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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Prima Veglia di Avvento
Cattedrale di S. Pietro, 2 dicembre 2006


1. Iniziamo un nuovo Anno liturgico. L’Anno liturgico è il modo cristiano di vivere nel tempo, dentro allo scorrere dei nostri giorni. Esiste infatti anche un modo non cristiano, sul quale ora non voglio intrattenervi.

Come vive il cristiano dentro al[lo scorrere del] tempo? Colla consapevolezza che il suo giorno è abitato da una Presenza; e che lo scorrere degli anni è verso la pienezza di questa Presenza stessa. È un’esperienza che ogni uomo vive, quella dello scorrere inesorabile, inarrestabile del tempo. Anche il cristiano, ma l’Anno liturgico ci educa a vivere questa esperienza come un cammino verso una meta; un cammino durante il quale questa meta si avvicina sempre più, poiché si fa sempre più presente.

Quale è la meta? L’apostolo Giovanni la descrive nel modo seguente: "quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente … carissimi, noi fin da ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è" [1Gv 3,1-2]. La meta verso cui siamo incamminati è la nostra perfetta assimilazione a Dio e la visione del suo Volto. Lo scopo ultimo a cui è indirizzato lo scorrere dei nostri giorni è la visione beatificante della Gloria di Dio, che sarà tutto in tutti.

Questo incontro avviene già ora nell’oscurità della fede dal momento che il nostro inserimento in Cristo – grazia la chiama il vocabolario cristiano – è già l’inizio della vita eterna [quaedam inchoatio vitae aeternae, dice S. Tommaso]. I nostri giorni sono già pieni della nostra eternità; la vita eterna dimora già dentro alla vita temporale. È questo, miei cari, il grande mistero dell’Anno liturgico; anzi l’Anno liturgico è questo grande Mistero. È la vera redenzione del tempo.

2. Gesù nella sua morte e risurrezione diventa come il sole che illumina e vivifica ogni persona; come il "centro di gravità" che attrae tutto in sé e a sé [cfr. Gv 12,32]. "La sua risurrezione è stata … come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé" [Benedetto XVI, Discorso di Verona].

S. Paolo ci insegna che quando Dio ha inviato il suo Unigenito, il tempo si è compiuto. Perché gli anni hanno continuato ancora a scorrere, se il tempo era compiuto? Perché sia data a ciascuno di noi, a tutta l’umanità di essere trasformati da Cristo: di essere rigenerati da Lui nella nostra umanità; di essere immersi in Lui pienamente. E Cristo compie in noi la sua opera nell’Anno liturgico attraverso la celebrazione che la Chiesa fa dei suoi misteri nella Liturgia. Egli è presente ed opera in ciascuno di noi.

Per questo la Chiesa celebrando i Misteri di Cristo, parla sempre di un "oggi": hodie Christus natus est, hodie coelesti sponso juncta est Ecclesia, hodie completi sunt dies Pentecostes, haec est dies quam fecit Dominus.

Perché la Chiesa vuole che viviamo le prime settimane dell’Anno liturgico in attesa della venuta del Signore, ri-vivendo l’attesa profetica di Israele? È una sorta di "finta rappresentazione" per educarci moralmente? Non è così.

È perché Cristo non ha ancora trasformato in Sé interamente ciascuno di noi; perché il mondo non è ancora liberato completamente dalla corruzione; perché nessuno di noi può ancora dire in piena verità:"vivo io non più io: Cristo vive in me". Egli deve ancora "venire" e ci chiede di lasciarci possedere da Lui espropriandoci di noi stessi, perché solo così saremo noi stessi. L’Avvento è la presa di coscienza che la nostra vita è un passaggio: dalla lettera allo spirito, dalla legge alla libertà, dalla morte alla vita, dalla terra al cielo. Che la nostra vita è un’attesa: che diventiamo liberi sotto lo Spirito, viventi in Cristo, cittadini del cielo.

È Maria che ci aiuta, assieme a Giovanni Battista, a vivere così. Lei è il passaggio nel suo fiat dalla legge alla libertà, dall’immagine alla verità, dall’ombra alla realtà, poiché è dal suo grembo che la nostra natura è stata assunta dal Verbo.