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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Veglia delle Palme con i Giovani
Basilica di San Petronio, 12 aprile 2014


I

Cari giovani, dovete prestare molta attenzione alla parabola che Gesù questa sera ci ha raccontato. Essa infatti raffigura i tre modi fondamentali, le tre attitudini fondamentali di impostare il rapporto con gli altri. Lo avete sentito: gente che spoglia il prossimo;gente che "passa oltre"; gente che ha compassione. Fermiamoci in questo primo momento a considerare le prime due categorie.

A) Alla prima appartiene chi agisce ingiustamente. Cari amici, che cosa significa agire ingiustamente? O non dare all’altro ciò che ha il diritto di avere da te; o depredare l’altro di ciò che gli appartiene.

Qualcuno potrebbe pensare: questi due comportamenti ingiusti non mi riguardano. Riguardano piuttosto gli adulti. Non è così, cari giovani. Vi aiuto a capire meglio.

Non dare all’altro ciò che ha il diritto di avere da te. Che cosa ha il diritto di avere? Il riconoscimento della sua dignità di persona. Cari giovani: è questa una cosa molto profonda. La persona – la tua persona; la persona di ogni altro – non è mai qualcosa di cui puoi fare uso. E’ qualcuno che devi venerare. Provate a fare un esame di coscienza. Sentite che cosa dice Gesù: "se uno va in collera contro suo fratello, sarà portato davanti al giudice. E chi dice a suo fratello: "sei un cretino" sarà portato di fronte al tribunale superiore. Chi gli dice: "traditore" può essere condannato al fuoco dell’inferno" [Mt 5, 22]. Riconoscere all’altro la sua dignità di persona: questo è il fondamentale atto di giustizia verso il prossimo.

Depredare l’altro di ciò che gli appartiene, è l’altra forma d’ingiustizia. "Gli portarono via tutto", dice il testo evangelico. Cari giovani, ancora una volta vi invito ad un profondo esame di coscienza.

Che cosa appartiene all’altro? Ve l’ho già detto. La sua umanità, il suo essere persona: non depredare l’altro della sua dignità di persona. Voglio farvi un esempio, partendo ancora da una parola di Gesù. "Se uno guarda una donna perché la vuole, nel suo cuore egli ha già commesso adulterio con lei" [Mt 5, 28]. Prestatemi bene attenzione.

Esiste un esercizio della vostra sessualità che è profondamente ingiusto, perché l’uno consente all’altro di fare uso del proprio corpo. Hai depredato - l’altro\a ha consentito ad essere depredato\a – l’altro\a della sua dignità di persona, perché l’hai degradato\a ad essere oggetto di cui fare uso.

Questa è la prima categoria di persone: gente che depreda e spoglia.

B) La seconda categoria sono le persone che "passano oltre"; che tirano dritto, anche se vedono l’altro, ferito ed abbandonato, umiliato ed oppresso. E’ la categoria delle persone indifferenti alla condizione degli altri. E’ questa un’attitudine terribile. E’ di coloro che dicono: "ciascuno per sé". E’ l’attitudine di chi spezza il legame più profondo che ci unisce gli uni agli altri: la nostra partecipazione alla stessa umanità. E’ l’attitudine di chi dimentica la regola aurea dei rapporti fra le persone: tutto ciò che gli altri devono a te perché tu sei persona, tu lo devi ad ogni altro che è persona come te.

Avete sentito qual è la domanda che lo scriba fa a Gesù? "e chi è il mio prossimo?". E’ tragica questa domanda, perché nasce già dalla convinzione che fra le persone umane si debbano fare divisioni o distinzioni [in base alla religione professata, alla razza, alla cultura…], in forza delle quali distinzioni alcune persone non meritano di essere considerate "mio prossimo". E’ come se lo scriba dicesse: "poiché non basta essere persone umane per essere degne di considerazione [ecco la convinzione sbagliata!], tu, Gesù, quali caratteristiche richiedi perché si possa dire che questa persona appartiene al "mio prossimo" o non appartiene?".

Ecco, cari giovani, chi parte da questa convinzione entra nella categoria delle persone che "passano oltre", che non guardano, che fanno finta di non sapere, che tirano dritto: la categoria degli indifferenti. Non è necessario essere – persona + qualcosa d’altro, perché un uomo sia il mio prossimo. Basta essere persona; basta appartenere alla stessa co-munità, cioè essere comune umanità.

II

"Gente che si ferma, e si prende cura". E’ necessario che facciamo bene attenzione ad ogni parola del testo evangelico. Che cosa spinge il samaritano a fermarsi, a non "passare oltre"? "Ne ebbe compassione" [Il testo originale greco è molto più forte: si commosse nelle sue viscere]. Il samaritano vedendo l’uomo depredato e ferito, si libera dalle varie opinioni sull’uomo [è un ebreo o un samaritano come me?], ed accede alla conoscenza vera della persona umana. Gli è stato possibile perché "si è commosso". In quell’uomo depredato ha visto ferita la sua umanità. Nasce fra i due una vera "prossimità", nella quale ha scoperto la verità più profonda di sé stesso. Cari giovani, siete capaci di commuovervi per l’uomo? Per le sue ferite; per le sue umiliazioni ed oppressioni? Siete veramente, profondamente convinti che là dove una persona umana è ferita, è depredata, anche la vostra umanità è ferita e depredata? Questo significa "commuoversi" di fronte all’uomo.

"Gli si fece vicino". La vicinanza all’uomo ferito e depredato è la prima espressione della commozione di fronte all’uomo. La parola "prossimo" è il superlativo, nella lingua latina, della parola "prope" che significa "vicino". Prossimo dunque significa "vicinissimo". Cari giovani, quando vedete una persona ferita e depredata, siete capaci di farvi vicini? Vicino ad un ammalato; a due amici sposati che vi confidano il fallimento del loro matrimonio. In una parola: a chi ha bisogno.

La sofferenza disturba. Vedere una persona umana per i più vari motivi umiliata ed oppressa introduce in un mondo difficile da abitare. Fatevi vicino.

"Si prese cura di lui". E questo è il vertice della prossimità: prendersi cura. La cura dell’uomo è gravemente assente dalla nostra cultura di oggi. La nostra città si è forse seriamente interrogata sull’immigrato che pochi giorni fa si è impiccato per disperazione? Si è continuato a discutere d’altro, nonostante esemplari testimonianze di prossimità.

Prendersi cura dell’uomo. Si sta cercando di imporre ai bambini una teoria dell’uomo la quale distrugge le relazioni fondamentali che strutturano la loro umanità: la relazione col padre e la relazione colla madre, sessualmente diversificate.

Cari giovani, educatevi a prendervi cura dell’uomo, del povero. Siate vicini agli anziani, spesso condannati ad amare solitudini, andando a visitarli; a chi è ammalato; ad ogni persona che si trova nel bisogno. Avete sentito che cosa ci ha detto or ora il S. Padre sulla presenza dei poveri nella nostra vita.

Non voglio terminare senza dirvi una cosa molto commovente. Quando i Padri della Chiesa commentavano questa parabola del Vangelo, dicevano che essa era una grande immagine di Gesù e della sua opera redentiva.

E’ Gesù che "ebbe compassione" di ciascuno di noi: che si commosse nelle profondità del suo essere divino. E’ Gesù che "si fece vicino" all’uomo. Come si fece vicino, Lui che è Dio, irraggiungibile nella sua trascendenza? Non considerando un tesoro da custodire gelosamente la sua gloria divina, ma spogliando se stesso e divenendo partecipe della nostra natura e condizione umana. E "si prese cura" di ciascuno di noi; si occupa di ciascuno di noi. Gesù non "passa mai oltre" senza interessarsi di te. E questa sera ti dice: "fai anche tu come faccio io. Io ti darò la forza per farlo".

Cari giovani, vi chiedo di uscire da questa basilica, ripetendo a voi stessi, ciascuno a sé: "non voglio appartenere alla gente che spoglia; non voglio appartenere alla gente che passa oltre; voglio appartenere alla gente che si ferma, si fa vicino, e si prende cura". Tre parole vi affido: commuoversi; avvicinarsi; prendersi cura/commozione-vicinanza-cura.