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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Incontro con le giovani coppie
"Un grande sì all’amore"
"Creati per amare: l’amore, il matrimonio e la famiglia nella prospettiva cristiana"
S. Antonio di Savena, 14 dicembre 2006


La S. Scrittura si apre con un grande "sì" all’amore fra l’uomo e la donna e si chiude con il desiderio di una Sposa ad incontrare lo Sposo [cfr. Ap 22,17].

Questa sera vorrei ripercorrere anche se celermente la storia del grande "sì" che Dio dice all’amore fra l’uomo e la donna, che si incrocia drammaticamente con i grandi "no" che uomo e donna dicono a se stessi: incrocio drammatico il cui esito finale non è mai scontato.

1. Il grande "sì" di Dio.

Iniziamo dall’ascolto del "sì" originario, primordiale, che Dio disse all’amore fra l’uomo e la donna. "Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra" [Gen 1,27-28]. La narrazione conclude: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" [31].

Che la persona umana sia "maschio e femmina" è un bene, anzi è un grande bene davanti a Dio; davanti a Dio è un grande valore. La formulazione biblica del "sì" del Creatore veicola due significati fondamentali. L’unità dei due – maschio e femmina – denota l’appartenenza di ciascuno alla stessa natura umana e quindi la stessa dignità; la dualità manifesta che la persona umana si realizza in due modi fondamentali, nella mascolinità e nella femminilità. È questa unità nella dualità che davanti a Dio è cosa molto buona, poiché è in essa che la creazione della persona umana è compiuta, è terminata.

Questo originario, primordiale "sì" che Dio creatore dice all’amore fra l’uomo e la donna risuona subito nella coscienza e nel cuore della persona umana creata: il "sì" di Dio genera il "sì" dell’uomo e della donna. Ascoltiamo il "sì" originario, primordiale della persona umana. "Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa, la si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tratta". Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" [Gen 2,22-24].

Il testo manifesta che cosa "sente" originariamente l’uomo di fronte alla donna; come l’uomo sperimenta in sé il "sì" di Dio all’amore, come vive quella "grande bontà" insita nell’amore fra l’uomo e la donna.

Devo ora presupporre la lettura di tutta la pagina biblica, il capitolo secondo della Genesi. Da essa risulta che l’uomo e la donna trovano pienamente se stessi, raggiungono la piena realizzazione della loro umanità, superando il male della loro solitudine, nel divenire "una sola carne". L’uomo e la donna sentono il "sì" che Dio dice al loro amore, perché unendosi essi diventano pienamente se stessi. Dio vide che "era cosa molto buona"; l’uomo e la donna esperimentano che la loro realtà – il loro essere persone, il loro essere uomo e donna – è davvero "molto buona" perché e quando diventano "una sola carne", escono dal male della loro solitudine e sono in pienezza se stessi. La gioia dell’incontro è l’eco del grande "sì" che Dio dice al loro amore.

Dovrei ora fare due approfondimenti di fondamentale importanza, ma devo prima fermarmi su una considerazione senza della quale rischiamo di ascoltare tutte queste parole come pura retorica sull’amore umano. Vi prego quindi di prestare molta attenzione.

Potremmo ascoltare la pagina biblica che narra il grande "sì" di Dio all’amore umano e l’eco di esso nel cuore dell’uomo e della donna come fosse un avvenimento cronologicamente accaduto al principio. Potremmo cadere in un grave errore interpretativo, l’errore di pensare precisamente in modo … cronologico: è accaduto allora, ma adesso? In realtà, il significato è un altro. Il "principio" qui significa ciò che è presente in ogni uomo ed ogni donna; ciò che fa parte della natura stessa della loro persona. Ho davanti a me ora degli sposi, dei fidanzati che si preparano a diventarlo. È all’amore di ciascuna di queste coppie che Dio dice il suo grande "sì"; è nel cuore di ciascuno/a di voi che potete ascoltare il grande "sì" divino al vostro amore. Non sto dunque parlando di un avvenimento accaduto all’inizio della creazione semplicemente: sto parlando di un avvenimento che sta accadendo ora.

Riprendiamo il filo del nostro discorso. Sia quando si narra il "sì" divino sia quando si descrive la sua eco nel cuore della persona umana, si indica come contenuto essenziale il corpo umano: "maschio e femmina li creò", dice il primo testo; "ossa delle mie ossa e carne della mia carne", dice il secondo testo. È alla persona corporalmente maschio e femmina che Dio dice il suo "sì". E pertanto è attraverso il corpo femminile che l’uomo scopre la persona identica nella dignità ma altra da se stesso. È qualcosa di molto profondo ciò di cui sto parlando, e che nessuna biologia o psicologia è in grado di scoprire. È qui affermato e voluto ciò per cui questo corpo è autenticamente umano e ciò che entra quindi nella costituzione della persona dell’uomo e della donna. Non possiamo ora approfondire questo punto come meriterebbe, cioè il fatto che i due modi di essere persona umana si conoscono e si realizzano nel corpo maschile/femminile.

Un secondo necessario approfondimento. Quando Gesù viene interrogato a riguardo dell’indissolubilità del matrimonio, egli si rifà alla pagina che stiamo meditando. Questa pagina sta parlando del matrimonio; sta parlando dell’unità indissolubile posta in essere nel matrimonio. Gesù dice: "ciò che Dio ha unito …". E lo dice a riguardo del matrimonio che gli uomini e le donne del suo tempo celebravano: su questo egli era stato interrogato concretamente. Il grande "sì" che Dio dice all’amore fra l’uomo e la donna è il grande "sì" al e del matrimonio. È Dio che dicendo "sì" pone in essere, produce nel cuore dell’uomo e della donna il loro scegliersi, volersi, unirsi: "ciò che Dio ha unito…". Non è un "sì" in astratto detto all’amore umano come tale, al matrimonio come tale: è detto all’amore fra questo uomo e questa donna; è detto al matrimonio che questo uomo e questa donna stanno celebrando o hanno celebrato. È a causa di questo che Gesù può dire: "ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi". Su questa base, la Chiesa giungerà correttamente a concludere: allora il matrimonio è un vero e proprio sacramento. In esso è presente ed operante il grande "sì" di Dio.

2. Il "no" dell’uomo.

Il "sì" di Dio risuona nel cuore dell’uomo e della donna. Ma l’uomo e la donna possono chiudere il cuore a questa voce divina. Al "sì" di Dio può contrapporsi il "no" dell’uomo. È una contrapposizione che non è affatto facile da discernere perché purtroppo niente sembra tanto simile all’amore fra l’uomo e la donna che il suo contrario – si chiama, lo vedremo subito, concupiscenza – e niente in realtà è più dissimile.

Partiamo da un testo evangelico. Gesù nel discorso del monte dice: "Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" [Mt 5,27-28]. Vi ricordate come reagisce l’uomo di fronte alla donna, quando la vede per la prima volta? "questa volta essa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa", dice. E la S. Scrittura fa una aggiunta assai importante: "Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna" [Gen 2,25].

Come potete verificare, ci sono due modi di "guardarsi", di "stare l’uno di fronte all’altro": quello di chi " guarda per desiderare"; quello di chi guarda perché è "ossa delle mie ossa e carne della mia carne". Nel primo caso, la donna [rispettivamente l’uomo] è vista come qualcosa di cui posso usufruire; nel secondo caso come qualcuno da amare. Entra una logica di dominio che può anche essere reciprocamente consentito. Dio continua a dire il suo grande "sì" all’amore umano, che genera comunione ["e i due saranno una sola carne"]; ma l’uomo e la donna dicono "no", e l’originaria beatitudine propria dell’unione coniugale è degradata e deformata nel loro cuore da quello "sguardo per desiderarsi": dalla concupiscenza [così la chiama il vocabolario cristiano]. A causa del "no" che l’uomo e la donna dicono all’amore, la mascolinità e la femminilità e la loro reciproca relazione cessano di essere l’espressione ed il linguaggio delle due persone che tendono al dono reciproco, alla comunione vera. Essi diventano l’uno per altro oggetto di attrazione; possibile oggetto di cui fare uso fin che serve, limitando e perfino rendendo impossibile lo scambio del dono delle persone. L’uomo dice "no" all’amore: egli sottrae a se stesso la dignità del dono espressa nel suo corpo maschile/femminile, facendolo oggetto l’uno per altro.

Vorrei ora che percorressimo brevemente l’itinerario del "no" detto dall’uomo. Vorrei cioè narrare brevemente, per sommi capi, la storia del "no" detta dall’uomo. Non posso fare altro – il tempo a disposizione non mi consente di più – che dire il titolo dei fondamentali capitoli di quella narrazione.

- Il grande "sì" di Dio rende la libertà dell’uomo capace di definitività, e l’uomo che ascolta il "sì" divino non può mettere limiti di tempo e di misura al dono. Nel "no" dell’uomo risiede l’impossibilità di scelte definitive, poiché la logica intrinseca dell’uso è esprimibile nella seguente formula: "fin che ci è utile l’uno sta con l’altro: quando i conti fra il dare e l’avere non sono più in pareggio, chi dà di più di quanto riceve ha il diritto di rompere".

Dentro a quella che chiamo la "tirannia dell’utilitarismo", è allora incomprensibile che si continui a distinguere matrimonio e convivenze di fatto. C’è forse da meravigliarsi se ha sete uno che ha perso molto sangue?

- Dio dice il suo grande "sì" alla mascolinità/femminilità ["maschio e femmina li creò"], e la persona che ascolta il "sì" divino scopre nella diversità in cui si realizza la persona umana un senso ed una verità, una bontà e preziosità intrinseca. L’uomo che dice "no", a lungo andare perderà la capacità di cogliere tutto questo e degraderà e l’una e l’altra a mere convenzioni sociali. L’unico criterio di discernimento non può che essere "ciò che risponde alla mia attrazione". La conseguenza è che l’unione coniugale fra l’uomo e la donna non ha obiettivamente una bontà sua propria che la rende diversa dall’unione omosessuale.

- Quale è il capolinea di questo itinerario? Lo smarrimento del bene umano comune, del bene cioè che è insito nella comunione delle persone; la riduzione della comunità umana a coesistenza di stranieri morali ed egoismi opposti. Di conseguenza il problema centrale diventa non il dire "sì" all’amore, ma quello delle regole, dimenticando una verità ovvia: il vigile può regolare il traffico, ma non puoi chiedere a lui dove vuoi/devi andare. Chi dentro a questa condizione sta scoppiando, sono i nostri adolescenti, ai quali far firmare dei patti di legalità non è rispondere a ciò che chiedono veramente.

3. Il "sì" di Cristo.

Non era mia intenzione fermarmi tanto questa sera con voi sul "no" dell’uomo. Però la nostra storia quotidiana è fatta anche di esso.

Riprendiamo il nostro percorso con un testo paolino. Ascoltiamo: "Il Figlio di Dio, Gesù Cristo che abbiamo predicato tra voi … non fu "sì" e "no", ma in lui c’è stato il "sì". E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono diventate "sì". Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria" [2Cor 1,19-20]. Di fronte al "no" dell’uomo Dio non ha ritirato il suo "sì", come lungo il corso della storia della Chiesa alcuni eretici hanno pensato. È in Cristo che Dio ha ripetuto il suo "sì", all’amore umano, ed attraverso di Lui anche l’uomo e la donna ridiventano capaci di dire il loro "sì" all’amore.

Che cosa significa, come viene detto il "sì" all’amore umano da Dio in Cristo, lo possiamo verificare in una pagina del Vangelo di Giovanni: è l’incontro con una donna colta in flagrante adulterio, e quindi passibile di lapidazione. L’episodio vi è sicuramente noto. È proprio nel comportamento e nelle parole di Gesù che dobbiamo porre il massimo della nostra attenzione.

Gesù è di fronte ad un donna che ha detto "no" all’amore coniugale. Dal punto di vista umano Gesù aveva due possibili scelte. O confermare il "no" della donna, trovando giustificazioni al suo adulterio oppure ricorrere al rigore della legge che imponeva la lapidazione.

A guardare le cose più in profondità, in realtà anche la seconda scelta nonostante le apparenze era una conferma del "no" all’amore umano, ancora più radicale dell’altra. In fondo la lapidazione di un’adultera è la confessione obiettiva che la persona umana non può uscire dal male ed il male può essere eliminato solo eliminando la persona che lo compie. Il destino dell’uomo è la sua miseria morale; è la sua degradazione: da essa non c’è modo di uscire.

In realtà Dio inventa in Cristo una via di uscita: il perdono. Vi prego di prestare molta attenzione su questo punto. Dio ridice in Cristo il suo grande "sì" all’amore umano mediante il perdono. La teologia cristiana usa anche altre espressioni: la giustificazione del peccatore; la redenzione dell’uomo; la liberazione della libertà.

Ciò che Dio ha detto "al principio" non è ritirato. È ridetto, ma nel linguaggio e nella forma del perdono che redime. Dio ridice in Cristo il suo "sì" all’amore umano perché non lascia l’uomo e la donna nella loro incapacità di ritirare il "no" che hanno detto. Egli in Cristo ridona loro la capacità di amare. "Chi è in Cristo è una nuova creatura" dice l’Apostolo.

Chiedendo alla Chiesa di dire "sì" al vostro amore coniugale, voi vi ponete dentro a questo grande "sì" che Dio in Cristo vi dice, rendendovi capaci di amare, liberando la vostra libertà dall’incapacità del dono. La Chiesa è lo spazio in cui continua a risuonare il grande "sì" di Dio all’amore dell’uomo e della donna.

Conclusione

Mi piace concludere con un testo desunto dall’Enc. Deus caritas est di Benedetto XVI: "Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l’amore. Dio non ci ordina un sentimento che non possiamo suscitare in noi stessi. Egli ci ama, ci fa vedere e sperimentare il suo amore e, da questo "prima" di Dio, può come risposta spuntare l’amore anche in noi" [17,1].

Questo testo è la sintesi di tutto ciò che ho cercato di dirvi questa sera. La vera potenza insita nel vostro amore, la sua capacità di plasmare la vostra persona e la vostra vita, non trova la sua sorgente ultima in voi. Voi stessi siete testimoni a voi stessi delle difficoltà che incontrate, di quanto sia arduo dimenticare se stesso per il bene dell’altro, di quanta vigilanza sia necessaria per non essere contagiati del "no" che larga parte della cultura in cui viviamo dice all’amore fra l’uomo e la donna. È dal "prima" di Dio che può nascere la vostra libertà di amare e di donarvi: voi potete dire "sì" all’amore, al vostro amore reciproco, se vi incontrare realmente col "sì" che Dio dice: se sperimentate non solo per sentito dire il "sì" di Dio.

Dove potete vivere questa esperienza? Nella fede della Chiesa che celebra l’Eucarestia. Voi potete attingere la capacità di amarvi come sposi, in modo sempre rinnovato, dalla vostra immersione eucaristica nell’amore del Signore e, reciprocamente, il vostro incontro eucaristico col Signore prende corpo nell’amore quotidiano e semplice con cui vivete il vostro matrimonio.