home
biografia
video
audio
english
español
français
Deutsch
polski
한 국 어
1976/90
1991/95
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
2017
Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Giovedì Santo
S. Messa nella Cena del Signore
Cattedrale di S. Pietro, 28 marzo 2013


Con questa celebrazione entriamo nel Triduo della passione e della risurrezione del Signore, vero vertice dello scorrere dei nostri giorni non raramente tribolati. In esso infatti il Signore Gesù morendo ha distrutto la nostra morte, e risorgendo ha ridato a noi la vita.

Il Triduo si apre con questa celebrazione "nella cena del Signore": con la memoria dell’istituzione dell’Eucarestia.

 

1. Che cosa è realmente accaduto quella sera, durante l’ultima cena che Gesù ha condiviso coi suoi apostoli prima della sua morte? Ci è narrato e dall’apostolo Paolo nella seconda lettura e da Giovanni nel santo Vangelo. Iniziamo dal Vangelo.

Nella tradizione biblica non era raro che un profeta comunicasse il suo messaggio non solo colla parola, ma anche con qualche gesto. Così ha fatto Gesù nell’ultima cena, lavando i piedi ai suoi Apostoli. Quale era il significato profondo di questo gesto di umiltà?

"Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine", ci ha detto il santo Vangelo. Lavando i piedi ai discepoli, Gesù intendeva significare il servizio che Egli stava per compiere: il dono di se stesso nella morte ormai imminente. Ciò risulta chiaramente anche dal dialogo con Pietro. Il rifiuto di Pietro di lasciarsi lavare i piedi dal Signore avrebbe comportato l’esclusione di "avere parte con Lui". Dunque, quel gesto esprime simbolicamente la dedizione di Se stesso, che il Signore avrebbe vissuto nella morte ormai imminente.

Rifiutare questa dedizione, rifiutarsi a questa proposta d’amore comporta per l’uomo l’esclusione definitiva dalla comunione col Signore.

Vediamo ora quanto ci dice S. Paolo nella seconda lettura, circa l’altro grande gesto compiuto da Gesù nella sua ultima cena.

Gesù, durante il pasto, distribuisce ai commensali un pane che Egli aveva per questo spezzato, perché ne potessero mangiare tutti. Allo stesso modo, a cena finita, passa un calice pieno di vino perché tutti ne possano bere. Per capire questo gesto, occorre che meditiamo con fede sulle parole con cui Gesù accompagna questi due gesti.

Esse in primo luogo dicono qualcosa di sconvolgente. Il pane spezzato è il Corpo del Signore; il vino che è nel calice è il Sangue di Gesù. In quel momento, cioè, in forza della parola di Gesù il pane ed il vino cessano di essere ciò che sono, perché vengono trasformati nel Corpo e nel Sangue del Signore. Sono realmente il Corpo ed il Sangue di Gesù.

Ma le sue parole hanno anche un altro significato. Gesù dice che il suo corpo "è per voi": è cioè offerto per voi. Il corpo ovviamente non può essere separato dalla persona; ciascuno di noi è il suo corpo. Così anche in Gesù: il suo corpo è la sua divina Persona. "Chi mi ha toccato", disse una volta Gesù. Non disse "chi ha toccato il mio corpo".

Dunque le parole di Gesù significano: "questo pane che vi sto dando da mangiare; questo vino che vi sto dando da bere, sono io stesso che mi sto offrendo alla morte per voi; che mi sto offrendo alla morte perché si ristabilisca una nuova alleanza fra voi e Dio".

E’ questo il grande evento che è accaduto nell’ultima cena: Gesù decide di affrontare liberamente la sua morte in sacrificio per noi. Ciò che accadrà il giorno dopo, non sarà che la realizzazione di questa decisione, di questa auto-donazione.

Ma ci resta ancora una domanda: perché il Signore ha voluto che noi partecipassimo alla sua auto-donazione nella morte, mangiando il pane e bevendo il vino trasformati a tale scopo nel suo Corpo offerto e nel suo Sangue donato? E’ in fondo la stessa domanda di Pietro: "ma perché, Signore, vuoi lavarmi i piedi?".

La risposta l’ha già data Gesù: perché avessimo parte con Lui. Perché entrassimo nel suo dono, nel suo amore; o meglio, perché, il suo dono ed il suo amore entrassero in noi e ci trasformassero, rendendoci capaci si amare come Lui ha amato.

Ora, infine, comprendiamo perché il gesto di Gesù non poteva, nelle sue intenzioni, limitarsi all’ultima cena.

Esso doveva essere ripetuto colla stessa forza di trasformare il pane ed il vino nel suo Corpo e nel suo Sangue: "fate questo in memoria di me". Gesù in quella cena ha istituito l’Eucarestia. In questo modo egli continua a rimanere in mezzo a noi come colui che ci ha amati ed ha donato Se stesso per noi, e vi rimane sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore.

 

2. Cari fratelli e sorelle, forse – per le più svariate ragioni – in questi decenni siamo andati perdendo il senso dell’Eucarestia; si è forse oscurata la percezione credente nella sua verità.

Essa è prima di tutto la presenza reale in mezzo a noi del dono che Cristo ha fatto di Sé sulla Croce; è la presenza reale del sacrificio di Cristo.

Tale presenza è realizzata sotto le apparenze del pane e del vino perché Cristo vuole unirsi a noi nella forma più profonda.

Non limitiamo il nostro culto eucaristico alla celebrazione. Ci sia nella nostra vita spazio alla sosta davanti all’Eucarestia, perché nel nostro silenzio adorante ne abbiamo una comprensione sempre più profonda.