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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


LA PORTA APERTA DELLA MISSIONE [Ap 3,7-13]
Ritiro mensile dei sacerdoti
27 marzo 2003

La sesta lettera, inviata alla Chiesa di Filadelfia, contiene solo lodi ed approvazione. Essa ci è oggi donata, ci è donata durante il nostro camino quaresimale, per infonderci fiducia, per rafforzarci nella fedeltà, per farci coraggio.

1. Nella presentazione che il Cristo fa di se stesso Egli si qualifica in tre modi: è il santo; è il verace; è Colui "che ha le chiavi di Davide…". Sono altrettante porte attraverso le quali possiamo entrare nel suo mistero.

(a) E’ il santo. Nome divino per eccellenza, il Signore in questo attributo racchiude tutta la realtà ed il mistero della sua persona. E noi in Lui siamo chiamati alla santità: a partecipare alla sua santità.

(b) E’ il verace: Colui che possiede la stessa fedeltà di Dio; Colui nel quale la fedeltà di Dio si svela completamente. "Il Figlio di Dio, Gesù Cristo … non fu "sì" e "no", ma in Lui c’è stato il "sì". E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute "sì". Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria" [2Cor 1,19-20]. Cristo è il Verace, perché in Lui noi possiamo incontrare un sì continuo e totale, senza ambiguità o contraddizioni: un sì che esclude completamente il no. È il sì del Padre che nell’Unigenito ha mantenuto tutte le sue promesse fatte ad "Abramo ed alla sua discendenza per sempre". La conseguenza è che anche l’uomo può diventare "verace": può dire il suo sì che è lode della grazia donataci dal Padre in Cristo.

(c) Cristo ha le chiavi di Davide. È ben noto a tutti che le chiavi sono metafora di potere, e che quindi il possesso delle chiavi denota un potere. Del potere di Cristo viene indicata l’onnipotenza tale che nessuno può opporgli un contropotere: "quando egli apre, nessuno chiude; e quando chiude nessuno apre". Ma di quale potere si tratta? Le chiavi sono quelle di Davide. Sono le chiavi del regno messianico. La potenza di Cristo riguarda l’ammissione al suo regno di salvezza. Egli è Colui che introduce nel Regno di Dio.

E così, come potete vedere, i tre attributi cristologici muovono il pensiero verso lo stesso centro: è in Cristo che il Padre compie la sue promesse, perché è mediante Lui che l’uomo accede alla salvezza, alla santità.

2. Posiamo ora il nostro sguardo sulla Chiesa (di Filadelfia). Ad essa si dicono due grandi cose: la prima nei vv. 8-9; la seconda nel v. 10.

La prima. Davanti alla Chiesa sta una "porta aperta": questa piccola comunità ha in sé un grande dinamismo missionario. È infatti il Signore che "apre ai pagani la porta della fede" [At 14,27]. Anche a S. Paolo il Signore ha fatto lo stesso dono: "mi si è aperta una porta grande e propizia anche se gli avversari sono molti" [1Cor 16,9]. Infatti "giunto a Troade per annunciare il Vangelo di Cristo, sebbene la porta mi fosse aperta, non ebbi pace" [2Cor 2,12]. Ed ancora: "pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della predicazione e possiamo annunziare il mistero di Cristo …: che possa davvero manifestarlo parlandone come devo" [Col 4,2-3]. Anche ai fedeli di Filadelfia, Cristo ha aperto davanti una porta.

Meditiamo profondamente questa parola. La "porta" è il passaggio attraverso cui chi è fuori può entrare nella casa del Mistero, nella casa di Dio che è la Chiesa. È – dice la Scrittura – la porta della fede; è la porta della predicazione. I due genitivi episegetici si corrispondono: la predicazione è la porta di ingresso perché annunciando il mistero di Cristo come si deve, chi ascolta è stimolato dalla grazia a credere e così entra nella comunione con Cristo.

Carissimi confratelli, qui tocchiamo una delle dimensioni al contempo più umana e più divina del nostro ministero. Vorrei essere capace di esprimerla adeguatamente: ci provo, muovendomi alla luce di S. Paolo.

Nella predicazione apostolica è Dio stesso che dice la sua parola: "avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l’avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete" [1Tess 2,13]. Si pone in evidenza il contrasto fra "la parola che pronunciano gli uomini" e "la parola che Dio pronuncia". Dio opera la salvezza nei credenti mediante la predicazione del Vangelo; egli continua a rivolgere il suo appello all’uomo mediante il Vangelo. En passant: non si pensi, quando in questi testi paolini, si parla di "Vangelo", di "parola di Dio" ad un libro scritto. Esso verrà dopo! Si parla della predicazione. L’evangelo annunciato dall’apostolo è la parola che Cristo stesso pronuncia e mediante la quale "la porta è aperta" davanti all’uomo. "La parola di Dio è nascosta nella parola umana e può apparire quindi come semplice parola umana … Questa parola in sé non è affatto parola umana, ma come parola di Dio è penetrata negli uomini perché Dio stesso l’ha immessa nella parola umana" [H. Schlier, Linee fondamentali di una teologia paolina, ed. Queriniana, Brescia 1989, pag. 176].

Pensiamo quale mistero grande è la nostra predicazione, mediante la quale Cristo "apre la porta" davanti all’uomo.

Ma il testo biblico dice qualcosa di inaspettato: "poiché tu hai poche forze". La debolezza non ostacola l’apertura della porta, anzi è la ragione per cui la porta è aperta. Non possiamo non sentire subito la sintonia col testo paolino: 2Cor 12,9-10. Le "poche forze" non è una condizione che impedisce alla potenza di Cristo di agire: alle sue chiavi di aprire e di chiudere. Non è necessario che le forze diventino molte perché Cristo possa compiere la sua opera di salvezza. Il segno della presenza operante di Cristo non è costituito dal possesso di molte forze (fisiche, economiche, organizzative…), perché l’esperienza di quella presenza è possibile normalmente dentro alla propria debolezza. Da che cosa allora è assicurata questa presenza? "hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome". E’ la fedeltà al Signore, alle promesse a Lui fatte ciò che ci è richiesto dal Verace.

Per la consolazione sua e nostra viene detta a questa Chiesa una seconda parola: "ti preserverò nell’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. Verrò presto". È un’ "ora della tentazione" assai grave [i capitoli seguenti dell’Ap. la descriveranno]. Tentazione è spazio lasciato al Satana ed ai suoi angeli di indurre i credenti ad abbandonare la loro fede; tentazione è quello "spirito oggettivo" del male che sembra opprimere i giusti. Ma nei piani di Dio, è un "mettere alla prova": purificare i cuori e rendere più salda la nostra affezione a Cristo. Ancora una volta ci viene chiesto la fedele perseveranza nel custodire quanto ci è stato donato. È questo un invito, come vedete, che ricorre in continuità.

3. Ascoltiamo ora le promesse che ci vengono fatte. La prima: "lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, e non ne uscirà più". È una promessa misteriosa e profonda.

La colonna è sostegno dell’edificio; la colonna è irremovibile, pena il crollo dell’edificio stesso. Il discepolo del Signore, chi conserva ciò che ha avuto in dono, l’apostolo mediane cui Cristo "apre la porta" diventa il sostegno della comunità cristiana. "Conferma i tuoi fratelli", ha detto Gesù a Pietro in modo unico, certamente. Ma anche ciascuno di noi, se osserviamo la parola del Signore, sarà fatto "una colonna nel tempio" di Dio.

Ma c’è anche un altro aspetto nella promessa: "non ne uscirà più". C’è come una sorta di appartenenza indissolubile a Cristo: un essere "nel tempio del mio Dio" per sempre. E la Chiesa intera gode di queste colonne!

La seconda promessa è la seguente: "e scriverò su di Lui in nome del Dio mio…". Il santo discepolo del Signore riverbera la gloria del Padre, ed in lui la bellezza della Chiesa rifulge in tutto il suo splendore, perché nel santo suo discepolo Cristo ha mostrato la forza rinnovatrice della sua grazia.

Conclusione

Carissimi confratelli, è questa una lettera che ci deve donare una grande consolazione spirituale, come vi ho detto. Cristo ci assicura che è Lui a possedere le chiavi del regno e se siamo fedeli, egli aprirà davanti a noi la porta della fede e della predicazione.

Stretti a Lui, anche nell’ora della tentazione che si abbatte su tutti gli abitanti della terra, saremo da Lui preservati. "Animati perciò da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo, e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a Lui insieme con voi" [2Cor 4,13-14].