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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Relazione "La persona umana: che cosa è, chi è, quale valore ha"
a conclusione del ciclo di incontri con i giovani del Vicariato Bo Sud Est sul tema: "Che valore diamo oggi alla vita umana?"
Parrocchia S. Giovanni Bosco
22 febbraio 2005


È una riflessione un po’ particolare quella che questa sera intendo condurre con voi. Con essa vorrei aiutarvi ad accendere dentro di voi una luce, un atto di intelligenza mediante cui vedere e capire il valore unico di ogni persona umana. Sottolineo; di ogni persona umana. Indipendentemente dalla sua età, dal sesso, dalle sue capacità; insomma, indipendentemente da tutto.

Se dentro di voi avviene questo atto di intelligenza; se voi vedete questo valore unico, avete fatto in un certo senso la scoperta più grande della vostra vita.

Vi prego di seguirmi con grande attenzione perché è un cammino che parte dal … facile, meglio da ciò che è più immediato per giungere a vedere le cose con molta profondità. E qualcuno ad un certo momento potrebbe pensare: "troppo faticoso questo cammino; mi basta la strada fatta; qui mi fermo!" A questi io direi: "come mi dispiace! Che "paesaggio" ti perdi, che gioia ti precludi!".

1. Iniziamo il nostro cammino da tre esperienze che io vi descriverò e che vi chiedo in un qualche modo di rivivere dentro di voi.

Prima esperienza. Domattina all’inizio dei turni di servizio dell’ATC di Bologna un autista non si presenta al lavoro perché influenzato. Che cosa fa il capoturno? Lo sostituisce con un altro, perché comunque il servizio deve essere assicurato. Fermate bene la vostra attenzione su questa parola: sostituzione. Perché è possibile? Perché la persona è considerata dall’azienda in quanto svolge un lavoro, in funzione di una prestazione. L’importante non è che sia Pietro a svolgerla e non Paolo: l’uno può sostituire l’altro.

Un ragazzo ama una ragazza e ne è ricambiato. Decidono di andare assieme a fare una vacanza. Si danno appuntamento e la ragazza non si presenta. Il ragazzo aspetta e poi visto che non arriva, che cosa fa? La sostituisce con un’altra? La sostituzione qui non accade: non può accadere. Nel rapporto di amore, la persona è considerata, è vista-voluta in se stessa e per se stessa, non in vista di qualcosa d’altro, nella sua unicità irripetibile.

Fermate bene la vostra attenzione su questa parole: "in se stessa – per se stessa". Si oppongono alla parola: sostituzione. Denotano due modi contrari di vedere la persona.

C’è anche un’altra parola: "unicità irripetibile", ma su questa ci fermeremo più avanti.

Seconda esperienza. Due sposi diventano genitori: hanno desiderato tanto avere un/a bambino/a. Anche la fabbrica di prodotti per neonati desidera che nascono bambini. Per la stessa ragione? Non direi. La fabbrica desidera che nascono bambini a causa dell’utilità che essi apportano all’azienda: desiderano i bambini perché sono utili. I genitori desiderano che nasca il figlio perché la paternità-maternità è una cosa stupenda. Il dirigente dell’azienda dice: "come è utile che nascano i bambini!"; il genitore dice: "come è bello che tu sia nato!".

Vedete che ci sono due modi profondamente diversi si volere una persona e di affermarne il valore. Esiste un modo utilitaristico che afferma il valore strumentale della persona: "tu vali perché servi, sei utile a …"; esiste un modo disinteressato che afferma il valore assoluto della persona: "tu vali non perché servi a qualcosa, non servi a niente: sei un fine, non un mezzo: hai un valore assoluto".

Terza esperienza. Se uno vi chiedesse: "1000 è un numero grande o piccolo?", vi sarebbe difficile, anzi impossibile rispondere a questa domanda. Non si può misurare la grandezza di un numero se non in rapporto ad altri numeri. In rapporto ad 1 è grande: è ben diverso avere 1 euro e averne 1000; in rapporto a un 1.000.000 è piccolo: 1000 euro in confronto ad 1.000.000 non sono gran che!

Anni orsono ho conosciuto una signora che desiderava da anni avere un bambino. Rimase finalmente incinta. Ma al terzo mese di gravidanza perse il bambino. Andai a trovarla in clinica e la trovai che piangeva. Un medico curante, colle migliori intenzioni, le aveva detto per consolarla: "di che cosa si preoccupa, guardi che lei di bambini ne potrà avere fin che ne vuole". Mi disse: "è lui che io non avrò mai più!".

Fate molta attenzione: se una realtà è parte di una serie; se è quindi numerabile, la quantità è di decisiva importanza. Se uno possiede 1000 euro e li gioca perdendone 10, non è gran cosa; se ne perde 900, la cosa è ben diversa. Se una madre ha quattro figli e ne perde uno, vale il discorso: "cos’è poi uno, te ne restano ancora tre"?

Quando il buon pastore conta le sue cento pecore e si accorge che ne manca una, non dice: "una su cento non è un gran che; me ne restano novantanove". Egli va a cercare quell’una finché non la trova.

Siamo giunti ad una conclusione mirabile: le persone non fanno numero, non sono numerabili; esse non fanno parte di una serie; ciascuna è unica e quindi non ripetibile. È una realtà irripetibilmente unica. Il suo valore non aumenta o diminuisce "in rapporto a…": essa vale in se stessa e per se stessa.

Fermiamoci ora per un momento per raccogliere assieme i risultati finora raggiunti. Attraverso alcune esperienze desunte dalla nostra vita quotidiana, siamo divenuti consapevoli che ogni persona vale in se stessa e per se stessa [e non solo per la funzione che può svolgere]: che ogni persona è un fine che ha valore assoluto [e non solo un mezzo che vale per l’utilità che può offrire]; che ogni persona è irripetibilmente unica [e che non può essere sostituita]. Provate a pensare, a verificare – per vostro conto, sarebbe lungo farlo assieme ora – se in tutta la realtà in cui vivete esistono altre "cose" di cui si possa dire ciò che abbiamo visto si dice della persona. Sono sicuro che la vostra verifica avrebbe esito negativo: niente è come la persona. Allora capite quanto scrisse il grande Tommaso d’Aquino: "la persona è ciò che esiste di più perfetto nella realtà". Non si può essere più che persona.

Sorge dunque una domanda: ma "come è fatta" la persona per essere dotata di un tale valore? Rispondiamo ora a questa domanda.

2. Che cosa è la persona? Ora il cammino diventa un po’ più difficile. Vi prego di prestare molta attenzione.

Partiamo ancora una volta dalla nostra esperienza. Voi sapete quanto siano lunghi i processi sia penali sia civili. Un cittadino viene condannato per un reato commesso anche diversi anni prima. Lasciamo ora in disparte tutte le considerazioni che potremmo fare sulla lentezza della giustizia. Ci interessa un altro fatto.

Nessuno ha mai contestato la legittimità di una pena irrogata dopo anni dal reato compiuto col seguente ragionamento: "tutto cambia e si trasforma anche a livello biologico, e quindi questo cittadino che ora avete di fronte non è più il cittadino di dieci anni fa".

Non pensate a un discorso di tipo morale. Noi abbiamo la certezza che possono cambiare le nostre condizioni di ogni genere, le nostre disposizioni morali, ma c’è "qualcosa" che permane indistruttibile. È questo "qualcosa" che mi fa dire: "quarant’anni orsono io che vi sto parlando ora, sono diventato sacerdote". È questo "qualcosa" che denoto quando dico "io". Io che sto parlando a voi, sono lo stesso io di trenta, quarantanni fa. Tutto cambia, ma in ciascuno di noi c’è l’esperienza che gli fa dire: "ma io rimango sempre lo stesso io". La nostra vita non si riduce ad essere la somma di tante esperienze che si aggiungono le une alle altre. Noi in ciascuna di esse abbiamo la certezza del proprio io che vive ciascuna di queste esperienze. La nostra biografia è una vera e propria storia perché è vissuta nella consapevole certezza del proprio "io" che permane. Anzi c’è l’esperienza, vissuta soprattutto da chi non è più giovane, che proprio nel permanere di questa identità, in questo essere me stesso, io non invecchio mai. Io non sono invecchiato.

Alla domanda "che cosa è la persona" possiamo ora dare la prima parte della nostra risposta: è una realtà che permane in se stessa; che non inerisce a qualcosa d’altro, come il colore ad una parete, ma è in se stessa. È un soggetto, non un predicato che si dice di qualcosa d’altro.

Ma cosa vuol dire veramente: la persona è qualcosa che è in se stessa? E siamo al momento centrale della nostra risposta, momento che presenta una certa difficoltà ed esige quindi una grande attenzione da parte vostra.

Voi sapete che l’acqua è la composizione chimica di due elementi. Ogni quantità di acqua esiste finche esiste questa composizione. Se mediante l’elettrolisi scomponessi l’idrogeno dall’ossigeno, l’acqua cessa di esserci. Non è così di quella realtà che indico quando dico "io": esso non è la composizione di più parti. Non esiste nella composizione delle parti che lo com-pongono: esiste per se stesso, e non per le parti che lo compongono. Una realtà non com-posta, ma semplice è una realtà spirituale.

Abbiamo così la seconda parte della nostra risposta: la persona è una realtà che permane in se stessa e per se stessa perché è di natura spirituale. Più semplicemente: la persona è un soggetto che sussiste in una natura spirituale.

Ma a questo punto voi potreste chiedermi: e il mio corpo non entra per niente nella costituzione della mia persona? È questa una domanda assai importante. Vorrei però rispondere brevemente e il più semplicemente possibile.

Partiamo ancora dalla nostra esperienza. Ciascuno di noi compie azioni che sono sicuramente del suo corpo: ciascuno di noi mangia, per esempio. Ma ciascuno di noi compie azioni che sono sicuramente spirituali: ciascuno di noi compie scelte libere, per esempio.

Orbene nessuno di noi ha la consapevolezza che chi compie le azioni del primo tipo sia un "io" diverso dall’"io" che compie le azioni del secondo tipo. Chi mangia il pane eucaristico è lo stesso io che desidera unirsi a Cristo.

Concludiamo: la persona è anche il suo corpo; e non semplicemente ha un corpo.

Ora possiamo dare una risposta completa alla nostra domanda. Che cosa è la persona? la persona è un soggetto che sussiste in una natura spirituale e materiale. La persona è questa unità di corpo e spirito, nel senso di originariamente concreto, realmente irripetibile.

Bisognerebbe ora analizzare tutte le dimensioni di questa realtà che è la persona. Non abbiamo la possibilità di farlo ora. Mi limito ad una riflessione di importanza capitale.

Richiamate bene alla memoria le prime due esperienze del numero precedente: la persona non è riducibile alle sue funzioni; la persona non esiste solo nella misura della sua utilità. Che cosa significa questa irriducibilità? Che l’essere persona precede ed è più che il suo operare. L’essere precede l’operare. Pertanto uno è persona anche quando non è in grado di operare come persona, perché gravemente lesionato psichicamente o fisicamente oppure perché … è andato a dormire oppure perché il suo sviluppo non lo ha ancora messo in grado di agire come persona.

Tuttavia, e notatelo bene, mentre si dà una gradazione nell’operare non si dà gradazione nell’essere. Uno non può essere più persona di un’altra, mentre uno può agire come persona più di un’altra: pensate alla distinzione fra minorenni e maggiorenni. Di conseguenza, i diritti della persona che sono inviscerati nell’essere non ammettono gradi: uno non ha un diritto alla vita più di un altro; la stessa persona quando è bambino non ha diritto alla vita meno di un altro. Gli altri diritti che riguardano invece l’agire delle persone ammettono gradi. Uno può avere il diritto di disporre della sua proprietà più o meno a seconda dell’età, per esempio.

Teniamo dunque bene in mente ciò che dicevamo: la persona umana è un soggetto che sussiste in una natura spirituale e materiale.

E siamo così arrivati all’ultima domanda: chi è persona umana?

3. Chi è persona umana? La risposta a questa domanda ora non dovrebbe essere difficile: ogni individuo appartenente alla natura umana. Ogni volta che tu ti trovi di fronte ad un soggetto in possesso della natura umana, tu sei di fronte ad una persona. E cioè ad una realtà che vale in se stessa e per se stessa; che possiede un valore di fine e non di mezzo, un valore assoluto; che è irripetibilmente unica. Insomma: non esiste individuo umano che non sia persona.

La cosa risulta chiara, spero. Tuttavia oggi questa coincidenza – individuo = persona – è stata negata in base a ragioni insostenibili, e questa negazione ha generato molta confusione. Allora procediamo con ordine, prima facendo alcune considerazioni generali e poi entrando in una problematica speciale: quella che ci ha immediatamente riuniti questa sera.

Ammettere che non ogni individuo umano è persona equivale a dire che la persona ha qualcosa, possiede delle proprietà che l’individuo non possiede. Pertanto: individuo + queste proprietà = persona; individuo – queste proprietà ≠ persona.

Ci troviamo di fronte ad un dilemma. O questa proprietà sono potenzialmente presenti nell’individuo umano oppure non sono presenti potenzialmente. Se è vera la prima ipotesi, allora l’individuo ha una natura tale da essere "in nuce" portatore di quelle proprietà che a determinate condizioni compariranno. Orbene essere persona non comporta il possesso attuale di quelle proprietà, ma semplicemente possedere una natura con la capacità di essere soggetto di quelle proprietà.

Se al contrario si afferma che quelle proprietà non sono potenzialmente presenti nell’individuo, si deve dire che essere-persona esige il possesso attuale di quelle proprietà medesime. Logicamente allora si deve anche dire che se questo possesso attuale cessa, non si è più persona. Ma credo che ben pochi sarebbero disposti ad accettare una simile conclusione: non sarei più persona in anestesia totale? Non è più persona chi a causa di un danno irreversibile del cervello perde l’uso delle facoltà superiori?

Le operazioni intellettuali o psichiche sono qualcosa che ad un certo grado di sviluppo dell’individuo umano fluiscono dalla sua natura razionale, ma non rappresentano qualcosa di determinante nel senso che la loro assenza [le operazioni, si noti bene!] significhi l’assenza della natura umana. Questa può essere già posseduta e non ancora in grado di agire, per i più svariati motivi fra cui – è il caso dell’embrione – la carenza di un’adeguata suddivisione funzionale.

Il passaggio da un potenzialità alla realizzazione della medesima non muta la natura di un essere, ma al contrario la realizza. Esistono solo persone reali che sono sempre in grado di perfezionarsi attraverso l’esercizio delle loro facoltà.

E siamo arrivati al tema se l’embrione sia persona, se ogni embrione sia persona umana.

L’individualità umana dell’embrione, che cioè l’embrione sia un individuo della specie umana sostanzialmente è un fatto scientificamente ammesso. L’individualità dell’embrione è chiaramente manifestata dalla sua attività immanente, autonoma, autoprogrammata, teleologica. Fin dal momento del suo concepimento, lo zigote comincia a comportarsi come un essere vivente, indipendente, in possesso di un patrimonio genetico proprio ed appartenente alla specie umana, e che si sviluppa in modo omogeneo e continuo. L’embrione è un reale individuo umano, non un potenziale individuo umano.

Poiché, come abbiamo visto, non è pensabile un individuo umano che non sia persona, l’embrione umano è persona fin dal momento del suo concepimento. Con tutte le conseguenze che già conosciamo circa il valore che ha ogni persona umana.

Termino richiamando la vostra attenzione su un punto, presente spesso nella discussione attuale.

Di dice "l’individualità umana dell’embrione è un dato della biologia", mentre "la personalità dell’embrione è un dato filosofico". E questo è vero. Tuttavia non devo dimenticare neppure un istante che sto parlando sempre dello stesso identico e concreto uomo e che parlare di un "uomo dal punto di vista biologico" o "… filosofico" è un parlare per astrazioni concettuali. Non devo quindi cadere nell’equivoco di pensare che questi sono "punti di vista" diversi, perché denotano realtà diverse. Se dico che l’affermazione secondo la quale l’embrione è persona, è un’affermazione filosofica; se in quanto affermazione filosofica è propria di una particolare scuola di pensiero, e pertanto non può essere argomento su cui fondare il rispetto assoluto dovuto all’embrione. Se dico che solo l’affermazione "l’embrione è un individuo" è un’affermazione universalmente condivisibile, ma che l’individualità come tale non esige rispetto assoluto e pertanto può anche essere ucciso, alla fine io non uccido un "punto di vista", quello biologico, ma purtroppo uccido un uomo.

Ho concluso. Mi avete chiesto: quale valore attribuire alla vita umana? La risposta è semplice: poiché non esiste vita umana che non sia la vita di una persona; poiché ogni persona vale in sé e per sé, la vita umana di ogni persona ha un valore assoluto ed incondizionato. Anche la vita di un embrione. "Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che in alcuni eventi l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa" [C. Beccaria].