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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Cerimonia con S. Messa solenne in occasione della presa di possesso del Titolo Cardinalizio
S. Giovanni Battista dei Fiorentini in Roma, 24 giugno 2006


1. "Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali".

La persona e la parola di Giovanni Battista è rimasta indelebile nella memoria della Chiesa che, dopo la Madre di Dio, lo venera più di ogni altro santo celebrandone – caso unico nella Liturgia – sia il giorno della nascita sia il giorno del martirio.

C’è una ragione profonda per la Chiesa di custodire con tanta cura ed onore la memoria di Giovanni. In lui essa si rispecchia e vede in un qualche modo la figura della sua missione. Giovanni è totalmente relativo a Cristo; egli esiste unicamente per indicare Cristo; la sua identità è definita dall’essere il pre-cursore di Cristo; la sua auto-coscienza è colma fino all’orlo della missione di mostrare Cristo. "Ecco" egli dice "viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali". Quando i suoi discepoli si rattristano vedendo oscurarsi la figura del loro maestro, Giovanni dà la più bella definizione della sua identità: "chi ha la sposa è lo sposo; l’amico dello sposo gode di vederne la loro unione".

Carissimi fedeli, Giovanni ci fa comprendere il grande mistero della Chiesa. Essa è semplicemente la presenza di Cristo nel mondo: ne è il sacramento. Essa è sulla terra il sacramento di Gesù Cristo, come Gesù Cristo stesso è nella sua umanità il sacramento di Dio: "l’immagine del Dio

invisibile" [Col. 1,15].

Come tutta la ragione d’essere di Giovanni fu di mostrare la presenza di Cristo nel mondo, così tutta la ragione d’esser della Chiesa è di rivelarci Cristo, di condurci a Lui, di comunicarci la sua stessa vita. In una parola: di metterci in rapporto personale con Lui.

Da ciò derivano due conseguenze importanti che ad uno sguardo superficiale sembrano contraddirsi, ma che in realtà convivono pacificamente nel cuore dei credenti.

La prima è che data la sua natura sacramentale, la Chiesa rimanda sempre a Cristo. Meditando sulla definizione che Giovanni diede di se stesso: "voce di uno che grida nel deserto", Agostino commenta: "Voce è Giovanni, mentre del Signore si dice: "in principio era il Verbo"; Giovanni è voce per un po’ di tempo, Cristo invece è Verbo eterno fin dal principio".

Così è della Chiesa: "per definizione è cosa diafana, si annulla davanti a ciò che significa, come il vocabolo che non sarebbe niente se non conducesse dritto all’idea" [H. De Lubac, Meditazione sulla Chiesa, Jaca Book, Milano 1979, pag. 135].

La seconda è che questo segno che è la Chiesa, non potremmo mai trascenderlo e come abbandonarlo, ritenendolo provvisorio. Esso permane necessario sempre per l’umanità e per ciascun uomo, poiché è solo per suo mezzo che noi raggiungiamo la realtà di cui è segno. Chi ipotizzasse un incontro con Cristo senza la mediazione della Chiesa ben presto si incontrerebbe in realtà con l’idea che lui si è fatto di Cristo e non con la sua persona. Certo non tutto ciò che nella Chiesa è carnale è divino, ma certamente il Mistero di Dio mi incontra oggi nella carne della Chiesa. Essa non ritiene mai di poter dimenticare la persona e l’insegnamento di Giovanni.

2. Carissimi fedeli, sono venuto a "prendere possesso" del Titolo cardinalizio che il S. Padre mi ha assegnato.

Voglio ancora una volta ringraziarlo per avermi assegnato una chiesa tanto ricca di arte e di storia. E ringrazio il Parroco per l’amabilità con cui mi ha subito accolto e tutti voi, carissimi parrocchiani, assieme ai fedeli venuti da Bologna ed agli amici romani presenti.

L’atto che stiamo compiendo è carico di significato. Con voi sto celebrando la prima Eucarestia come "Prete romano", inserito nella Chiesa "che presiede alla carità" ed in una particolare partecipazione alla sollecitudine pastorale del S. Padre nell’Urbe.

Si rafforza l’unione fra la mia persona e il Vescovo di Roma, ed attraverso di me l’unione della Chiesa di Dio che è in Bologna con il S. Padre. È questo il significato più profondo dell’atto che stiamo compiendo, della "presa di possesso del Titolo". E quanto più si accresce la nostra unione – mia e della Chiesa che mi è stata affidata – con la Sede petrina, tanto più io ed essa potremo godere dei beni della salvezza. Per me e per la Chiesa di Dio in Bologna oggi questo luogo sacro diventa il segno visibile di questa unità più profonda. Sia benedetto il Signore ed il suo santo Precursore!

Carissimi, amiamo profondamente la Chiesa poiché nel mare della vita essa ci guida al porto della beatitudine. Come dice un antico inno liturgico: Haec est cymba qua beatitudine tuti vehimur,/ hoc ovile quo tecti condimur,/ haec columna qua firmi nitimur/ Veritatis [dai Messali di Parigi e Lione: Sol. della Dedicazione].