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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Sesta Domenica di Pasqua
Cattedrale, 29 maggio 2011


1. "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro consolatore, perché rimanga con voi per sempre". Cari fratelli e sorelle, queste parole di Gesù sono sorgente di vera consolazione per noi tutti. Lo sono però soprattutto per voi che o a motivo della malattia o a motivo della tarda età, siete visitati dalla sofferenza e dalla solitudine. Gesù ci fa una grande promessa: "non vi lascerò orfani".

Ed infatti la sera del giorno di Pasqua, Gesù risorto venne nel luogo dove si trovavano i discepoli, "alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo" [cfr. Gv, 20, 19-22]. E da quel momento la consolazione dello Spirito Santo non ha più abbandonato la Chiesa; è rimasta con noi per sempre. Noi non siamo degli orfani. Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi per mezzo dello Spirito Santo.

In che modo lo Spirito Santo ci consola nelle nostre tribolazioni? in che modo ci fa sentire la presenza di Gesù?

Il primo modo è il seguente: "il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" [Gv 14, 26]. Quando ci troviamo nella tribolazione e nella sofferenza non raramente le persone care cercano con le loro parole di "consolarci", di sostenerci e di incoraggiarci. Sono parole che indubbiamente ci fanno piacere e ci sostengono. Ma sono parole che non hanno la forza di cambiare la nostra condizione.

Ma non è così delle parole di Gesù. Esse veramente hanno in se stesse la forza divina di cambiare la realtà.

Ricordate che cosa disse Gesù a quella donna vedova di Nain che, portava al sepolcro l’unico figlio che aveva? Pensate che strazio nel suo cuore! Gesù le si avvicina e le dice: Non piangere [cfr. Lc 7, 13]. Quanti nel giorno del suo lutto le avranno detto queste parole! Ma la parola di Gesù è vera: Egli può dire "non piangere" perché restituisce vivo il figlio alla madre.

Cari fratelli e sorelle, lo Spirito Santo ci consola perché ci "ricorda" le parole di Gesù. Egli le fa entrare nel nostro cuore; ce le fa risentire proprio come parola detta a ciascuno di noi: "non piangere più; io sono il tuo pastore, anche quando cammini per una valle oscura non temere alcun male, perché io sono con te". Lo Spirito Santo ci fa sentire che queste parole sono vere.

E così noi possiamo scoprire l’altro modo con cui lo Spirito Santo ci consola. La sera di Pasqua, Gesù prima di donare lo Spirito, mostra ai discepoli le piaghe e il costato aperto: pone il dono dello Spirito Santo in rapporto con il dono di Sé fatto sulla croce.

Cari fratelli e sorelle, la sofferenza di Gesù sulla croce non è stata una sofferenza fra le altre, sia pure più intensa. Ma Cristo soffrendo per tutti noi, ha conferito alla nostra sofferenza un significato nuovo, l’ha come trasformata dal di dentro. Ha reso possibile che essa – penso alle malattie, alle tante solitudini ed emarginazioni – si trasformasse in una partecipazione alle Sue sofferenze. Ogni sofferenza umana, ogni dolore, ogni infermità racchiude una promessa di salvezza [cfr. Giovanni Paolo II, Memoria e identità, Rizzoli 2005, 198].

È questa la grande consolazione data dallo Spirito: l’intima certezza che le nostre sofferenze sono di Cristo.

2. Siamo con la Madre di Dio, in questa celebrazione: la "consolatrice degli afflitti", la "salute degli infermi".

"Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificato. Ma fu nel giorno della Pentecoste che egli discese sui discepoli, per rimanere con loro in eterno", così insegna il Concilio Vaticano II [Decr. Ad gentes 4]. Ma con i discepoli c’era anche Maria, così come Ella è ora con noi: per invocare con noi e per noi lo Spirito consolatore, perché Egli rimanga sempre con noi e nessuno di noi si senta orfano.

"Sia benedetto Dio: non respinge la nostra preghiera; non ci nega la sua misericordia".