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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


UFFICIO VIGILIARE IV DOMENICA DI AVVENTO (B)
Cattedrale, 17 dicembre 2005

1. Poniamoci questa sera, carissimi fedeli, alla scuola del Padre della Chiesa la cui lettura ha il compito di donarci una comprensione più profonda della pagina evangelica che sarà proclamata nella liturgia eucaristica di questa domenica: la narrazione della visita di Maria ad Elisabetta.

Vorrei attirare la vostra attenzione su un passaggio particolare della pagina di S. Ambrogio: "Se c’è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio". Il testo è assai importante sia perché ci fa scoprire una dimensione centrale del Mistero natalizio, sia perché ci aiuta a capire più chiaramente la nostra vita cristiana.

Come avete sentito, S. Ambrogio paragona ogni discepolo del Signore alla SS. Vergine Maria. Quale è il termine del confronto? Proprio la maternità di Maria: "se c’è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede invece Cristo è il frutto di tutti". Il Padre della Chiesa riecheggia un grande testo paolino sul quale ho scritto la mia seconda Nota pastorale. L’Apostolo rivolgendosi ai Galati dice: "figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo sia formato in voi" [Gal 4,19]. Dunque in ogni discepolo del Signore si va formando Cristo. Un altro grande Padre della Chiesa dice che colle nostre scelte libere ciascuno di noi è padre-madre di se stesso, genera se stesso. Ora possiamo capire il profondo insegnamento di S. Ambrogio. Ciascuno di noi è chiamato a formarsi in Cristo; a divenire sempre più come Cristo. In una parola: a generare in se stesso la stessa forma di Cristo. Questo è il cammino di tutta la nostra vita; o meglio la direzione che deve prendere, poiché la sua meta ed il suo fine ultimo è riprodurre in sé Cristo stesso.

Come è possibile questo? è forse il risultato solo del nostro sforzo? assolutamente no. Scopriamo il significato profondo del Natale: "quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna… perché ricevessimo l’adozione a figli" [Gal 4,4]. Il Verbo di Dio assume la nostra natura umana perché in Lui ciascuno di noi diventasse partecipe della natura divina: per divenire primogenito di molti fratelli, Lui che è l’Unigenito del Padre. Su questa terra, il Verbo incarnato, il figlio di Dio rappresenta, dalla sua nascita alla sua ascensione, l’immagine vera dell’uomo nuovo. Egli è perciò chiamato nuovo Adamo, sorgente della nuova umanità in ciascuno di coloro che credono in Lui. Il senso della nostra vita è partecipare alla novità che è Cristo; essere rigenerati in Lui. Come ci ha appena detto S. Ambrogio: "ogni anima riceve il Verbo di Dio" in sé, come Maria, e trasfigura se stesso a Sua immagine.

2. Come si realizza questo "programma" di vita inscritto in noi dal S. Battesimo? Come avviene la "gestazione di Cristo" in noi? Mi limito ad una sola riflessione, e concludo.

Pensate al rapporto che ci fu tra Maria e Gesù nel suo grembo: fu la relazione più personale che sia mai esistita fra una persona umana e Cristo. Carissimi fratelli e sorelle, la base e la sorgente della nostra vita in Cristo è la nostra relazione personale con Lui. La nostra fede infatti è sempre insidiata dal pericolo che Cristo resti per ciascuno di noi un "altro" che conosco, di cui parlo, da cui prendo occasione per parlare di pace, di solidarietà e così via.

Non è così! La fede in senso profondo mi pone in una relazione con Cristo persona vivente che riempie tutto il nostro essere e la nostra persona: non sono più un altro per Cristo e Cristo non è più un altro per me.