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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Via Crucis lungo via dell’Osservanza
Venerdì Santo - 2 aprile 2010


1. La Via Crucis è la più potente metafora della condizione umana. Nelle varie persone che sono state coinvolte nella passione del Signore, ciascuno può trovare se stesso; può specchiarsi e vedere riflesso il suo volto.

In Pilato, che pur intimamente convinto che Gesù fosse innocente, lo condanna a morte, l’uomo del potere può rendersi conto come esso elevato a criterio ultimo, porti alla distruzione dell’uomo.

Nella Madre di Cristo, che sta vicino al Figlio nel suo momento più difficile, noi vediamo le tante donne che oggi, come lungo i secoli, solitamente nel nascondimento, sostengono il corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, nei momenti della sua passione.

Nel Cireneo, costretto a portare la croce, chi vive l’esperienza di una sofferenza, di una malattia come un destino oscuro ed incomprensibile, può vedere se stesso e comprendere che sta cooperando con Cristo al grande mistero della redenzione.

Nella Veronica, che asciuga il Volto santo, noi vediamo tutti coloro che in ogni sofferente vedono Cristo, che in ogni deturpazione della dignità umana vedono il volto sfigurato di Cristo: e lo puliscono.

2. La Via Crucis è la più potente metafora della vita umana per una ragione profonda. La passione di Cristo non è semplicemente il caso tragicamente ricorrente nella storia: il giusto è condannato. La passione di Cristo è la conseguenza di una decisione divina: che il Figlio unigenito del Padre condividesse la nostra condizione di miseria e di morte, per ricondurla al suo originario splendore. Se questa sera da una parte abbiamo visto tutta la potenza del male, dall’altra abbiamo potuto vedere che essa è stata già vinta dalla compassione di Dio per la nostra miseria ed il nostro peccato.

Quante volte siamo tentati di pensare: il male è invincibile; la vera, ultima potenza della storia è il male! Come, del resto, non essere tentati a pensarlo, quando veniamo a sapere il numero di persone che ogni giorno muoiono di fame, quante famiglie si disgregano con immane sofferenza di innocenti, quanta apparente forza di convinzione abbia la menzogna nei confronti della verità.

Esiste una forza contro la quale la potenza del male si infrange? C’è qualcosa di radicalmente più grande, più forte del peccato? Questa forza esiste, e l’abbiamo contemplata questa sera: è la compassione di Cristo, è la misericordia che Dio rivela in Cristo. Il limite alla potenza del male, anzi la vittoria del bene sul male è la sofferenza di Cristo sulla Croce. "Per le sue piaghe noi siamo stati guariti" [Is 53,5].

Cari fratelli e sorelle, se non partiamo da questo colle questa sera senza questa intima certezza, si è costretti o a pensare che bisogna venire a compromessi col male, essendo questo più forte di tutti e di tutto; o a pensare che questo mondo, questa società, questa creazione merita solo disprezzo.

Ed è attraverso la Chiesa che opera la compassione di Dio per la nostra meschinità. Non perché la Chiesa non conosce nei suoi figli il male, il peccato, la sporcizia e la deturpazione dell’umano. Ma perché dentro di essa semplicemente accade l’evento mirabile e misterioso del perdono. Ed in fondo la Chiesa ha solo questo da offrire all’uomo: il calore di un abbraccio, il fuoco di un bacio. Il calore ed il fuoco della compassione e del perdono di Dio: "per le sue piaghe siamo stati guariti".