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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA
Assemblea ACI
Seminario, 20 febbraio 2005


La Chiesa ci conduce con sapiente pedagogia verso la celebrazione del mistero pasquale. Domenica scorsa ci ha mostrato Cristo tentato per noi nel deserto, perché con Lui ed in Lui, iniziando il cammino quaresimale, affrontiamo vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male. Oggi la Chiesa nella celebrazione del mistero della Trasfigurazione del Signore, ci mostra la meta a cui è orientato il nostro cammino penitenziale. Colla Trasfigurazione infatti "veniva dato fondamento alla speranza della santa Chiesa, in modo che l’intero corpo di Cristo potesse conoscere quale trasformazione gli sarebbe stata donata, e le membra potessero rendersi sicure di aver parte a quella bellezza che aveva rifulso nel capo" [S. Leone M., Sermone 38,3.4].

1. "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte".

È l’azione di Cristo all’origine della decisiva esperienza che i discepoli stanno facendo. Un’azione che consiste nel "prendere con sé" l’uomo e nel "condurlo in disparte su un alto monte". Si istituisce su iniziativa del Cristo un rapporto colla sua persona mediante la fede; essa rende l’uomo obbediente alla guida di Cristo che lo conduce in disparte, poiché l’obbedienza della fede pone il discepolo contro il mondo; viene condotto su un alto monte: verso un’esperienza di incontro col Mistero che leva l’uomo sopra tutto ciò che è caduco e corruttibile. "Se dunque" scrive Origene "uno di noi vuole che Gesù lo prenda con sé, lo porti su un alto monte e lo renda degno di contemplare in disparte la sua trasfigurazione … che non ami più il mondo e ciò che è in esso [cfr. 1Gv 2,15], non concepisca più alcuna brama mondana … e abbandoni tutto quello che per natura circuisce e attira l’anima lontano dalle realtà più nobili e divine. La fa decadere e aderire all’inganno di questo mondo" [Commento al Vangelo di Matteo/1, CN ed., Roma 1998, pag. 351].

2. "E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la neve". Sono queste parole che descrivono il mistero che oggi celebriamo: che è dato di celebrare in verità e non solo nel rito, e a cui è dato di partecipare solo a coloro che Gesù prende con sé, li conduce in disparte su un alto monte. Che cosa è accaduto a Gesù? Che cosa accade a noi?

La Trasfigurazione rende visibile non la divinità del Verbo in se stessa: è impossibile all’uomo. Rende visibile quello splendore regale che è proprio della natura umana assunta dal Verbo. Di questo splendore essa prenderà possesso definitivo nella Risurrezione; nella Trasfigurazione viene momentaneamente anticipato. Ai tre discepoli è dato di contemplare il "grande sacramento", Gesù Cristo Signore. Egli è il "grande sacramento" non solo nel senso che opera la salvezza, ma perché in primo luogo è lo splendore del Padre nella nostra umanità.

Che cosa accade al discepolo che contempla questo mistero? Lo dice l’apostolo nella seconda lettura: la grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, viene ora rivelata e conferita con l’apparizione del salvatore nostro Gesù Cristo. È la grazia della nostra vittoria sulla morte, perché essa consiste nella partecipazione alla stessa vita di Dio. "E noi tutti" ci insegna l’Apostolo "a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore" [2Cor 3,18]. La nostra trasfigurazione, cioè la nostra divinizzazione, è il riflesso e la partecipazione della trasfigurazione del Signore: tutta l’umanità di ogni persona umana è ora assoggettata alla gloria del corpo di Cristo.

Giosuè ha pregato che il sole non tramontasse per poter sconfiggere tutti i nemici di Israele. Il sole di giustizia, Cristo trasfigurato-risorto, non si affretta a tramontare: è nella sua Chiesa fino alla fine del mondo, perché possiamo trionfare su tutti i nemici che insidiano la nostra destinazione a Cristo. Dobbiamo lasciarci illuminare: "ascoltatelo". Ascoltare significa fare spazio alla sua presenza nella nostra vita, senza residui; significa seguire, obbedire, fare come Lui dice, vuole ed opera.

3. Carissimi, non pensate che l’atto che siete chiamati oggi a compiere sia estraneo del tutto al grande mistero che celebriamo. Sono le guide del vostro cammino che voi eleggerete. Il vostro cammino di AC è indicazione di come vivere in Cristo, di come trasfigurare voi e il mondo in cui vivete, nella gloria del Signore, nel suo Regno.

A voi questo è possibile perché siete nella Chiesa. La Chiesa è il mondo trasfigurato in Cristo e nello stesso tempo lo strumento di questa trasfigurazione. Sarete tanto più efficaci quanto più sarete viventi in essa.