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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


GIOVEDI’ IV SETTIMANA QUARESIMA
Funo, 22 marzo 2007


1. Miei cari fedeli, quanto è narrato nella prima lettura prefigura in un certo senso l’avvenimento della nostra redenzione, e ci prepara alle feste pasquali ormai vicine.

La narrazione riporta un dialogo fra il Signore e Mosè. In esso il Signore rivela a Mosè la sua decisione di distruggere Israele: "lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga". La ragione di questa decisione divina è la seguente: "si son fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati davanti … e hanno detto: "Ecco il tuo Dio, Israele; colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto".

È l’idolatria la via che conduce singoli e nazioni all’auto-distruzione. L’idolatria consiste nell’attribuire valore assoluto a ciò che è relativo, carattere di necessità a ciò che è contingente. In una parola: mettere una creatura al posto del Creatore. Perché, miei cari, l’idolatria è distruttiva di singoli e popoli? Perché l’uomo idolatra affida la salvezza della sua vita a qualcosa di inconsistente, di vacuo, che non lo può salvare.

Che cosa induce il Signore a non distruggere Israele? È stata la preghiera l’intercessione di Mosè. Dobbiamo fare molta attenzione al contenuto di questa preghiera. L’argomento che Mosè usa è il ricordare al Signore l’alleanza definitiva che Egli aveva stipulato con Abramo, Isacco e Giacobbe, nella quale Dio aveva fatto la seguente promessa: "Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutto questo paese, di cui ho parlato, lo darò ai tuoi discendenti, che lo possederanno per sempre". La preghiera di Mosè è la commemorazione dell’alleanza già stipulata ed ora ricordata. È questa preghiera che salva Israele: "il Signore abbandonò il proposito di nuocere …".

2. Miei cari fratelli e sorelle, quando Gesù durante l’ultima sua cena istituì l’Eucarestia, disse: "fate questo in memoria di me". Egli allora aveva nello Spirito anticipato il dono di Sé sulla Croce, rendendolo sacramentalmente presente nel pane e nel vino consacrati.

Noi ora non anticipiamo, ma "facciamo memoria" del Sacrificio di Cristo. Una memoria che non si riduce al solo ricordo; ma mediante la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo, ciascuno di noi partecipa al sacrificio di Cristo.

Mosè, miei cari, ha ricordato a Dio la stipula dell’Alleanza, ed ha ottenuto la salvezza del suo popolo. Noi ricordiamo a Dio Padre il dono che Cristo ha compiuto di Sé sulla Croce, ed otteniamo il perdono di tutte le nostre idolatrie. Siamo salvati.

Fra poco nella preghiera eucaristica noi diremo; "guarda con amore e riconosci nell’offerta della tua Chiesa la vittima immolata per la nostra redenzione". La celebrazione dell’Eucarestia non è la rinnovazione del Sacrificio della Croce. Ciò che noi stiamo facendo, lo facciamo per "ricordare al Padre" il Sacrificio di Cristo, l’Alleanza Nuova ed eterna che Egli ha stipulato con noi nella sua Carne Crocifissa e nel suo Sangue effuso di Cristo.

Miei cari fedeli: l’idolatria cui è giunta la società in cui viviamo è spaventosa. Il suo capolinea non può essere che l’abolizione dell’uomo. Ma la Chiesa, questa nostra comunità, è come Mosè. Essa "sta sulla breccia di fronte a Dio", facendogli memoria del sacrificio di Cristo, "per stornare la collera divina dallo sterminio".

Fino a quando la Chiesa celebrerà l’Eucarestia, il mondo è salvo.