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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


STAZIONE QUARESIMALE A POMPOSA
20 marzo 1996

1. “Il Signore consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri”
E’ la settimana della luce, del dono che Cristo ci fa della sua luce per liberarci, come ha fatto col cieco nato, dalle tenebre. Quali tenebre? La tenebra è una condizione di angoscia, di paura, poiché l’oscurità incute in noi un istintivo timore. Ma che cosa è che ci da veramente paura nella vita? La mancanza di amore, il dubbio che il nostro sia  un brutto destino. Questo dubbio è tolto solo dalla certezza che la nostra esistenza può fare affidamento su un fondamento incrollabile. Quale è? “Il signore consola il suo popolo...” La certezza che Egli non si dimentica mai di ciascuno di noi. “Si dimentica forse una donna ...”. Dunque, Dio si commuove per noi; ha pietà di ciascuno di noi. Ma in che cosa consiste la “commozione di Dio”?
 E’ la partecipazione alla nostra condizione, la condivisione del nostro destino, per cambiarlo completamente. “Non soffriranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha pietà di loro li guiderà”. Questa condivisione da parte di Dio della nostra condizione umana è accaduta quando il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare fra noi. Egli non ha considerato come un tesoro da custodire gelosamente la sua gloria divina, ma si è abbassato, si è umiliato, facendosi in tutto simile a noi, eccetto il peccato. Egli è venuto a vivere con noi e come noi non per lasciarci come ci ha trovati: è venuto per renderci partecipi della sua vita. Ecco:  è la commozione di Dio per noi. E’ questo mirabile scambio. Noi abbiamo dato al Figlio di Dio la nostra morte ed Egli ci ha dato la sua vita; noi abbiamo dato la “nostra tenebra ed Egli ci ha dato la sua Luce; noi abbiamo dato la nostra schiavitù ed Egli ci ha dato la sua Libertà. Veramente in questo “scambio” è accaduta la nostra salvezza. Certamente ciascuno di noi può chiedersi: e come posso sentirmi “ricordato” dal Signore, “consolato” dal suo amore, “fatto oggetto” della sua commozione, così da sperimentare in me quello “scambio”?

2. “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna”.
Se noi vogliamo passare dalla morte alla vita, dobbiamo ascoltare la sua parola e credere: nell’ascolto che  è la fede, avviene questo cambiamento della tua vita. E’ ovvio che quando parliamo di  ascolto, non pensiamo solo all’ascolto di una parola colle nostre orecchie. Si tratta di una attenzione profonda, così profonda che la parola del Signore penetra veramente dentro il nostro cuore. I contadini aprono la terra perché le sementi possano entrarvi e fare frutto. Allo stesso modo, devi aprire il tuo cuore perché Cristo possa venire ad abitarvi. Non lo apri, quanto ti lasci prendere eccessivamente  dalle preoccupazioni di questa vita, quando consenti che il tuo cuore sia occupato dalle passioni viziose.
 Che cosa compie in noi un ascolto vero, profondo, della parola del Signore? “I morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno”. Ecco, quale è l’effetto della parola del Signore: ci fa risorgere veramente. E quando? Adesso, se tu lo vuoi “è venuto il momento, ed è questo”. E’ questo il momento, quello della Quaresima, di ritornare al Signore, di ascoltare la sua voce, di non indurire più il nostro cuore.
 Così sia veramente per tutti noi.