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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XXV DOMENICA PER ANNUM (C)
Visita pastorale a Badi-Suviana-Bargi-Baigno, 23 settembre 2007


1. Miei cari fedeli, la parabola che oggi Gesù ci ha raccontato può lasciarci perplessi. Essa presenta un autentico imbroglione. Un amministratore infedele e ladro. Evidentemente il Signore non vuole che imitiamo il comportamento dell’amministratore disonesto. Ed allora che cosa ha voluto insegnarci? Due cose strettamente legate fra loro, e molto importanti per la nostra vita cristiana.

Il primo insegnamento è racchiuso nelle prime parole del racconto dette dal padrone all’amministratore: "che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore". L’amministrazione dei beni del padrone non è interminabile. Arriva il momento in cui bisogna renderne conto.

Questa è una potente metafora della nostra condizione umana. La vita che viviamo, in senso reale non ci appartiene. Chi di noi pur con tutto lo sforzo possibile può sfuggire alla morte? La vita è come un "patrimonio" che ci è dato in amministrazione, di cui dobbiamo rendere conto al Signore della vita e della morte. A ciascuno di noi prima o poi verrà detto: "Rendi conto della tua amministrazione", cioè della tua vita, "perché non puoi più essere amministratore", cioè: il corso della tua vita è terminato.

In che cosa consiste la scaltrezza dell’amministratore nel Vangelo? Nel fatto che quando si rende conto che ormai era arrivato il tempo di presentare il conto, si premura di preparare il suo futuro. La nostra sapienza consiste nel fatto che, avendo coscienza che la nostra vita prima o poi finirà, prepariamo il nostro futuro, cioè la nostra sorte eterna dopo la morte. Come? E qui troviamo il secondo grande insegnamento della pagina evangelica.

Il modo migliore è, dice Gesù, di "procurarsi amici con la iniqua ricchezza". Dobbiamo fermarci un momento a considerare l’espressione "dimore eterne". Essa denota la condizione beata in cui si troveranno i giusti dopo la loro morte. Essi abiteranno col Signore partecipando alla sua eterna beatitudine. La loro casa quindi sarà una "dimora eterna".

Il santo Vangelo ci indica una via per potervi entrare al momento della nostra morte: usare le proprie ricchezze esercitando la carità. Agire in modo esattamente contrario di come agivano i ricchi a Samaria, di cui parla il profeta Amos nella prima lettura.

2. Miei cari fedeli, durante la Visita pastorale Gesù vi dona un grande insegnamento, come avete sentito.

- La vita che stiamo vivendo, non ci appartiene in proprio. Di essa dovremo rendere conto.

- Sapendo che prima o poi arriverà il momento del rendiconto, dobbiamo fin da ora preparare il nostro destino eterno, non facendo un uso egoistico ed ingiusto dei beni di cui disponiamo.

È difficile orientare la nostra vita secondo questo insegnamento? Si, certamente, se non vigiliamo su noi stessi al fine di non conformarci alla mentalità di questo mondo. Siamo tentati quotidianamente di pensare che questa vita è quella definitiva, e che di essa noi siamo i padroni. Che le ricchezze possedute, poche o tante che siano, possono essere usate in qualunque modo.

Miei cari fratelli, la predicazione del Vangelo vi richiama alla verità delle cose. Non disertate dunque l’assemblea liturgica festiva dove risuona la parola della vita: "procuratevi amici con la iniqua ricchezza, perché quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne".