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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


IL PROBLEMA MORALE DELLA INSEMINAZIONE ARTIFICIALE (AI)
in Scienza e origine della Vita, Orizzonte Medico, Roma 1980

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Prima di affrontare la casistica della AI, è necessario mettere in luce quei presupposti teologici e antropologici, sulla cui base i singoli casi sono risolti.

 

1. PRESUPPOSTI TEOLOGICI ED ANTROPOLOGICI 

 

Il punto di partenza fondamentale è costituito da alcune affermazioni fondamentali riguardanti l’origine della persona umana.

 

1,1 - Il mistero dell’origine di ogni persona umana affonda le sue radici nel mistero stesso di Dio. Questa origine, infatti, non è un casuale evento biologico, ma è l’effetto di un gesto creativo, libero e gratuito, di Dio. Ogni persona umana è conosciuta e voluta, singolarmente, da Dio per se stessa; chiamata alla esistenza come un «tu», è capace, a sua volta, di rispondere a questa vocazione. È fatta «a sua immagine e somiglianza».

Se dal punto di vista teologico, la spiegazione ultima del concepimento di una persona umana è la decisione creatrice di Dio, la congiunzione sessuale dell’uomo e della donna si mostra, in questo contesto, nel suo significato più profondo: l’uomo e la donna partecipano realmente al gesto creativo di Dio e sono un’immagine del suo amore creativo.

Che cosa significa e che cosa comporta questa partecipazione? L’atto creativo di Dio non è una necessità intrinseca al Suo Essere, ma frutto di un amore sovranamente libero e gratuito. Anche la procreazione umana deve procedere dall’amore. Non è sufficiente, per renderla ciò che è chiamata ad essere, che essa sia posta sotto l’influsso della volontà ed il controllo della ragione, attraverso una decisione libera. Limitandosi a questo, l’attività pro-creatrice consisterebbe semplicemente nella messa in atto del le proprie capacità generative, sotto il governo della ragione, in ordine al raggiungimento di uno scopo, la generazione, appunto, di una persona umana.

Si istituirebbe, in sostanza, un rapporto strumentale fra la libertà spirituale dell’uomo e della donna e la loro sessualità, biologicamente intesa: un rapporto, in fondo, che lascia l’una estranea all’altra.

L’essere l’uomo e la donna chiamati a con-creare con Dio una persona umana esige qualcosa di più profondo. Esige che il loro spirito e la loro capacità generativa siano profondamente unificate, che l’uno inabiti nell’altra, inscindibilmente. Questa profonda unificazione ed inscindibile inabitazione può essere operata solo dall’amore. L’amore, infatti, è spirituale-fisico. Si esprime, si realizza nella ed attraverso la sessualità fisicamente intesa, così come, reciprocamente, questa diviene pienamente umana quando è il simbolo reale dell’amore.

Da questa riflessione sul rapporto fra creazione e con-creazione deriva una conseguenza di grande importanza per il nostro problema. Se, da una parte, le esigenze di una procreazione veramente umana mostrano la verità più profonda dell’unione sessuale, dall’altra sono queste stesse esigenze a mostrare la necessità etica che la persona umana sorga dall’unione sessuale medesima.

Perché l’amore appaia e sia sorgente ultima della nuova persona umana e l’uomo e la donna siano con-creatori con Dio, non è sufficiente che esso amore metta in movimento, come dal di fuori, il procedimento che porta al concepimento. È necessario che l’azione stessa, che dà origine al processo che porta al concepimento, sia in tutta la sua realtà umana, fisica e spirituale, amore che unisce i «due in una sola carne». Questa azione non può ridursi a prestare dei gameti, da congiungersi poi fra loro.

 

1,2 - La riflessione sull’origine della persona umana, vista come mirabile e misteriosa sinergia fra la potenza creatrice di Dio e la capacità con-creativa dell’uomo e della donna, ci porta a calibrare meglio ed a rigorizzare con maggiore impegno alcuni temi oggi ricorrenti nella nostra cultura.

La sessualità umana non è un «oggetto» di cui l’uomo fa uso, sia pure razionale. Essa fa parte della persona umana: è — in un certo senso – la persona umana. Perché, in fondo, la persona non è un essere che ha un corpo, ma è il suo corpo. L’oscurarsi, nella cultura contemporanea, di questa visione unitaria dell’uomo, costituisce uno dei suoi limiti più gravi.

Ed allora l’uomo non ha potere sulla sua sessualità, semplicemente perché non ha potere su se stesso. L’uomo è responsabile di se stesso. Il rapporto, cioè, dell’uomo con se stesso, con la sua sessualità, non è un rapporto che va pensato, primariamente, in termini di utilizzazione, ma in termini etici.

«Responsabile della sua sessualità»: ma che cosa significa? Significa che di essa non è padrone (jus utendi et abutendi), ma che essa è dono-compito che l’uomo accoglie, nella integrale assunzione dei suoi significati, senza escluderne alcuno. Quando ciò non avvenisse, la persona umana, pur avendo l’impressione di esercitare un dominio razionale su se stessa, commette un arbitrio che la porta a distruggere la sua stessa dignità.

Nella cultura occidentale moderna, il tema del potere dell’uomo è stato intimamente connesso col tema della scienza, che offre gli strumenti per esercitare quel potere.

Orbene, questa correlazione deve essere pensata nel contesto della riflessione precedente. La scienza deve essere vista come aiuto per l’esercizio della responsabilità dell’uomo verso se stesso. Essa è per far essere l’uomo nella pienezza della sua verità. Il suo uso quindi e le sue applicazioni nell’ambito dell’uomo hanno un limite invalicabile. Nel caso nostro, esso è costituito dalla dignità del suo essere soggetto spirituale-corporale, chiamato da Dio a partecipare al suo gesto creativo, attraverso l’esercizio fisico-spirituale della sua sessualità, nel matrimonio. Il compito della scienza è di aiutare la persona umana nel realizzare questa vocazione, non nel sostituire la persona: aiutarla a realizzare quel congiungersi della potenza con-creatrice dell’uomo e della donna con la potenza creatrice di Dio.

 

1,3 - Alla luce di quanto siamo venuti dicendo fino ad ora, siamo in grado di formulare il principio etico generale che, a nostro parere, deve regolare la soluzione dei vari casi di AI. Esso è: poiché l’origine della persona umana è costituita dalla relazione fra la potenza creativa di Dio e la capacità pro-creativa dell’uomo, con tutto ciò che questa relazione comporta, la scienza non può sostituirsi a questa partecipazione con-creativa dell’uomo alla creazione di Dio, ma, quando fosse necessario, può dare il suo aiuto per renderla possibile.

 

2. LA CASISTICA DELLA AI

 

Possiamo ora passare all’analisi dei vari casi di AI, alla luce del principio fondamentale appena formulato.

 

2,1 - L’AID [Inseminazione artificiale eterologa] merita un giudizio etico negativo. La partecipazione pro-creativa alla creazione di Dio, da parte dei coniugi, avviene attraverso la messa in atto della loro capacità generativa. L’origine di ogni persona umana implica due ordini di fatti. In quanto essa appartiene al mondo della vita, implica tutta una serie di fatti biologici, come la genetica umana va sempre più chiarendo. In quanto appartiene al mondo dello spirito, esige che sia originata da una libera decisione di amore, perché solo così essa è voluta nel modo che la sua dignità esige: per se stessa.

La separazione di questo duplice ordine di fatti, in forza della quale diverso è il soggetto che pone le pre messe e l’inizio del processo biologico dal soggetto che spiritualmente vuole una nuova vita umana, impedisce quella partecipazione umana in senso pieno all’atto creativo di Dio. Chi, infatti, è padre biologicamente non lo è spiritualmente, mentre chi è padre spiritualmente non lo è biologicamente. Questa separazione fra il biologico e lo spirituale è in contraddizione con la natura della persona umana, unità di spirito e di materia. La dimensione biologica fa parte della persona.

 

2.2 - Dal luglio 1978 il problema si è ulteriormente approfondito con la realizzazione di una fecondazione in vitro.

Dal punto di vista etico, la fecondazione in vitro separa completamente l’evento che dà origine alla vita umana dalla congiunzione sessuale dei due sposi.

Ed allora, questo fatto rende necessario un ulteriore approfondimento delle riflessioni precedenti. La persona umana è qualcosa di essenzialmente storico: la vicenda della sua vita si svolge nel tempo. All’inizio di questa storia, della storia di ciascuno di noi, si pone un avvenimento originario e fondante, che non appartiene mai completamente al passato, ma che è come una sorgente, da cui scaturisce tutto il fluire della esistenza. Questo avvenimento è costituito dal concepimento, nel quale sono poste tutte le sorgenti della vita. Ora, nella fecondazione in vitro, questo avvenimento viene prodotto non dall’uomo e dalla donna nel loro reciproco donarsi fisico-spirituale, ma dallo scienziato in laboratorio.

Si potrebbe subito obiettare che i due gameti sono dati dagli sposi e che l’intervento della scienza si limita al congiungimento di quelli, al quale poi seguirà l’impianto in utero. L’obiezione rivela ancora una volta la povertà della antropologia soggiacente. Si presuppone infatti che il concepimento di una persona sia un evento dentro il quale il fatto biologico possa essere detratto dal fatto spirituale.

Pertanto non mi sembra che, dal punto di vista morale, si possa approvare la fecondazione in vitro o, quanto meno, un giudizio diverso mi sembra assai azzardato.

 

2,3 - Affrontiamo ora il problema morale della AIH [Inseminazione artificiale omologa]. Da tutto quanto si è detto fin d’ora, si può formulare il seguente principio: l’AIH può ritenersi lecita, quando si ha fra i due sposi un vero e proprio atto coniugale, ma è necessario ricorrere all’aiuto della scienza per rendere efficiente, cioè determinatore di fecondità, un rapporto coniugale normalmente condotto, che senza quell’intervento resterebbe sicuramente infecondo.

La necessità etica che fra i due sposi vi sia un vero e proprio atto coniugale è già stata dimostrata nella prima parte di questo intervento. Per «atto coniugale vero e proprio» deve intendersi l’attuazione di quella capacità di esercitare l’attività sessuale, mancando la quale si ha, secondo la dottrina teologica e canonistica della Chiesa, l’impedimento di impotenza.

Dal punto di vista etico, posto questo atto, non si chiede nulla di più agli sposi, il loro eventuale ricorso ad interventi artificiali si limita a dare un aiuto all’atto pro creativo che, in quanto atto umano, è già in se stesso completo.

Le difficoltà poste dall’applicazione di questo principio, non sono di ordine teologico, ma pratico. Nella prassi, può essere difficile vedere se l’intervento artificiale sostituisce od aiuta l’atto coniugale.

Ed a questo punto, scartata la liceità morale della fecondazione postuma o con seme del marito fisicamente distante, è necessario una riflessione congiunta di etica e scienza.

 

CONCLUSIONE 

 

L’atto sessuale-coniugale non è un evento puramente biologico. Ma la sua interiore ordinazione ad esprimere il dono reciproco e totale della persona dei coniugi e alla procreazione, lo dirige intrinsecamente verso valori etici, lo lega ad essi. Questi sono: la vita della persona umana e la perfezione dei coniugi.

La riflessione sulla AI è, ultimamente, mossa da una preoccupazione: che la persona umana venga concepita in modo adeguato alla sua dignità e che la sessualità coniu