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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


S. Messa nel primo anniversario della morte di don Oreste Benzi
Cattedrale di S. Pietro, 2 novembre 2008


1. "E Colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose" [Ap. 21, 5] . Carissimi fedeli, nel libro dell’Apocalisse Dio non parla mai: è questa la prima volta che fa sentire la sua voce. Cosa dice il Signore? Che farà nuove tutte le cose. Quali cose? Queste, nelle quali e delle quali noi viviamo ogni giorno; questa creazione nella quale è presente la morte, il lutto, il lamento, l’affanno. Il Signore questa sera ci dice che Egli ha il potere, la volontà e il desiderio di rinnovare dalla radice la sua creazione: di riedificare di nuovo tutto.

Da questa promessa noi deduciamo che la creazione nella quale noi viviamo non è gradita al Signore; non è conforme al suo disegno originario. Essa è stata corrotta poiché, come insegna l’apostolo Paolo, "a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato" [Rom 5,12].

Tutte le cose in realtà sono già state rinnovate alla loro radice nella morte e nella risurrezione di Gesù. La parola detta da "Colui che sedeva sul trono" si è già compiuta in Cristo. Ma ora, ciò che Dio ha fatto in Cristo Gesù, lo vuole fare – anche se con modalità diverse – in ciascuno di noi. Cristo è la fonte di ogni rinnovamento, e la forza della sua novità investe ogni persona che si converte a Lui. Carissimi fedeli, se questa sera noi celebriamo l’Eucaristia in una particolare comunione con i nostri morti, è perché la nuova creazione in Cristo è già cominciata. Il potere della morte è stato sconfitto; in Gesù noi viviamo la stessa vita.

"A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita". La parola di Dio ci dice come possiamo entrare nella nuova creazione e farne parte: esiste una "fonte della vita" accostandoci alla quale noi vinciamo la morte. Altre pagine della Scrittura ci dicono di che cosa si parla.

Parlando alla samaritana Gesù dice: "l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna" [Gv 4,18]. Durante la festa delle Capanne, "Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in Lui" [Gv 7,37-39]. La promessa fatta si compie in Croce: "ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua" [Gv 19,34].

Raccogliendo assieme questi santi testi, concludiamo che "l’acqua della fonte della vita" è il dono dello Spirito Santo – che è Signore e dà la vita – che il credente riceve mediante il sacramento del Battesimo e dell’Eucaristia: l’acqua ed il sangue usciti dal costato di Cristo.

I nostri fratelli defunti hanno bevuto l’acqua della fonte della vita, che in essi è zampillata per la vita eterna. E noi offriamo questo divino sacrificio perché risplenda loro, sola ed immensa, la Luce e la Gloria di Dio.

2. "Chi sarà vittorioso erediterà questi beni". L’ingresso nella nuova creazione è dono dello Spirito Santo, ma è anche frutto di una vittoria riportata dal discepolo.

Chi dice vittoria per ciò stesso suppone una vera e propria lotta, da cui si può uscire anche sconfitti.

Di quale lotta e di quale vittoria parla la Scrittura? È la lotta contro, e la vittoria sopra le forze della vecchia creazione che agiscono in ciascuno di noi e fuori di noi. Esiste infatti una cultura della vita, che denota il modo di stare nella nuova creazione; esiste una cultura della morte, che denota il modo di stare nella vecchia creazione.

"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte" [1Gv 3,14]. Colui che vince amando i propri fratelli, vittorioso "erediterà questi beni". Come Cristo che ha vinto sulla Croce, cioè donando se stesso.

Carissimi fedeli, come vi dissi all’inizio, in questa celebrazione eucaristica vogliamo ricordare don Oreste Benzi nel primo anniversario della morte. Senza precedere l’eventuale giudizio della Chiesa, egli è stato il testimone della vittoria di cui parla la Scrittura: ogni deturpazione della dignità umana, segno della vecchia creazione, ha cercato di vincerla colla potenza dell’amore.

Colui che vince in questo modo riceverà in eredità lo stesso Dio: Dio sarà il suo Dio ed egli sarà il suo figlio.