzialmente diverso. Essenzialmente diverso: perché è un corpo assunto da uno spirito, cioè Corpo-Persona.

Questa è la dignità della persona umana.

 

b) La Persona diventa un’unità integrale

Ognuna delle parti che compongono la persona mantiene il proprio dinamismo, i propri meccanismi operativi, il corpo agisce come un corpo, così è per la psiche e lo spirito. Di qui l’esigenza di un processo di integrazione, di unificazione, di armonizzazione interiore, in vista del raggiungimento di quell’unità integrale, che ha la sua radice in ciò che è la persona, ma che deve essere assunta come compito per la libertà della persona, perché la persona porta in sé la sinfonia delle varie voci, l’armonia interiore.

Allora abbiamo spiegato: perché la castità?

Perché siamo persone umane, e “persona umana” significa questo.

 

B. LA CASTITÀ È UN’ESIGENZA DELL’UMANITÀ DELLA PERSONA UMANA

1. Il concetto di “esigenza”

Quale realtà si cela dietro questo termine? Che esperienza denota? Prendo due esempi molto semplici per spiegare questo concetto di “esigenza”.

Primo esempio: comprendiamo tutti facilmente la necessità del codice della strada, cioè della regolamentazione giuridica dei nostri spostamenti. Queste regole dicono se dobbiamo andare a destra o a sinistra, chi ha la precedenza e così via. Tali norme dipendono esclusivamente dalla volontà del legittimo legislatore nel loro contenuto. A riprova di ciò, molte di queste regole variano da paese a paese. In Inghilterra, forse lo sapete, dovete tenere la sinistra, che è esattamente l’opposto di quello che è in Italia.

Siamo di fronte a questa esperienza: da una parte la nostra libertà di movimento, dall’altra una legge una legge che in qualche modo limita la nostra libertà. I matematici direbbero: due grandezze inversamente proporzionali; tanto più ampia è la “dimensione della libertà”, tanto meno ampia è l’altra dimensione, quella della legge, delle norme. Un altro modo per esprimerlo è il seguente: più diritto, meno libertà.

Il secondo esempio: in nessun codice civile di questo mondo troverai scritto che una madre deve amare il proprio figlio. La mancanza di una tale legge è facile da spiegare: una tale legge sarebbe inutile. È inutile perché amare il frutto del proprio seno è un’esigenza inscritta in ogni cuore materno. Ma qui attenzione: la madre/donna è libera di amare o non amare il proprio figlio, ma il suo essere madre in sé la spinge, interiormente, a creare un rapporto di amore materno con questa persona speciale che è suo figlio. Vi prego di prestare particolare attenzione su questo punto. Riuscite a vedere la differenza essenziale tra questi due fatti?

Primo fatto: essere proprietario di un’auto non significa per me dover andare a destra, piuttosto che a sinistra; che devo guidare a una velocità maggiore piuttosto che a una minore.
Essere proprietario di un’auto mi lascia del tutto indifferente rispetto a queste due possibilità: andare a destra o a sinistra, veloce o lento. Proprio per questo c’è una legge esterna che dice: tutti devono andare a destra.

Secondo fatto: al contrario, essere madre non lascia questa donna, che è madre, indifferente alle due possibilità: amare o meno quella creatura che è suo figlio, il solo semplice fatto di essere madre esige questo atteggiamento d’amore. Questo aspetto è così evidente che nessuno si scandalizzerebbe se domani qualcuno dicesse: “Da oggi in poi dobbiamo stare a sinistra e non a destra”. Al contrario, quando vediamo che una donna tradisce questa esigenza fondamentale del suo essere madre, ci turba spiritualmente! Non diciamo forse: come è possibile che una madre si comporti così? Deve essere fuori di testa!

Di conseguenza, ci sono due tipi di esigenze:

- l’esigenza di compiere determinate scelte: andare a destra, e non a sinistra; un’esigenza che trova la sua motivazione, la sua spiegazione in qualcosa di non insito nell’agire: nel nostro caso, la legge dello Stato.

- l’esigenza che ha la sua radice nel nostro stesso Essere. C’è cioè un’esigenza che nasce, per così dire, interiormente in ognuno di noi, che ha la sua sorgente non dall’esterno, ma nel cuore vero della persona umana.

Spero di poter spiegare questi due aspetti: questo è molto importante anche dal punto di vista pedagogico. Apro una breve parentesi per sottolinearne l’importanza.

Quando a voi, nel vostro lavoro educativo, viene chiesto – sono sicuro che vi è stato chiesto così tante volte – “Perché la Chiesa proibisce i rapporti prematrimoniali?” Risponderete allora: “La Chiesa non vieta nulla. La Chiesa non c’entra». E ancora: «Perché la Chiesa impone la castità prematrimoniale?». Risponderete: «La Chiesa non impone niente».

È giusto dire: perché il Governo impone una legge che non superi i 110 km all’ora sul proprietario di un’auto costruita per andare veloce? Nel primo caso, l’impostazione stessa della domanda è errata, perché in quel momento la Chiesa risponde solo a quell’uomo: «Forse ancora non lo sai, forse non ne sei sicuro, (o solo ne so un po’) per aiutarti a conoscerlo, ti dirò che nel tuo cuore, dentro di te, nel tuo essere fidanzato o fidanzata, c’è scritta l’esigenza di essere casto”. Non accetterai nemmeno quei modi di dire che ho menzionato sopra: “La Chiesa non c’entra niente”.

Quando un insegnante insegna le quattro operazioni aritmetiche, non le inventa. Aiuta solo i bambini a poter compiere alcune operazioni intellettive con la sua intelligenza, così che possa cogliere alcune leggi matematiche. Qui è lo stesso: la Chiesa aiuta la persona a leggere ciò che è scritto nel suo cuore.
Questa scrittura nel cuore non è posta in essere dalla Chiesa.

 

Siamo ora al terzo punto, dopo aver considerato:

A. l’umanità della persona;

B. la castità come esigenza di umanità della persona.

Siamo ora in grado di rispondere alla domanda:

 

C. PERCHÈ LA CASTITÀ?

La castità costituisce l’integrazione della dimensione psico-fisica della sessualità umana nella dimensione spirituale della stessa sessualità umana, o nella dimensione propriamente personale della sessualità umana. La risposta, per la sua brevità, non poteva essere colta in tutta la sua estensione. Per questo ci fermiamo un attimo, per spiegarne il motivo: perché la castità?

Vorrei iniziare con un esempio, ancora una volta tratto dalla musica. Tutti coloro che hanno studiato un po’ il pianoforte sanno che chi inizia a studiare il pianoforte per la prima volta deve imparare il cosiddetto “tono” della mano e delle dita. Un vero pianista non usa un dito invece di un altro, per caso, quando esegue un brano. Infatti, negli spartiti musicali per dilettanti, solitamente sulle note vengono messi i numeri corrispondenti alle dita della mano. In questo modo lo studente viene guidato a suonare una particolare nota con un dito invece che con un altro (ad esempio dito 4 invece che dito 1). Questo significa un esercizio molto noioso, all’inizio, ma gli insegnanti di pianoforte non fanno eccezione sulla sua importanza. Perché? Perché ogni esecuzione musicale è prima di tutto un’esecuzione manuale: sono le mani che la eseguono. Quindi le mani devono essere estremamente docili all’impulso, alla lettura della partitura. Per questo motivo, per qualsiasi esecuzione musicale ci sono alcuni livelli:

Primo livello: la mano deve obbedire, deve essere obbediente, docile. Ma capite che questo primo livello ne richiede uno molto più profondo.

Secondo livello: questo livello è molto elementare, ed è ovvio. Non posso leggere una composizione per pianoforte se non sono in grado di leggere la musica. Devo essere in grado di farlo. Qui “leggere” significa “saper leggere” non solo in modo materiale, ma per comprendere dei brani. Suonare lentamente dove devi suonare “lentamente” e non dove devi suonare “assai presto”. Significa che il pianista-allievo deve imparare a fare un’interpretazione di lettura. Ma questo livello non è ancora sufficiente.

Terzo livello: questo è il più difficile. Se rimaniamo a questi due livelli, anche le esecuzioni musicali possono essere perfettamente fornite da una mano esperta; ammesso che l’ipotetico pianista sia in grado di leggere- interpretare uno spartito in modo perfetto, qualsiasi esecuzione musicale che presenti solo questi due livelli sarebbe un mero evento meccanico. Un terzo livello è necessario per avere una vera esecuzione musicale, perché mentre suona, l’esecutore deve riprodurre la stessa ispirazione artistica che ha creato quella pagina.

Dovrebbe rivivere la stessa esperienza.

Qui, a questo livello, abbiamo il criterio per selezionare i grandi esecutori e gli esecutori medi o peggiori di composizioni musicali. Il criterio è la capacità di rivivere, di identificarsi, di rivivere esattamente nello stesso modo l’esperienza vissuta dall’artista nel momento stesso in cui ha creato quella pagina. Prendete in considerazione questi tre livelli: docilità della mano alla lettura, interpretazione, docilità della lettura, interpretazione dell’ispirazione originaria. Potete andare all’inverso. Per chiarezza (per chiarezza didattica, per spiegare chiaramente), sono partito dalla parte inferiore. In realtà ogni buona esecuzione procede in modo inverso: è l’ispirazione che guida la lettura-interpretazione, che, a sua volta, è svolta dalla mano ben allenata del pianista.

Torniamo alla risposta data alla domanda: perché la castità?

a) la castità opera come evento analogo.C’è una dimensione biologica nella sessualità umana. Anche la sessualità umana è un evento essenzialmente biologico. C’è una dimensione psicologica della sessualità umana. Esiste uno psichismo sessuale, attraverso il quale la mascolinità è attratta dalla femminilità e viceversa, prima di ogni ragionamento: questo è lo psichismo.

C’è una dimensione spirituale. La castità nella persona umana è ciò che è la docilità della mano nell’esecuzione pianistica, poiché la castità rende la dimensione psicofisica docile alla dimensione spirituale, cioè la subordina.

b) Qual è la dimensione spirituale della sessualità umana?

Sappiamo abbastanza della dimensione biologica della sessualità umana, o almeno conosciamo il modo per saperne di più. In questo secolo, soprattutto, la nostra conoscenza della dimensione psicologica è molto più ampia e profonda.

La dimensione spirituale della sessualità umana: possiamo descrivere questa dimensione con una parola: amore. Questa è la dimensione spirituale: l’amore come capacità della persona umana di fare dono di sé. È un atto di donazione gratuito, gratuito, quindi. Sarebbe un controsenso parlare di regalo “in cambio”. È un dono gratuito, libero.

Cosa stiamo dando? Stiamo facendo un dono di noi stessi, della nostra persona. Ciò che è stato ispirazione nell’esempio che ho fatto – il livello più alto, più profondo – è qui la capacità di donarsi.

La castità è, allora, un’esigenza della persona umana, perché è ciò che rende possibile la capacità del dono di sé sessualmente espressa, come sessualmente si esprime questa capacità.

Come la docilità della mano e la capacità di leggere e interpretare uno spartito musicale è ciò che permette di ri-esprimere l’ispirazione artistica, così con la castità possiamo esprimere il dono di sé nella e attraverso la sessualità. Questa è la sessualità.

Fondamentalmente, all’interno dell’esperienza cristiana sappiamo che questa virtù può assumere due forme:

• castità coniugale

• castità verginale

Sia che la capacità del dono di sé sia ispirata dall’amore coniugale, sia che dall’amore verginale, l’amore coniugale ha una precisa natura e struttura, la coniugalità, l’amore verginale ha una natura e una struttura precise: la verginità consacrata.

 

D. LA CONDIZIONE STORICA ATTUALE IN CUI VIVE LA PERSONA

Nel discorso che abbiamo avuto finora, abbiamo parlato della “persona umana”, uomo-donna. In realtà, comunque, questo modo di dire è un’astrazione, perché nella vita di tutti i giorni esiste quest’uomo, questa donna.

Il nostro discorso va sostanzialmente continuato, pensando all’uomo da un punto di vista storico, cioè considerando la persona umana nella sua attuale condizione. Al contrario, non stiamo dicendo ciò che è falso, perché astrazione non significa falsificazione, ma corriamo il rischio, per la natura del processo astrattivo, di non considerare cose che sono della massima importanza, come in questo caso. La reale condizione storica in cui vive un uomo è l’aspetto veramente importante, che questo processo di astrazione che abbiamo seguito finora non ha preso in considerazione. Lo faremo ora, a breve.

Dobbiamo porci una domanda molto importante, non facilissima: che cosa intendiamo per “condizione storica”? Significa che viviamo nel 1993 e non nel 993, vale a dire mille anni fa? Significa che viviamo nella cosiddetta cultura moderna o postmoderna, e non nella cultura medievale? Quando la teologia parla di “condizione storica”, non intende questo. Per la teologia, per la fede della Chiesa, c’è una cronologia, una storia dunque, che è molto più importante della cronologia con cui dividiamo la storia in età antica, età medievale, età moderna, età postmoderna. La cronologia a cui ci riferiamo è la seguente:

Primo Periodo: L’uomo nella sua condizione originaria.

Secondo Periodo: L’uomo che perde i suoi diritti originari, e che non è ancora redento.

Terzo Periodo: L’uomo caduto ma redento da Cristo.

Quarto Periodo: L’uomo nella vita eterna.

Questa parte della mia riflessione punta a storicizzare quanto fin qui detto, la risposta data alla domanda: “perché la castità?” all’interno di queste tappe fondamentali della storia della persona umana.

 

I. L’uomo nella sua originaria condizione di giustizia

La Chiesa ci dice che in questa condizione l’uomo godeva del dono dell’integrità. Qui ricordiamo un concetto già espresso. Che cosa significa “dono di integrità”? L’uomo e la donna vivevano in se stessi una meravigliosa esperienza di pace interiore e di reciproca armonia. In quell’armonia e pace, si realizzavano le suddette quattro caratteristiche di integrità.

Apro una parentesi: San Tommaso dice che il piacere sessuale sarebbe stato infinitamente più intenso, se l’uomo non fosse caduto dal suo diritto originario. La conseguenza del peccato originale è anche l’abbassamento del piacere sessuale, secondo san Tommaso. Questo è vero se consideriamo tutto ciò che abbiamo detto finora: perché la subordinazione non distrugge la parte subordinata, ma la sua subordinazione la accresce.

Di conseguenza, quanto maggiore è la subordinazione, tanto più la parte subordinata risplende di incomparabile bellezza, trasparenza e dignità. Questa è una delle applicazioni specifiche di cui parla San Tommaso. Questa è la condizione originaria della giustizia.

 

II. La Caduta

In cosa consiste? Significa la perdita dell’integrità, cioè la disgregazione interiore. Dice infatti la Bibbia che dopo la caduta i due si vergognarono l’uno dell’altro. Questo era il “segnale” che, dentro di loro, era successo qualcosa di molto grave. Non potevano mostrarsi l’un l’altro, senza correre il rischio di essere visti dall’altro non più come persona meritevole di rispetto e amore, ma come possibile oggetto di fruizione. La persona lo sa, egli/ella si difende coprendosi.

Avete notato come, dopo la caduta, ognuno accusa l’altro? Il Signore viene come giudice: questo è un modo molto popolare, ma molto profondo, in cui si esprime questa verità. Adamo dà la colpa a Eva. Eva dà la colpa al diavolo. Ognuno accusa l’altro. L’integrità originale è stata disintegrata. Tutti portiamo dentro di noi il segno della nostra condizione di giustizia originaria e, più evidentemente, il segno della caduta originaria.

Il segno della nostra giustizia originaria: la nostalgia che ogni uomo e donna sperimentano in se stessi per la bellezza, la verità, la trasparenza, la purezza nelle loro relazioni. Al tempo stesso, è l’esperienza che ogni uomo e ogni donna provano ogni volta che non vengono trattati non come persone, ma come oggetti di fruizione; ogni volta che non vengono trattati come dovrebbero. L’esperienza della giustizia originaria ha lasciato in ognuno di noi un segno indelebile. La fede della Chiesa ci dice che il peccato non ha distrutto, non ha corrotto la bontà originaria nella nostra persona.

Il segno della nostra caduta: per questa incapacità che sentiamo, ci realizziamo secondo e in quella integrazione di cui ho parlato sopra.

 

III. La condizione del riscatto

L’atto redentore di Cristo è anche redenzione del corpo, non solo dello Spirito. San Paolo ripete più volte questo aspetto. “Anche” significa che l’atto redentore di Cristo permette all’uomo e alla donna di fare ancora dono di sé. Quell’atto li rende anche capaci di ricreare in se stessi quell’armonia, quell’unificazione, l’integrazione della dimensione psico-fisica della sessualità umana nella sessualità spirituale. Il sacramento del matrimonio e il carisma della verginità consacrata sono i grandi doni che esprimono la potenza dell’atto redentore di Cristo. Significano esattamente e realizzano la potenza dell’atto redentore di Cristo, come atto che redime anche la sessualità umana.