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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Giovedì Santo – Messa "in coena Domini"
Cattedrale di S. Pietro, 20 marzo 2008


1. "Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre … si alzò da tavola, depose le vesti e … cominciò a lavare i piedi dei discepoli".

Miei cari fratelli e sorelle, dietro a queste parole è nascosta la narrazione del mistero della redenzione nella sua dimensione divina. Esso consiste nel progressivo avvicinarsi di Dio all’uomo, che raggiunge il suo "fondo" nel momento in cui Dio lava i piedi dell’uomo.

"Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo", diciamo nella nostra professione di fede. Il cammino di Dio per superare la distanza che lo separava dall’uomo, inizia col suo "alzarsi da tavola": la tavola della beatitudine divina, della sua convivialità trinitaria. E continua col "deporre le vesti". L’apostolo Paolo ci svela che cosa sta nascosto in queste parole. Cristo Gesù "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio: ma spogliò se stesso" [Fil 2,6-7a]. La spogliazione di se stesso e la deposizione delle sue vesti gloriose coincide col "cingersi attorno alla vita un asciugatoio". L’apostolo infatti continua: "assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini: apparso in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" [7-8]. È mediante la sua umanità che il Verbo compì il suo servizio redentivo. È la sua umiliazione che ci salva; è il suo donarsi fino alla morte il bagno salutare che ci purifica dai nostri peccati.

Questa sera il servizio redentivo del nostro Salvatore ci viene narrato come un fatto accaduto attorno ad un tavolo e in vista di un banchetto. Già il profeta Isaia aveva previsto un misterioso banchetto che Dio avrebbe preparato per l’uomo, e Mosè, come avete sentito nella prima lettura, aveva dato disposizioni per celebrare una cena, la cena pasquale, in forza della quale Israele era liberato dalla schiavitù.

Dio si alza dalla sua tavola divina e scende fino a lavare i piedi dell’uomo perché ciascuno di noi sia ammesso alla sua mensa, diventi degno di stare a "tavola con Dio stesso". Questa sera, miei cari fratelli e sorelle, noi celebriamo l’umiliazione di Dio per la quale l’uomo è elevato a dignità sublime: l’umiliazione di Dio e l’esaltazione dell’uomo!

2. "Voi siete mondi, ma non tutti". Con queste parole il Signore ci svela precisamente in che cosa consista l’esaltazione dell’uomo. È la liberazione dell’uomo dal peccato perché l’uomo possa stare a tavola col Signore, e cibarsi del suo pane divino. "Ma non tutti", aggiunge il Signore. Parole terribili, perché svelano il mistero della iniquità: l’uomo può rifiutarsi all’amore di Dio in Cristo. "Ecco, sto alla porta e busso" dice il Signore. "Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" [Ap 3,20]. Tutta l’opera divina è come sospesa a quel "se qualcuno mi ascolta".

Che cosa può indurre l’uomo a non aprire la sua porta? È in fondo il non riconoscere che abbiamo bisogno di essere purificati; che abbiamo bisogno di essere salvati dall’amore crocifisso di Cristo.

La pagina evangelica questa sera ci presenta Giuda come la figura del rifiuto. Che cosa lo spinse a tradire il Maestro? Egli valuta l’opera di Gesù secondo le categorie e le misure del mondo. Non l’amore che giunge fino al dono totale di sé salva il mondo, ma il potere e la forza di esercitarlo.

Miei cari fratelli e sorelle, iniziamo il sacro Triduo pasquale nel cenacolo dove Cristo anticipa nei segni il dono di sé sulla Croce ed istituisce l’Eucaristia, perché di generazione in generazione ad ogni uomo sia data la possibilità di "sedersi a tavola con Dio", di attingere dal mistero redentivo che l’Eucaristia rende presente, pienezza di carità e di vita.

La narrazione evangelica termina con una consegna: "vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi". Questa è la trasformazione che l’Eucaristia è in grado di operare nell’uomo: diventa capace di agire come Gesù; di amare come Gesù ha amato. La nostra libertà è trasfigurata: da forza di auto-affermazione diventa forza di auto-donazione. Il Signore ci conceda di partecipare al banchetto eucaristico in modo che accada in ciascuno di noi il miracolo di questa trasfigurazione.