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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


IL RISCHIO EDUCATIVO
23 novembre 1995

Consentitemi di iniziare con un breve racconto. Viveva un uomo talmente distratto che quando al mattino si alzava, non ricordava più dove aveva posto i suoi vestiti. La cosa lo preoccupava talmente che alla sera non avrebbe mai voluto andare al letto. Finalmente una sera ebbe un’idea geniale: annotava su un foglio dove metteva ogni indumento che svestiva. E così la mattina seguente si sveglia, prende il foglio e legge: “la maglia ... la camicia...” trovando subito ogni indumento. Sennonché, finito l’inventario, restò senza parola: sì, disse, ma io dove sono? Sapeva dove erano i suoi vestiti, ma non sapeva più dove era lui stesso.
  Ogni volta che rifletto sul fatto educativo giungo alla conclusione che ogni rapporto educativo non tende ad insegnare alla persona “dove trovare i suoi abiti”: fuori metafora, come comportarsi; tende a far trovare se stesso. Si può forse “perdere se stessi”? Sì, Gesù lo ha detto: “che vale per l’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?”. Dunque, l’uomo può trovarsi in una condizione tale per cui, pur possedendo tutto (“il mondo intero”), ha però perduto se stesso: non possiede se stesso.
 S. Agostino nel libro decimo della sua opera sulla SS. Trinità ha descritto mirabilmente questo processo di perdita di se stesso. Non è l’ora, questa, di ripercorrere l’analisi agostiniana. Mi limito ad alcune osservazioni che siano come la conclusione di questo nostro incontro.
-  L’uomo perde se stesso, quando perde la memoria (cfr. quanto è detto a pag. 169). La persona nasce in un dato originario, con tutta un insieme di valori e di significati. Ecco perché la famiglia resta il primo soggetto educativo.
- L’uomo perde se stesso, quando perde la libertà, poiché è libertà, nell’esercizio della libertà, che l’uomo possiede se stesso. Solo quando esercito la mia libertà posso dire in senso interamente vero “io”. L’educazione è educazione alla libertà.
- L’uomo perde se stesso, quando perde la stima di sé, la consapevolezza della propria dignità. In quel momento è esposto ad ogni violenza (si ricordi la favola del contadino in città). ma come si costruisce la coscienza della propria dignità? Nella coscienza di essere il termine di un Amore infinito. In questa certezza si ha la consapevolezza della propria insostituibile unicità.