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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


VEGLIA DI PENTECOSTE
Parrocchia di Santo Spirito
18 maggio 2002

Testi biblici:
Gal 5,13-16.22-29
Gv 16,5-19

La parola di Gesù e la parola dell’Apostolo ci illuminano intimamente a riguardo dell’azione che lo Spirito Santo compie nel cuore dei credenti, perché siano veri testimoni di Cristo nella società di oggi: "sale della terra e luce del mondo".

1. Lo Spirito Santo e il mondo

"E quando sarà venuto, Egli convincerà il mondo". E’ questa l’azione che lo Spirito Santo compie nel cuore e nella mente dei fedeli. Riaprire il processo che il mondo ritiene avere definitivamente chiuso; che il mondo ritiene essere ormai "passato in giudicato" a riguardo di Gesù. E la sentenza che il mondo ritiene inappellabile è sempre uguale nel suo contenuto, anche se variabile nelle sue formulazioni, dalla sentenza di Pilato alla sentenza pronunciata dalla società odierna: Gesù il Cristo è un folle, perché dice di essere la Verità, e quindi l’unica via della salvezza; Gesù Cristo è un empio, perché pur dicendosi Figlio di Dio si lascia crocifiggere. Egli poteva allora, può essere ora assolto: rinunci alla sua identità.

Lo Spirito Santo viene donato ai credenti perché li convinca intimamente che quella sentenza, quella condanna è sbagliata. Nel cuore dei credenti riapre continuamente il processo che la società in cui vivono fa a Cristo, perché Questi sia da loro conosciuto nella pienezza della sua verità ed identità. E’ lo Spirito Santo che fa dire all’uomo, ci insegna S. Paolo, che "Gesù è il Signore" [cfr. 1Cor 12,3].

Nel cuore del credente si incrociano pertanto due processi: quello che il mondo intenta a Cristo, cercando di convincere i discepoli ad accettare il verdetto dato, senza insistere troppo sulla verità centrale della fede; quello che lo Spirito Santo intenta al mondo, convincendo i discepoli che il peccato è dalla parte del mondo, che la giustizia è dalla parte di Gesù, che il vero reo condannato è Satana.

Chi è cristiano: chi ama cristianamente sua moglie/suo marito; chi è appassionato all’educazione cristiana dei suoi bambini; chi guarda cristianamente alla realtà: la televisione o la facciata della nostra Cattedrale, il cielo stellato o il suo collega di lavoro, la salute o la malattia; questi si trova dentro, posto sempre nell’incrocio di questi due processi.

Carissimi fratelli e sorelle, come potete capire questa Veglia è tutt’altro che una spirituale emozione passeggera che produce in noi un certo benessere psicologico. In essa la parola di Gesù ci fa prendere coscienza della condizione drammatica del discepolo nella società di oggi.

In primo luogo dunque lo Spirito Santo convincerà "quanto al peccato" perché non hanno creduto in Cristo. E’ solo lo Spirito che può mostrarci le profondità del mistero dell’iniquità perché è solo Lui che scruta le profondità del mistero di Dio. Egli mostra all’uomo che questo è Mistero che si mostra ricco di grazia e misericordia; che dimostra la sua grazia e la sua misericordia inviando l’Unigenito a condividere la nostra natura e condizione umana. Il peccato per eccellenza è non credere a niente di tutta questa storia divino-umana: è in sostanza il rifiuto della Verità e della Bontà del Dio tre volte santo. Un rifiuto che fin dall’inizio della storia umana nasce dal sospetto, inoculato da Satana, che Dio sia invidioso dell’uomo [cfr. Gen 3,4-5], e non il Bene che desidera solo diffondersi e parteciparsi.

Il peccato alla sua origine è questo rifiuto di commisurarsi sulla manifestazione della grazia e della misericordia: chi non si lascia lavare i piedi da Cristo non ha parte con Lui nella vita eterna [cfr. Gv 13,8-9]. Lo Spirito Santo opera nel cuore dell’uomo e nella storia la vera linea di demarcazione fra la regione dei viventi e la regione dei mortali. La linea è la fede in Cristo, "poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo" [Rom 10,9].

Convincendo il discepolo del Signore "quanto al peccato" del mondo, lo Spirito Santo gli rivela intimamente la giustizia di Cristo, poiché Questi è "andato al Padre": è entrato colla sua umanità nella pienezza della gloria divina. E’ l’esperienza vissuta emblematicamente da S.Paolo: "E Dio che disse: rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" [2Cor 4,6]. L’opera che lo Spirito Santo vuole compiere in noi questa sera è di "far risplendere la conoscenza della gloria divina" quale si irradia nell’umanità di Cristo.

Ma dietro a tutto questo che la parola di Gesù ci ha fatto scoprire questa sera, ci sta un avvenimento ben più grande di noi: lo Spirito Santo ci convince che è già stata pronunciata la sentenza di condanna del Satana. Dopo che la sentenza di condanna viene emessa ogni giorno nei confronti di Cristo, il mondo considera la "causa di Cristo" definitivamente chiusa. Satana, il grande ispiratore di tutti gli attori del processo, ha vinto solo in apparenza. Egli è stato condannato, e per sempre. Certo, egli ha perduto la sua invincibilità, ma gli è stata lasciata la sua capacità di insidiare anche gli eletti. E’ per questo che lo Spirito Santo è anche il Consolatore: colui che ci dona la forza e la pazienza.

2. La libertà dei cristiani

La lettura dell’Apostolo ci mostra quale è la condizione del discepolo convinto dallo Spirito Santo del peccato del mondo, illuminato dalla conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Cristo, sicuro che Satana ha perso la sua invincibilità. L’Apostolo connota questa condizione colla parola libertà. La vocazione cristiana è nella sua intima natura vocazione alla comunione con Dio [cfr. 1Ts 2,12; 1Cor 1,9], ma la condizione della sua attuazione è la libertà.

L’Apostolo ci introduce subito nel "paradosso" della libertà cristiana: è una libertà che si realizza nella reciproca schiavitù. Il paradosso è però più apparente che reale, a causa di due precisazioni essenziali: "mediante la carità", la prima; "gli uni degli altri", la seconda.

La prima precisazione vuole sottolineare il fatto che tutto quanto viene fatto "mediante la carità", è fatto gioiosamente e senza nessuna costrizione. "Aggiungiamo che senza l’amore, il servire sarebbe una schiavitù, senza il servire, l’amore non sarebbe effettivo. Dunque è necessaria l’unione dell’amore e del servizio" [Lettera ai Galati, introd., trad. e comm. di A.Vanhoye, Paoline ed. Milano 2000, pag. 134].

La seconda precisazione sottolinea poi il fatto che il servizio è reciproco: non ci sono nell’esercizio della libertà cristiana, padroni e servi. Tutti siamo servi gli uni degli altri, perché uno solo è il Signore di tutti.

Questa definizione di libertà genera "una trasformazione radicale dei rapporti fra le persone, basata sul dinamismo di amore che viene da Dio, ossia sulla carità, intesa nel suo senso pieno" [ibid.].

Carissimi fratelli e sorelle, esiste una unità assai profonda fra la pagina del Vangelo e la pagina dell’Apostolo.

E’ lo Spirito Santo che convince il credente del peccato che il mondo ha commesso non credendo in Cristo, in quanto fa risplendere nel cuore del discepolo medesimo la conoscenza della gloria divina che rifulge nel volto di Cristo. Quale è, di che natura è questa gloria divina? Un testo liturgico dice: "nella passione redentrice tu… doni all’uomo il vero senso della tua gloria" [Prefazio I della Passione]. Il vero senso della Gloria di Dio è manifestato dal dono che Cristo fa di Se stesso sulla Croce, adempiendo il suo servizio redentivo. Ciò che è accaduto sulla Croce ci rivela che cosa significa "Gloria di Dio": significa grazia e misericordia, amore che si dona. Lo Spirito Santo ci convince che questa è la vera vita e ce ne rende partecipi mediante la fede e i sacramenti. La libertà – carità non è un impegno solo umano, ma è una vita divina alla quale l’uomo corrisponde nella fede, liberato dal "peccato del mondo". Rivelandogli "il vero senso della Gloria" di Dio, lo Spirito rivela all’uomo il vero senso della sua grandezza convincendolo che la persona umana "non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé" [Cost. past. Gaudium et spes 24,3; EV 1/1395].

Carissimi fratelli e sorelle, questa sera la parola di Dio ci dona l’unica risposta vera al bisogno più profondo della nostra società, e l’unica soluzione ad una delle sue sfide più drammatiche: la crescente dissoluzione dei legami sociali, veicolata da una configurazione della società sul modello del mercato e fondata su una concezione individualista dell’uomo. E’ la sfida più grave che sia stata lanciata alla fede e alla carità cristiana. Le nostre società "entreranno in seria crisi se non riusciranno a porre rimedio al senso di estraneità e di anomia delle persone, a porre un limite alle loro tendenze aggressive a competere su tutto, dissolvendo ulteriormente le legature sociali" [V.Possenti, Religione e vita civile, Armando ed., Roma 2002, pag. 103].

Che cosa costituisce veramente l’unità di una comunità umana e che cosa la dissolve ultimamente? La risposta di Agostino è ben nota: l’amore di Dio fino al disprezzo di sé e l’amore di sé fino al disprezzo di Dio. Ora "l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" [Rom 5,5].