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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


RINGRAZIAMENTO FINE ANNO - TE DEUM
Basilica di S. Petronio, 31 dicembre 2006


1."Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa… ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca ma che tutti abbiano modo di pentirsi".

Miei cari amici, queste sono parole di consolazione dette ad una generazione delusa da un’attesa ritenuta mancata. Era la prima generazione cristiana che attendeva come imminente la venuta gloriosa del Signore, evento che avrebbe dato compimento definitivo ai bisogni più veri dell’uomo. Sono dunque parole dette ad una generazione di delusi.

Non è difficile provare come una sorta di identificazione nello spirito fra noi oggi e quella generazione di allora. La nostra epoca non è anche caratterizzata spiritualmente dal definitivo tramonto di ideologie ed utopie che si esibivano come risposta adeguata dei desideri più profondi dell’uomo? Il disincanto che sembra costituire la temperie dei nostri affanni quotidiani, non ha finito per togliere senso e corpo ad una parola che sta tragicamente scomparendo dal cuore degli uomini: la speranza? Sono domande che la Parola appena udita suscita nel nostro cuore, soprattutto questa sera, alla fine di un altro anno. È infatti una sera che più di altre ci dà la consapevolezza dello scorrere del tempo, e ci insidia col pensiero che l’adempimento di tante promesse sia stato troppo ritardato.

È vero però che anche oggi si va imponendo una nuova ideologia, il tentativo di dare una spiegazione radicale di tutta la realtà naturale ed umana, secondo la quale il passare del tempo non va caricato del significato di un’attesa e della speranza di un compimento. Tutta la realtà infatti, naturale ed umana, sarebbe governata dal caso e/o dalla necessità: mero risultato casuale della evoluzione e quindi essa stessa – la realtà – irrazionale. E così convivono contraddittoriamente nella nostra coscienza e la riduzione dell’uomo a mero risultato dell’evoluzione naturale casuale e l’esaltazione esasperata della libertà del singolo, incamminandoci in un vero e proprio vicolo cieco.

Ma la parola di Dio appena ascoltata questa sera vuole suscitare o tenere desta nel nostro cuore l’attesa. Essa lo fa in primo luogo donandoci una profonda interpretazione dello scorrere degli anni. Dice: "Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa… ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano a pentirsi". Dentro allo scorrere del tempo si sta compiendo un disegno di misericordia tesa alla salvezza di ogni persona umana. Nessuna deve perire, poiché ciascuna è di incommensurabile preziosità. La "cifra" della realtà non è il caso, ma la misericordia di Dio "che usa pazienza … non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano a pentirsi". Il tempo è il tempo della pazienza di Dio.

Miei cari amici, non possiamo in un tempo come il nostro lasciarci andare allo smarrimento di fronte ad una storia che sembra sempre più dominata dall’irrazionalità o da una razionalità troppo ristretta. Non smarrimento, ma responsabilità per divenire cooperatori della "pazienza di Dio" e dare il proprio contributo per la salvezza dell’uomo, per la difesa della sua dignità ovunque sia vilipesa.

2. "Il giorno del Signore verrà come un ladro… E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova nei quali avrà stabile dimora la giustizia".

Il passare degli anni ha comunque una direzione ed un orientamento. La sua meta è "il giorno del Signore", il giorno del suo giudizio. La potenza rinnovatrice di quel giorno è descritta con metafore di rara efficacia: "allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto è in essa sarà distrutta". Nella professione della nostra fede noi diciamo: "E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine". La convinzione di fede ci sostiene nel vivere il trascorrere degli anni "nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio".

Ma è ancora possibile oggi credere in un tale evento, in una finale risoluzione della storia? In realtà questa è la risposta sommamente ragionevole a domande ineliminabili dal nostro cuore, a desideri che non si possono censurare senza rinunciare a parte di noi stessi.

Chi di noi non resta scandalizzato di fronte all’ingiustizia e alle prevaricazioni subite quotidianamente da chi è più debole? Chi di noi non resta sconvolto di fronte al dolore degli innocenti, al paziente soffrire dei poveri? Non desideriamo forse tutti che l’eccesso di ingiustizia presente nella storia alla fine si dissolva, e che trovi in essa "stabile dimora la giustizia"?

"Questa affermazione del diritto, questo congiungimento di tanti frammenti di storia che sembrano privi di senso, così da integrarli in un tutto in cui dominino la verità e l’amore: è questo che s’intende col concetto di Giudizio del mondo" [Benedetto XVI, Chi crede non è mai solo, ed. Cantagalli, Siena 2006, pag. 48].

La nostra responsabilità quindi, il nostro impegno quotidiano acquista un senso assai grande: la pazienza di Dio giudica il mondo attraverso di esso. "Nella santità della condotta e nella pietà, noi – anno dopo anno – affrettiamo la venuta del giorno del Signore".

Miei cari amici, secondo una bella tradizione abbiamo inserito il nostro Te Deum di ringraziamento nei Vespri in onore della Madre di Dio. La nostra città la venera nella cara immagine della B.V. di San Luca come "suo presidio e sua gloria": ci accompagni nel nuovo anno. Procediamo in pace – nel nome di Cristo. Amen.