MEMORIA DELLA BEATA VERGINE MARIA
Pietra di Bismantova
22 agosto 2003
1. "Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth". Inizia così la narrazione dell’avvenimento in vista del quale tutta la creazione era stata pensata e voluta dal Padre: l’incarnazione del Verbo.
In questa pagina essa viene narrato dal punto di vista della Donna nel cui grembo il Verbo si è fatto carne: come è stato vissuto da Colei nella quale è accaduta. Pagina dunque piena di mistero dai significati senza limiti, ed in un certo senso autobiografica: l’autobiografia di Maria. Solo Lei poteva infatti sapere quanto è narrato in questa pagina. Amo pensare che lei stessa l’abbia raccontato a Giovanni in primo luogo, a Luca forse. È come se Maria stessa ci narrasse questa pagina. O Maria, rendici ascoltatori attenti; donaci un cuore puro perché possiamo "vedere cogli occhi del cuore" quanto tu ci narri.
Chi ha una qualche famigliarità colla S. Scrittura non fa fatica a sentire in questa pagina la eco dei racconti di vocazione che segnano il cammino del popolo di Dio: Abramo, Mosè, i grandi profeti Isaia e Geremia, e tanti altri. Ma qui notiamo subito un particolare: nell’inizio del dialogo Maria non è chiamata per nome. È chiamata "piena di grazia": "ma qui, mancando il nome, è come un nome proprio" [M. Zerwick, Analysis phisologica Novi Testamenti, Romae 1966, pag. 130]. Piena di grazia, cioè amata con amore assoluto e riempita di ogni dono e bellezza.
La vocazione-missione di questa donna ha le sue radici nell’eterna predestinazione divina: pensata, voluta fin dalla eternità precisamente per questo momento. Il Magistero della Chiesa usa un’espressione che dà le vertigini: Maria è stata "arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità con uno stesso [uno eodemque] decreto di predestinazione" [DS 3902]. La stessa decisione divina che il Verbo assumesse la nostra natura umana riguardò Maria come Colei mediante la quale la predestinazione di Cristo doveva realizzarsi: uno edemque decreto! Maria è la sua maternità; è la sua associazione a Cristo; è la sua missione. È "la piena di grazia". Maria è questo "decreto di predestinazione". È questo decreto il suo vero nome.
E qui entriamo nell’altro tema, nell’altra corrispondente dimensione di questa autobiografia mariana. Quell’unico e stesso decreto di predestinazione di cui parla la Chiesa, non è il blocco della libertà di Maria. Esso è la forma della sua vita, alla quale le è chiesto di consentire. Questa pagina è l’esaltazione della libertà creata ben contraria alla pseudo-esaltazione della medesima narrata nella Genesi, come bene hanno visto i Padri della Chiesa da Ireneo in poi. Questa pagina è la chiave di lettura di tutto l’enigma umano perché dice la verità intera sulla libertà di ogni uomo e di ogni donna.
Come annota S. Tommaso [1,2 prologus] è la libertà il sigillo della somiglianza che l’uomo, unico fra tutte le creature, ha con Dio. La libertà è l’impronta, la "firma" che il divino autore ha lasciato nella sua opera prediletta, e pertanto nell’incontro con Lui, col Mistero, il ruolo decisivo è svolto dalla libertà. Come? La risposta vera è questa pagina evangelica: Maria ha acconsentito semplicemente ad essere ciò che Dio aveva pensato e voluto che fosse. Ha totalmente riconosciuto la libertà di Dio nei suoi confronti; ha così costituito e realizzato il suo vero essere.
2. Quest’incontro fra la libertà di Dio e la libertà di Maria ha preso corpo nel concepimento del Verbo nella nostra natura umana: nella maternità virginale di Maria, che così ebbe il suo contesto umano degno.
Carissime sorelle, la connessione fra predestinazione di Maria, la sua libertà, e la sua maternità verginale è carica di senso.
La verginità è il simbolo reale della libertà di Maria che si esalta nell’umiltà della sua obbedienza; l’obbedienza è la "cifra" della libertà di Maria che si esprime visibilmente nella sua verginità: Paolo parlerà del "cuore indiviso" della vergine. Ma questa verginità è feconda: è maternità. È dono che fa essere. È pro-creazione: creazione di Dio nella fecondità di Maria. E questo perché la libertà è prodotta in noi dallo Spirito Santo, come Agostino e Tommaso hanno sempre insegnato. E lo Spirito Santo è la fecondità di Dio.
I Padri della Chiesa, soprattutto Ambrogio ed il Nisseno hanno messo in mostra il legame che esiste fra la verginità cristiana e Maria nella sua verginità feconda.
Specchiatevi dunque in questa pagina evangelica, voi amate dal Padre: per essere puro grembo di libertà che consente al suo disegno di realizzarsi.
Specchiatevi nell’umile quotidianità di Maria, voi chiamate ad essere colla e nella vostra persona il segno della possibilità estrema di ogni libertà creata: aprirsi all’infinità del desiderio, per poter accogliere l’infinita invadenza di un Amore che non ha limite.
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