Quarto anniversario della Consacrazione della Cattedrale
Rreshen, 11 novembre 2006
1. "Non un inviato né un angelo, ma egli stesso li ha salvati". Miei cari fratelli e sorelle, la parola profetica ci rivela un fatto inaudito: Dio stesso, Dio in persona, si prende cura dell’uomo Egli è mosso da "amore e compassione" e la sorte degli uomini non lo lascia indifferente.
Volendo descrivere il modo con cui Dio si prende cura dell’uomo, il profeta dice: "li ha sollevati e portati su di sé". Nel libro dell’Esodo era stato detto: "ho sollevato voi su ali di aquila e vi ho fatti venire fino a me" [Es 19,4]. L’opera di Dio per l’uomo consiste nell’elevazione di questi dalla sua condizione di miseria e di peccato, per introdurlo nella stessa vita divina. L’amore di Dio ridona all’uomo, ad ogni uomo, la sua dignità e la consapevolezza della sua grandezza. Se Dio stesso si prende cura dell’uomo, quale valore l’uomo deve avere agli occhi di Dio! Miei cari fratelli, il mondo può disprezzare un uomo; un prepotente può prevaricare su chi è più debole; uomini poveri possono essere umiliati ed oppressi. Ma la dignità di ogni uomo è costituita dalla cura che Dio si prende di lui: "li ha sollevati e portati su di sé". È nell’incontro col suo Signore che l’uomo riscopre la sua intangibile dignità.
Ma la parola del profeta nasconde un mistero ancora più profondo che solo la rivelazione cristiana svelerà in tutto il suo splendore "li ha … portati su di sé", dice il profeta. L’uomo è stato salvato perché Dio l’ha preso su di sé. Queste parole per noi cristiani hanno un significato ben preciso che i padri della Chiesa amavano esprimere nel modo seguente: Dio si è fatto uomo perché l’uomo divenisse dio.
Per sollevare l’uomo, Dio ha dovuto abbassarsi fino all’uomo; ha unito a sé la nostra natura umana. L’abbassamento di Dio è stato la nostra elevazione. "Siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo", ci ha detto l’apostolo Paolo. La nostra elevazione consiste nel fatto che siamo divenuti partecipi della stessa divina figurazione di Gesù. In Lui Figlio Unigenito del Padre anche noi siamo divenuti figli adottivi di Dio, e pertanto chiamati a vivere della sua stessa vita eterna.
La pagina evangelica sottolinea quanto sia profondo ed intimo il nostro rapporto col Signore. Egli dice a ciascuno di noi: "non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi".
Miei cari fratelli e sorelle, l’uomo è stato ammesso ai segreti di Dio; è stato introdotto nella conversazione che il Padre intrattiene col Figlio: "vi ho fatti venire fino a me".
2. Siamo oggi riuniti a celebrare i divini Misteri nel quarto anniversario della consacrazione di questa Cattedrale. Questo edificio è espressione visibile di realtà invisibili e grandi: nella Cattedrale si esprime e si riunisce la Chiesa locale attorno al suo Vescovo, attorno all’apostolo. Questo edificio materiale è il segno visibile di quell’edificio spirituale edificato da Dio stesso, che siete voi uniti nella stessa professione di fede, nella celebrazione dei santi sacramenti, nell’obbedienza allo stesso Vescovo.
Riascoltiamo quanto ci ha detto ora l’Apostolo: "la testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, che nessun dono di grazia più vi manca". Quali siano i "doni di grazia" ci è già stato indicato dal profeta. Questi doni di grazia non vi mancano, perché la testimonianza resa a Cristo dai vostri martiri e da chi vi ha annunciato il Vangelo "si è stabilita fra voi". Voi l’avete accolta ed è nata la Chiesa di cui questo tempio è il segno visibile.
Siamo qui oggi per "ringraziare il nostro Dio a motivo della grazia che vi è stata data in Cristo Gesù", la grazia di essere divenuti in Lui figli del Padre.
Ed allora vi affido alla sua parola di grazia perché siate forti e perseveranti nella via del Signore: "fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!"
|